Perché la "siesta" fa bene al cervello
Secondo gli studi più recenti, il sonnellino pomeridiano sarebbe associato a un minor rischio di Alzheimer. Ma a una condizione: non deve durare più di 15 minuti
Sono in pochi al mondo a non gradirlo. Spesso dopo un pranzo abbondante e soprattutto nelle calde giornate estive, il pisolino pomeridiano è un'abitudine sicuramente piacevole, ma che indica anche una predisposizione genetica associata a un minor rischio Alzheimer. La "pennichella" fa quindi bene al cervello, ma soltanto a una condizione: deve avere una durata breve, al massimo di un quarto d'ora. A rivelarlo è uno studio della Sin, la Società italiana di neurologia, che ha effettuato delle ricerche sulle regole di una siesta salutare.
Il riposino pomeridiano fa bene al cervello
"L'estate scorsa - spiega la Sin - uno studio della Northwestern University americana pubblicato su 'Current Biology' aveva indicato che le temperature superiori a 25 gradi spingono facilmente alla siesta perché esiste un termometro cerebrale che regola il metabolismo corporeo a seconda delle temperature esterne. "Col riscaldamento globale queste temperature sono state ormai abbondantemente superate - spiega il presidente della Sin, Alfredo Berardelli - ma, secondo uno studio appena pubblicato dalle università di Montevideo" in Uruguay e "e Londra, e dal Center for Genomic Medicine di Boston e dal Broad Institute di Cambridge", Massachusetts, "esiste una predisposizione genetica alla siesta che al contempo sembra essere associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer". Specificano i neurologi: "I benefici cerebrali si evidenziano con una siesta compresa fra 5 e 15 minuti e possono protrarsi fino a 1-3 ore dopo il sonnellino pomeridiano. Se la siesta supera mezz'ora, invece, si osserva un transitorio deterioramento delle performance cognitive".
La predisposizione genetica e gli effetti
"Lo studio - descrive la Sin - ha esaminato circa 500mila soggetti di ambo i sessi con età compresa fra 40 e 69 anni, che sono stati prima valutati con studi Gwas, cioè di associazione genome-wide che valuta tutte le variazioni geniche tra gli individui in esame, correlandole alle differenze di alcuni tratti particolari". Successivamente "i soggetti del campione sono stati valutati tramite imaging cerebrale - illustra Giuseppe Plazzi, responsabile dei Laboratori per lo studio e la cura dei disturbi del sonno dell'Irccs Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna - ed è risultato che la predisposizione genetica al sonnellino diurno era associata a un volume cerebrale totale maggiore di 15,8 centimetri cubi". Il dato, "secondo gli autori, potrebbe suggerire che regolari sonnellini diurni forniscono una certa protezione contro la neurodegenerazione, compensando la carenza di sonno notturno". Non risultava comunque aumentato il volume dell'ippocampo, precisano i neurologi, né miglioravano il tempo di reazione e la memoria visiva.
Come contrastare gli effetti del gran caldo
"Considerando che altri studi indicano un declino generale del volume cerebrale totale compreso tra lo 0,2% e lo 0,5% all'anno - conclude la Società italiana di neurologia - questa scoperta potrebbe indicare che chi abitualmente fa la siesta guadagna fra i 2,6 e i 6,5 anni di invecchiamento cerebrale. La mancata evidenza di un'associazione tra la siesta, il volume dell'ippocampo e i miglioramenti cognitivi potrebbe però indicare che altre aree cerebrali, come ad esempio quelle preposte alla vigilanza, possono essere influenzate dall'abituale sonnellino diurno e occorreranno altri studi per individuare questa relazione".