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Giovedì, 25 Aprile 2024
Italia a secco

Decreto siccità: a chi andranno i ristori e come si spenderanno i soldi

Ieri varato lo stato di emergenza. Per avere un quadro d'insieme sugli interventi strutturali si attende il decreto che il governo varerà giovedì: interventi a medio termine, entro il 2024 (con occhi puntati sugli acquedotti) e ristori a chi per la crisi idrica sta subendo danni

Ieri il Consiglio dei ministri ha fatto segnare un primo cambio di passo nelle strategie che saranno messe in campo per far fronte alla siccità del 2022. La dichiarazione dello stato d’emergenza è un primo step importante, necessario. Il decreto con le misure per fronteggiare la siccità invece sarà varato in un secondo tempo, probabilmente entro la fine della settimana.

Lo stato di emergenza

Sul tavolo dei ministeri competenti e delle regioni circola però già da qualche giorno una bozza di decreto che prevede l’istituzione di un Commissario straordinario per il contrasto e la prevenzione della siccità, che operi mediante ordinanze (come la Protezione civile in caso di emergenza) e abbia realmente poteri speciali in materia di infrastrutture, una contabilità separata (con adeguata dotazione finanziaria) e anche  una squadra di 30 persone.

L'espressione "stato di emergenza" non è solo un titolo o una definizione. "Lo stato di emergenza significa fare delle cose - ha chiarito Curcio, capo della Protezione Civile -. Noi prendiamo atto che c'è una difficoltà e vogliamo anche ragionare su quelle attività. Assieme alla dichiarazione vanno verificate le azioni. Ci sono diverse situazioni nelle regioni: la situazione nord occidentale e nord orientale e la parte centrale hanno situazioni di criticità rilevante, è ovvio che sono differenziate da situazione a situazione".

Seppure rientrato tardi a Palazzo Chigi dalla Marmolada, il premier non ha voluto rinviare il Consiglio dei ministri per la dichiarazione dello stato di emergenza per le cinque Regioni più colpite: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna a cui, in extremis, hanno tentato di aggiungersi anche Lazio, Umbria e Toscana che però dovranno attendere. Un consiglio dei ministri lampo, è durato solo tre minuti. Stanziati 36 milioni e mezzo per i primi ristori, i costi delle autobotti, qualche piccolo intervento di collegamento tra acquedotti e poco di più, così distribuiti: 10,9 milioni all’Emilia Romagna, 4,2 milioni al Friuli Venezia Giulia, 9 milioni alla Lombardia, 7,6 milioni al Piemonte e 4,8milioni al Veneto.

In questi giorni sta emergendo la complessità della materia soprattutto a causa delle tante e diverse competenze. Dai ministeri (delle infrastrutture, della transizione ecologica, delle Politiche agricole) alle regioni fino ai molteplici provvedimenti che sempre in tema di siccità e infrastrutture irrigue già sono stati avviati. Un esempio piccolo ma significativo: un piano sulle infrastrutture irrigue di cui è capofila il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile da tempo è stato incardinato e c’è un ampio capitolo all’interno del Pnrr agricolo dedicato proprio agli invasi con una dotazione da 880 milioni di euro che difficilmente potrà essere, come chiedono regioni e imprenditori agricoli, integrato o modificato.

Oggi, prima di partire per Ankara, Mario Draghi farà una prima ricognizione sul dl Siccità con i ministri Gelmini (Affari regionali), Giovannini (Infrastrutture e mobilità sostenibile), Patuanelli (Politiche agricole) e Cingolani (Transizione ecologica). I programmi contro la siccità - dice il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini - sono importanti per salvare le 270mila imprese agricole che si trovano nelle aree coinvolte e che rappresentano il 49% del valore dell’agricoltura italiana".

Il decreto siccità

Per avere un quadro d'insieme sugli interventi strutturali si dovrà attendere il decreto che il governo varerà giovedì, contestualmente con la nomina di un commissario straordinario: ci saranno interventi a medio termine, entro il 2024. E lo si farà con i soldi previsti dal Pnrr, 2,8 miliardi. "Da decenni non vengono realizzati nuovi invasi e dighe, facciamo i conti con infrastrutture obsolete o acquedotti colabrodo - spiega la ministra per gli Affari regionali Maria Stella Gelmini - cogliamo l’opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza anche per affrontare il tema della gestione dell’acqua in modo strutturale: ci sono 2 miliardi e 800 milioni per interventi al sistema di distribuzione delle acque, per l’ammodernamento delle reti idriche, ma anche investimenti sui sistemi irrigui per garantire all’agroalimentare una maggiore e più costante disponibilità di acqua. Sarà fondamentale un sistema avanzato di monitoraggio, utile per gestire meglio il rischio idrogeologico".

Prima della fine dell'estate dovrebbero arrivare i ristori a chi dall’emergenza idrica sta subendo danni. Luca Zaia chiede che si approfitti dei soldi del Pnrr e dei fondi europei per la pulizia degli invasi di montagna, per la creazione di nuovi invasi magari da cave dismesse: "Dobbiamo puntare su modalità da arido-cultura, tipo israeliana, dove c’è il tubo con la goccia per molte coltivazioni, piuttosto che sulla pluvirrigazione".

Occhi puntati sugli acquedotti

L'obiettivo è mettere mano quanto prima agli acquedotti colabrodo: ce ne sono almeno venti in Italia da ammodernare. Ed è su quello che si concentreranno le prime risorse: sono stati stanziati 1,38 miliardi per ridurre le perdite di acqua nelle reti di distribuzione, con una particolare attenzione al Mezzogiorno; i progetti prevedono interventi a valere sul Pnrr per 900 milioni, e sul programma React Eu (per 482 milioni), cui vanno aggiunti altri stanziamenti con la Legge di Bilancio (400 milioni), o come anticipazione del Fondi Sviluppo e Coesione 2021-2027 (442 milioni). Nei prossimi anni, poi, ci saranno altri 2,7 miliardi di euro per la riqualificazione e il rafforzamento delle infrastrutture idriche nazionali.

Passare dai testi dei decreti alla fase dei cantieri non sarà come sempre una passeggiata: "Un commissario nazionale per l'emergenza siccità può essere utile per avviare il lavoro sulle opere di contrasto alla dispersione e di accumulo dell'acqua. A patto si fissino tempi certi e si definisca un ruolo chiaro per il territorio ove insiste la nuova opera", commenta Marco Bussone, presidente nazionale di Uncem, unione dei comuni montani. "Prima di dire che nel giro di due anni avremo centinaia di bacini, si ragioni sul fatto che insediare un'opera anche solo da un milione di metri cubi di acqua in una valle, non è come posare una vasca da bagno".

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