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Giovedì, 25 Aprile 2024
La svolta

Tribunale obbliga ospedale a valutare il suicidio assistito, Mario pronto a morire in Svizzera: "Sentenza storica"

Da tempo mette da parte i soldi per andare a morire in Svizzera, vuole farlo aiutato dai sui familiari, ma senza che questi rischiano di essere inquisiti. Ora è arrivata una sentenza senza precedenti per chi sostiene la lotta in favore del diritto alla libertà di scelta

Aveva chiesto di poter mettere fine alla propria vita seguendo le leggi, ma il giudice civile gli aveva detto di no. Poi il ricorso e il ribaltamento di quella decisione. Ora il Tribunale civile di Ancona, dopo il reclamo proposto dal 43enne marchigiano tetraplegico, immobilizzato da dieci anni per un incidente stradale e in condizioni irreversibili, ha obbligato l’azienda sanitaria locale (Asur) ad aprire un percorso sanitario per verificare se nel suo caso sussistano i requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale (sentenza Cappato) affinché possa andare in Svizzera a morire. 

Suicidio assistito: tribunale obbliga ospedale a valutare iter

Già, perché Mario non ha mai preteso di poter mettere fine alla sua vita senza alcuna valutazione e non si è mai rivolto ai giudici pretendendo chissà quale forma estrema di eutanasia. Lui, tramite il team di avvocati dell’associazione Luca Coscioni, ha solo chiesto che il suo caso fosse valutato dall’Asur locale con tanto di relazione del comitato etico. Così stabilisce la sentenza Cappato. Solo di fronte alla valutazione di quattro requisiti essenziali, Mario avrebbe potuto farsi portare in Svizzera per poter ricevere l’aiuto a morire, senza che i suoi familiari fossero perseguiti dalla legge italiana. E' il suo ultimo desiderio, tanto da aver messo da parte i soldi per l'ultimo viaggio. 

Sentenza tribunale Ancona fine vita-2

“Egli infatti ha chiarito di invocare non già un diritto al suicidio, si legge nella sentenza del collegio di giudici anconetani – bensì il diritto ad ottenere dalla struttura sanitaria pubblica competente l’accertamento dei presupposti illustrati dalla Corte Costituzionale nella precisata pronuncia del 2019, evidenziando che l’esito della verifica richiesta è pregiudiziale alla non punibilità dell’aiuto”. 

Setenza suicidio assistito: "Cure palliative non sufficienti"

Ma quei requisiti non possono essere accertati da nessuno se non dalla struttura sanitaria pubblica. Dunque, nel momento in cui l’Asur si era opposta alla richiesta di Mario, quest’ultimo era finito in un cu del sac. E come riconosciuto anche dal tribunale dorico, Mario non può ricorrere semplicemente alle cure palliative perché comunque, nel suo caso specifico, significherebbe percorrere una strada fatta di atroci sofferenze per lui e per la sua famiglia prima della morte, che, a quel punto, non sarebbe più dignitosa, come è invece diritto di chiunque. 
Per questo alla fine è arrivata la sentenza storica che stabilisce come Mario abbia “il diritto di pretendere dall’Asur Marche l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiamati nella sentenza della Corte Costituzionale, ai fini della punibilità di un aito al suicidio praticato in suo favore da un soggetto terzo; la verifica sull’effettiva idoneità ed efficacia delle modalità, della metodica e del farmaco (Tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi) prescelti dall’istante per assicurarsi la morte più rapida, indolore e dignitosa possibili”. Inoltre la sentenza impone alla struttura ospedaliera “di provvedere all’accertamento richiesto” da Mario “previa acquisizione del relativo parere del comitato etico territoriale”. 

A che punto siamo con l'eutanasia, si va verso il referendum: "Ma serve una legge"

Ora dunque saranno i medici marchigiani a dover lavorare per verificare le quattro condizioni essenziali per far sì che un cittadino italiano possa farsi accompagnare all’estero per accedere alla così detta eutanasia indiretta:

  • la malattia del paziente deve essere irreversibile
  • la malattia è fonte di sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili per il malato
  • la persona è tenuta in vita attraverso trattamenti di sostegno vitale
  • il malato sia libero di prendere decisioni consapevoli 

Ma indipendente dall’esito dello studio sul caso del 43enne, in Italia manca sempre una legge la cui importanza è richiamata almeno tre volte nelle 13 pagine di sentenza del tribunale anconetano. “Mario ci ha messo 10 mesi passando per 2 udienze 2 sentenze, per vedere rispettato un suo diritto, nelle sue condizioni. – ha commentato l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni e coordinatore del collegio difensivo dell’uomo marchigiano - Non è possibile costringere gli italiani a una simile doppia agonia. Occorre una legge. Per questo a fronte di un Parlamento paralizzato e sordo persino ai richiami della Corte costituzionale è necessario un referendum. Per tutta l’estate chiederemo agli italiani di unirsi alla battaglia di Mario, e di altre persone che vogliono potere scegliere come morire, ma son costretti o a impegnativi viaggi all’estero o terminare la propria vita in un dolore che non vogliono sopportare”. 

Verso il referendum 

Per questo  l’associazione Coscioni ha recentemente giocato la carta del referendum costituzionale, depositando in Corte di Cassazione a Roma un referendum parzialmente abrogativo dell’art. 579 del codice penale sul cosiddetto omicidio del consenziente. Se i promotori dovessero raccogliere le firme e vincere il referendum, verrebbe depenalizzata l’eutanasia attiva. In pratica il medico potrebbe somministrare un farmaco eutanasico al paziente che lo richiedesse. “In tutta Italia dovremo raccogliere 500.000 firme tra luglio e settembre è l’unica possibilità per legalizzare l’eutanasia in questa legislatura, altrimenti non se ne riparlerà prima di 3 o 4 anni, nell’ottimistica ipotesi che nel prossimo Parlamento ci sia una maggioranza favorevole. – ha continuato Filomena Gallo - Stiamo ottenendo una risposta sorprendente, malgrado il silenzio della politica e puntiamo alle 10.000 disponibilità di volontari indispensabili per centrare l’obiettivo delle 500.000 firme da consegnare in Corte di Cassazione il 30 settembre”. 
 
 

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