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Martedì, 16 Aprile 2024
Salute e diritti

Le disparità iniziano alla nascita: i bimbi nati al Sud hanno il 50% di rischio di morte in più di quelli del Nord

Nascere al Sud o al Nord fa ancora la differenza. I bambini del Sud hanno inoltre un rischio del 70% più elevato di dover migrare in altre regioni per curarsi. L’allarme della Società Italiana di Pediatria: “L’idea che nascere e vivere in un particolare territorio del nostro Paese possa offrire una maggiore o una minore probabilità di cura e di sopravvivenza semplicemente non è accettabile”

In un'Italia diseguale e sempre a due velocità tra Nord e Sud, anche il diritto alla salute dei bambini  resta un miraggio. Sebbene i tassi di mortalità neonatale e infantile nel nostro Paese siano tra i più bassi del mondo, c'è un dato che fa riflettere: i bambini che nascono e risiedono nel Mezzogiorno hanno un rischio di morire nel primo anno di vita più elevato del 50% di quelli che vivono al Nord e le differenze sono ancora più evidenti per i figli dei genitori stranieri, per i quali la percentuale di rischio sale tragicamente al 100%. Le disuguaglianze territoriali portano poi più bambini e ragazzi a dover lasciare la propria regione per andare a curare in altre parti d'Italia: un bambino che vive nel Mezzogiorno ha un rischio del 70% più elevato rispetto a un suo coetaneo del Centro Nord di dover migrare in altre regioni per curarsi.

La mortalità infantile nel Mezzogiorno

Uno studio in pubblicazione sulla rivista Pediatria della Sip, presentato oggi, ha calcolato - guardando gli ultimi numeri disponibili Istat riferiti al 2018 - che se il Sud avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile del Nord nelle regioni del Mezzogiorno sarebbero sopravvissuti 200 bambini e si sarebbero avuto 88 decessi in meno nel primo anno di vita se i bambini figli di genitori stranieri avessero avuto lo stesso tasso di mortalità infantile dei figli di genitori italiani.

I tassi più elevati di mortalità infantile si sono registrati in Sicilia, Calabria e Campania, mentre Toscana, Veneto e Piemonte sono le regioni più "virtuose". Stando ai dati Istat, tra il 2006 e il 2018 si è verificata una progressiva diminuzione della mortalità neonatale (ossia nei primi 28 giorni di vita) e infantile (nel primo anno di vita). Al Sud, dove si è registrato il 35,7% di tutti i nati, i decessi neonatali e infantili sono stati rispettivamente il 48% e il 45% rispetto a quelli avvenuti in Italia.

La "migrazione sanitaria" 

C’è poi la questione della "migrazione sanitaria", ossia lo spostamento di pazienti da una regione all'altra per potersi curare. Un fenomeno che nel 2018, secondo un report dell’Osservatorio Gimbe, è costato 4,6 miliardi e ha coinvolto circa un milione di persone. Ovviamente riguarda anche i bambini, determinando "profonde sofferenze per il distacco dal luogo di origine, problemi economici per le famiglie per le spese di trasferimento e difficoltà di lavoro dei genitori per l’allontanamento dalla loro sede", come ha spiegato Mario De Curtis, presidente del Comitato per la Bioetica della Società Italiana di Pediatria, che ha curato insieme a Francesco Bortolan, Davide Diliberto e Leonardo Villani uno studio pubblicato su Italian Journal of Pediatrics, anch'esso presentato oggi, che ha valutato per la prima volta l’entità della migrazione sanitaria dei minori in Italia. Lo studio è stato condotto su tutti i 7.871.887 bambini e ragazzi residenti in Italia nel 2019 con meno di 15 anni, incrociando di dati ottenuti dal rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero - SDO 2019 pubblicato dal ministero della Salute, dai quali è emerso che coloro che risiedevano nel Mezzogiorno sono stati curati più frequentemente in altre regioni rispetto ai residenti del Centro-Nord (11,9% contro il 6,9%). Un numero che cresce sensibilmente considerando i ricoveri ad alta complessità, ossia il 21,3% rispetto al 10,5% del Centro-Nord. Anche la migrazione sanitaria di bambini e ragazzi ha ovviamente un costo, che lo studio quantifica per il Mezzogiorno (dove risiede circa il 35% dei minori sotto i 15 anni) in 103,9 milioni di euro, pari al 15,1 della spesa totale dei ricoveri: l’87,1% di questo costo (ossia 90,5 milioni di euro) ha riguardato la mobilità verso gli ospedali del Centro-Nord. L’impatto economico per alcune regioni del Sud di questi trasferimenti è poi particolarmente elevato. Per il Molise, ad esempio, è pari al 45,9% di tutte le spese sanitarie per l’assistenza ai minori under 15, per la Basilicata al 44,2%, per la Calabria il 26,9% e il 26,3% per l’Abruzzo. In termini assoluti, la Campania, che è la regione del Sud con il più elevato numero di bambini 0-14 anni, è quella che spende di più per ricoveri fuori regione: 25 milioni di euro pari al 12% dei costi sanitari per questa fascia di popolazione.

"Ripartire dai bambini"

"L’idea che nascere e vivere in un particolare territorio del nostro Paese possa offrire una maggiore o una minore probabilità di cura e di sopravvivenza semplicemente non è accettabile. Questi dati ci mettono di fronte alla necessità di esigere un cambiamento, una repentina inversione di rotta", è la denuncia della presidente della Sip, Annamaria Staiano, che chiede di cogliere l'opportunità offerta dai fondi previsti dal Next Generation UE proprio per "iniziare limare il divario Nord-Sud" partendo dai bambini, indicando due principali strade per investire in maniera efficiente nel sistema sanitario a tutela dei ragazzi. La prima passa necessariamente per il rafforzamento della medicina territoriale soprattutto per quanto riguarda la pediatria in generale, l’altra per il completamento del processo di informatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. "L'investimento tecnologico ed in particolare il rilancio della telemedicina può rappresentare un validissimo strumento per favorire il processo di continuità ospedale-territorio, facilitare l’accesso ai servizi di cura, ed ottimizzare la gestione delle patologie croniche, consentendo, allo stesso tempo, di potenziare le cure domiciliari e di ridurre gli spostamenti non necessari, soprattutto per i pazienti che si trovano in aree geografiche sfavorevoli (Isole, comuni montani, etc.)", ha ricordato Staiano. 

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