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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Che caos

Le regioni che rinviano l'apertura delle scuole dopo il 7 gennaio

Il tempo stringe, ma riaprire questo giovedì per molti sarebbe "un azzardo". Per ragioni sanitarie e di organizzazione con gli orari di ingresso e di uscita, alcuni enti locali optano per un rinvio. Il ritorno in classe è (ancora) un rebus

Quando riapre la scuola? Il premier Giuseppe Conte lo ha ribadito ieri durante il vertice con i capidelegazione di maggioranza: dopo le festività natalizie la scuola ripartirà, in presenza al 50%, giovedì 7 gennaio. Salvo sorprese dell'ultima ora non sono quindi previsti a oggi passi indietro su quanto già stabilito dall'ultimo decreto del 2 dicembre. E anche il ministro della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina in un'intervista rilasciata oggi al Fatto Quotidiano non sembra per nulla dubbiosa sulla data del 7 gennaio per il ritorno in classe degli studenti delle scuole superiori. "Posso confermare la volontà del governo di riaprire. Avremmo voluto farlo a dicembre, ma abbiamo rimandato su richiesta delle regioni. Poi avremmo voluto tornare al 75% e invece abbiamo accolto il suggerimento del 50%. Abbiamo collaborato: ora è arrivato il tempo di tornare in classe", ha detto Azzolina.

Le regioni che rinviano l'apertura delle scuole dopo il 7 gennaio 2021

Una posizione opposta a quella espressa in questi giorni dal mondo della scuola. Professori, studenti e rappresentanti sindacali, infatti, pressano per un rinvio, temendo nuovi focolai, soprattutto alla luce dei nuovi positivi al coronavirus (348 morti e 10.800 nuovi casi nell'ultimo bollettino). A preoccupare in particolare è la scarsa organizzazione specie sul versante trasporti, considerati tra i veicoli più pericolosi di trasmissione del contagio. A non convincere poi ci sono anche le questioni organizzative, con i nuovi orari di ingresso e di uscita, i rientri di sabato e le giornate che inevitabilmente per gli studenti si allungherebbero in classe fino al pomeriggio.

"L'apertura della scuola da rinviare all'11 o al 18 gennaio"

Il tempo stringe, ma riaprire il 7 gennaio per molti sarebbe "un azzardo". La proposta è quella di rinviare a lunedì 11 o a lunedì 18 gennaio, per permettere una migliore organizzazione ai singoli istituti. Oltre alla richiesta, non nuova, di una politica sanitaria attiva nelle scuole (contact tracing, accesso prioritario ai tamponi, vaccinazione prioritaria del personale scolastico, dopo quello medico, protocolli sanitari uniformi in tutte le Asl). Mancano appena tre giorni e ieri lo stesso Giuseppe Conte ha fatto sapere tramite le agenzie di stampa che la riapertura degli istituti scolastici superiori non è in discussione. Il programma del governo prevede per il 7 gennaio il rientro in classe del 50% degli studenti, mentre se in seguito la curva dei contagi sarà sotto controllo, dal 18 gennaio si dovrebbe regolare il rientro arrivando al 75% delle presenze. Tra le regole previste per il rientro in classe ci saranno poi scaglioni di ingresso e uscita con lezioni fino alle 16 e, a turno, il sabato. Le scuole superiori avranno anche le ore ridotte: non più i canonici sessanta minuti, ma 45-50. Poi ci sono i trasporti pubblici: i piani di azione sono stati affidati ai prefetti che dovranno garantire il servizio con capienza ridotta al 50%, mentre gli enti locali dovranno predisporre una corsia preferenziale per i test del tampone agli alunni.

In Veneto e Friuli Venezia Giulia superiori chiuse fino al 31 gennaio

Alcune regioni hanno già emanato o annunciato ordinanze sul rinvio della riapertura delle scuole. Veneto e Friuli Venezia Giulia, ad esempio, non apriranno le scuole superiori a gennaio. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha annunciato un'ordinanza valida fino alla fine del mese, vista l'emergenza coronavirus. "La regione può intervenire, non è una contrapposizione con il governo. Noi tutti vorremmo le scuole aperte, ma in questo momento non mi sembra prudente", dice Zaia. "Non è un problema politico", dice il governatore. "La situazione sta degenerando e bisogna rispondere con misure ad hoc. Non faccio certo un'ordinanza per fare un dispetto alla ministra Azzolina".

"Le scuole secondarie di secondo grado in Friuli Venezia Giulia rimarranno chiuse fino al 31 gennaio adottando al cento per cento la didattica digitale integrata. Una scelta di responsabilità, che tiene conto dell'andamento dei dati epidemiologici e assunta mantenendo un senso di lealtà istituzionale nei confronti del Governo, dal momento che è facoltà delle Regioni intraprendere misure più ristrettive rispetto a quelle nazionali", dicono a Trieste il vicegovernatore con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, e gli assessori Alessia Rosolen (Istruzione) e Graziano Pizzimenti (Infrastrutture) annunciando un'ordinanza a firma del governatore Massimiliano Fedriga che prevede il rinvio dell'apertura delle scuole superiori successivamente al 31 gennaio.

Le scuole in Campania riapriranno lunedì 11 gennaio (ma non tutte)

Il primo a muoversi è stato il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che ha già deciso di scaglionare il ritorno a scuola, partendo da elementari e materne per andare a regime a fine mese. Le scuole in Campania riapriranno lunedì 11 gennaio quando potranno tornare in classe gli alunni della scuola dell'infanzia e delle prime due classi della scuola primaria, esattamente com'era prima della chiusura per la pausa natalizia: è il frutto della riunione dell'Unità di Crisi della regione che ha valutato i dati epidemiologici in relazione alla possibilità di un ritorno in presenza; ci sarà un'ordinanza entro domani. A partire dal 18 gennaio sarà valutata dal punto di vista epidemiologico generale, la possibilità del ritorno in presenza per l'intera scuola primaria e dal 25 gennaio per la secondaria di primo e secondo grado. Vuole fare la stessa cosa il governatore della Puglia Michele Emiliano, che potrebbe però valutare la possibilità di lasciare alle famiglie la scelta sul ritorno in classe o la didattica a distanza e che intanto pensa di ritardare tutto di una settimana.

Ad avere riserve sulla riapertura scolastica dal 7 gennaio non sono solo le regioni. Secondo un sondaggio realizzato da "Orizzonte Scuola" , per il 90% degli addetti ai lavori (insegnanti e personale Ata) non ci sarebbero le condizioni per tornare in presenza. Il segretario del Comitato tecnico scientifico, Fabio Ciciliano, ha dichiarato durante in un’intervista a InBlu Radio come l’obiettivo "non è tanto riaprire le scuole ma cercare di tenerle aperte. Rischiare di riaprire le scuole e doverle poi richiudere tra una decina di giorni o tra due settimane. È una cosa che il Paese non si può permettere perché sarebbe la testimonianza provata del fatto che i numeri stanno riaumentando".

La riapertura delle scuole rinviata anche nelle Marche

Anche la regione Marche sta lavorando ad un'ordinanza che prevede un rinvio della riapertura della scuola in presenza. "Stiamo pensando che sia giusto evitare la riapertura delle scuole in presenza dal giorno 7, con il rischio di vedere aumentare i contagi". Così il vicepresidente della regione Marche, Mirco Carloni, parlando con i giornalisti a margine della presentazione dello stato dell'economia del Pesarese curato dalla Cna provinciale. Per il numero due di Palazzo Raffaello, "è evidente che la positività più alta sia tra i giovani dai 10 ai 19 anni, asintomatici, ma vettori di contagio, anche in relazione della variante inglese. Stiamo lavorando perché le Marche restino nella fascia gialla e pensiamo che le lezioni per gli studenti delle scuole superiori debbano continuare a distanza. La valutazione definitiva - ha concluso Carloni - la farà il presidente Acquaroli entro oggi".

Una posizione scettica l'aveva già espressa alla fine della videoconferenza con il governo il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti: "È inutile riaprire le scuole per pochi giorni, magar due, e poi richiuderle". Il presidente della regione Calabria, Antonio Spirlì, ha scritto su Facebook: "Sono disposto a dire sì al 50 per cento, ma no al 75, se mi viene data la certezza che in classe non si ammalerà neppure uno studente".

Come detto, la ministra Azzolina e il premier Conte sono decisi a riaprire il 7, ma altre regioni nelle prossime ore potrebbero rinviare il ritorno tra i banchi. Il Corriere della Sera parla di un'ipotesi di moratoria che farebbe saltare la data del 7 gennaio: "Le scuole superiori ripartirebbero in presenza - sempre per un numero parziale di studenti - appena il nuovo sistema di monitoraggio e di restrizioni sarà pronto, dunque l’11 o più probabilmente il 18. Sul tavolo anche la proposta di andare incontro alle regioni e ai loro timori sul ritorno in classe nelle superiori in cambio di un chiaro impegno a non chiudere elementari e medie come avevano fatto alcuni governatori nei mesi scorsi".

Nel frattempo, presidi e insegnanti stanno comunque preparando gli orari per ricominciare con il 50% degli studenti in presenza, su due turni tra le 8 e le 10 e anche il sabato. Ma ci sono realtà in cui le scuole superiori non apriranno neppure al 50%, come a Brescia dove diversi istituti cominceranno con un terzo degli studenti in presenza "per ragioni di precauzione sanitaria", mentre nel Lazio arrivano le prime deroghe ai doppi turni e le lezioni di 50 minuti per le classi che fanno più di cinque ore.

Le regioni pronte a riaprire il 7 gennaio

Alcune regioni, invece, si dicono pronte a ripartire giovedì 7 gennaio, come la Toscana. "Oggi i dati toscani, che ovviamente continuiamo a monitorare, lo rendono possibile, e quindi ci attesteremo sulle indicazioni nazionali rispetto alla ripartenza del 7 gennaio", ha detto l'assessore all'istruzione Alessandra Nardini. "Saremo minoritari ma siamo convinti che il rapporto con gli insegnanti e tra studenti sia essenziale, quindi, anche complice il fatto che con i dati ce lo possiamo permettere, in Toscana il 7 gennaio si riparte con le scuole secondarie superiori", ha annunciato il presidente della regione Toscana, Eugenio Giani.

Così la Valle d'Aosta: "La decisione di un rinvio sarebbe molto grave", ha dichiarato Luciano Caveri, assessore all'Istruzione della regione. La Sicilia conferma le date del 7 o l'8 gennaio (stabilite nel calendario regionale a inizio anno), con le superiori eventualmente al 50% fino al 18 gennaio. Lo assicura l'assessore all'Istruzione della regione siciliana, Roberto Lagalla, che conferma la decisione presa dalla Giunta Musumeci il 31 dicembre. E così il Molise, ma qui parlano i tecnici, nello specifico la direttrice dell'Ufficio scolastico regionale Anna Paola Sabatini: "Allo stato attuale, al netto dei dati ufficiali che fotografano la situazione, il 7 gennaio torneranno a svolgere la didattica in presenza tutti gli alunni della scuola dell'infanzia, della primaria, della secondaria di primo grado e il 50 per cento degli studenti delle superiori fino ad arrivare al 75 per cento dal 16 gennaio". Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha auspicato una ripartenza in presenza.

"La scuola non è tra i primi tre contesti di trasmissione in Italia"

Per l'Istituto superiore di Sanità le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che "sono nell'ordine il contesto familiare-domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo". È quanto si legge nel report Iss dal titolo "Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di Sars-CoV-2: la situazione in Italia". Il sistema di monitoraggio dell'Iss, nel periodo 31 agosto-27 dicembre 2020, "ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, che rappresentano il 2 per cento del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. Se si considera l'andamento settimanale c'è stato un progressivo aumento dei cluster con un picco nelle settimane dal 5 al 25 ottobre, una graduale diminuzione fino al 22 novembre e un nuovo aumento fino al 13 dicembre seguito da una stabilizzazione nella seconda metà del mese", viene spiegato ancora nel rapporto.

"Allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell'accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato", continua il report. "La decisione di riaprire le scuole comporta un difficile compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative e di sviluppo dei bambini. Per un ritorno a scuola in presenza, dopo le misure restrittive adottate in seguito alla seconda ondata dell'epidemia, è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza. Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un'adeguata ventilazione dei locali", si legge nel documento dell'Iss.

L'apertura delle scuole e la seconda ondata di coronavirus

Non c'è evidenza di correlazione tra l'apertura delle scuole e la seconda ondata pandemica in Italia, tanto che l'incidenza di positività al coronavirus tra gli studenti italiani (108/10.000) è stata inferiore a quella registrata nella popolazione generale, indipendentemente dalla tipologia di istituto considerata. Contrariamente, tra gli insegnanti e il personale non docente l'incidenza è stata due volte superiore a quella della popolazione generale (circa 220/10.000). Lo evidenzia uno studio condotto attraverso dati raccolti dal sistema di rendicontazione nazionale istituito dal Miur tra il 12 settembre e il 7 novembre 2020, pubblicato, in forma preprint, nelle scorse settimane sulla piattaforma MedRxiv.

Nei giorni scorsi l'articolo è stato pubblicato, in sintesi e tradotto, anche sul sito dell'Ars della Toscana, l'Agenzia regionale di sanità. Il database ministeriale utilizzato contiene i dati sulla positività da covid provenienti da 7.976 istituti scolastici pubblici (97% del totale), pari a 7.376.698 studenti, 775.451 insegnanti e 206.120 dipendenti. In base ai risultati, si legge sul sito dell'Ars, "gli autori sostengono che anche durante il picco della seconda ondata negli istituti scolastici gli studenti sono risultati meno infetti degli adulti e, nel complesso, a fronte di un tasso di positività molto basso tra gli studenti, il sistema di quarantena è stato molto diffuso. Inoltre gli autori suggeriscono che la ricerca dei contatti secondari dia luogo a un numero elevato di tamponi per contatto, soprattutto quando il caso indice è uno studente, superiore alla media nella popolazione generale".

Lo studio evidenzia inoltre la mancanza di una relazione temporale tra l'apertura delle scuole e l'aumento del valore Rt. Gli autori concludono infatti che "i dati non dimostrano un'associazione diretta tra la riapertura della scuola e l'aumento dell'indice Rt analizzato su base regionale". In vista della riapertura delle scuole in Toscana il 7 gennaio, Fabio Voller di Ars sottolinea che "è importante implementare, come la Toscana sta facendo, la capacità di tracciamento con la campagna 'scuola sicura' che interessa le superiori" e partirà a breve con lo screening sugli studenti. 

EDIT ore 18,37: "Il Consiglio dei ministri si riunisce questa sera alle 21, attendiamo quindi l'esito dell'incontro per capire quali misure intendono emanare a livello nazionale dal 7 gennaio, in particolare in tema di scuola. All'interno della cornice normativa che traccerà il governo, vedremo se sarà necessario intervenire domani con una ordinanza regionale più restrittiva. Di sicuro, la Puglia in questa fase così incerta sulla evoluzione della curva epidemiologica e dell'indice Rt, intende tutelare la salute pubblica e ridurre al minimo i rischi di contagio". Lo dichiara il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervenendo sul tema della riapertura delle scuole da partire dal 7 gennaio sul quale c'è ancora incertezza. Ieri la Regione ha incontrato i sindacati che hanno chiesto di rinviare l'avvio delle lezioni in presenza di una settimana o 15 giorni, e di stabilire per tutti gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado la didattica a distanza. "Alla luce delle previsioni nazionali di un innalzamento dell'indice Rt, il presidente della Regione Puglia intende andare proprio in questa direzione con il suo provvedimento", fanno sapere dalla Regione in una nota. 

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