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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Brunetta e la bufala della fine dello smart working per i dipendenti pubblici: che cosa dobbiamo aspettarci davvero

Che il neo-ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione della Repubblica Italiana abbia in passato dichiarato guerra ai presunti "fannulloni" o "furbetti" non è un segreto. Lo ha fatto con toni che non sono piaciuti a molti. Dopo il "caso intervista" di ieri se ne torna a parlare. Fino al 30 aprile non accadrà nulla: poi le cose potrebbero cambiare

Il neo-ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione della Repubblica Italiana che annuncia la fine dello smartworking per tutti i dipendenti pubblici e il rientro in ufficio? No. Le parole di Renato Brunetta  che ieri hanno fatto il giro degli organi di stampa, rilanciate dal Corriere della Sera e poi riprese da più parti come fossero dichiarazioni delle scorse ore, in realtà risalgono all'anno scorso.

Dipendenti pubblici in smart working: che cosa aveva detto Brunetta

"Il contenuto pubblicato nella sedicente intervista - precisa il ministro - si riferisce ad un mio intervento a Tgcom24 in data 22 giugno dello scorso anno  periodo nel quale sembrava che la pandemia fosse in via di superamento, con il ritorno auspicato alla normalità", chiarisce aggiungendo: "Quindi, io non ho rilasciato alcuna intervista, a nessuno, come doveroso riserbo, in attesa del discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere del prossimo mercoledì al Senato e giovedì alla Camera, con conseguente dibattito parlamentare e voto di fiducia. Sono sconcertato e dispiaciuto. Dal momento del giuramento, io non ho rilasciato alcuna intervista, né scritto alcun articolo. Nulla".

"Mi chiedo: chi ha interesse ad avvelenare i pozzi? Chi vuole mettere già i bastoni tra le ruote a questo governo? Chi ha interesse a giocare con gli equivoci", ha poi aggiunto. 

A discolpa di Brunetta, va chiarito che quelle frasi sul ritorno in ufficio dei dipendenti pubblici arrivavano in settimane durante le quali la pandemia sembrava ormai nella fase conclusiva in Italia. L’esponente azzurro invitava a "riaprire tutto: i Comuni devono funzionare, i tribunali devono funzionare, come funzionano gli ospedali. Non vedo perché se un ospedale funziona, non possa funzionare una scuola, un Comune, un ufficio di urbanistica, un tribunale. Smettiamola per favore, basta: si torni tutti a lavorare. Se funzionano la Polizia, i Vigili del fuoco, i carabinieri, nel senso che vanno a lavorare e non ci sono i carabinieri in smartworking, loro sono nelle loro automobili, fanno la pattuglie, quindi smettiamola per favore, si torni tutti a lavorare".

Molti siti e giornali online che ieri hanno rilanciato le dichiarazioni di Brunetta oggi hanno cancellato l'articolo. Drastici. Però il tema dello smart working dei dipendenti pubblici è molto sentito, riguarda migliaia e migliaia di lavoratori e sarà interessante capire quali decisioni prenderà il governo Draghi in merito.

Fino a quando i dipendenti pubblici in smart working?

Oggi come oggi negli uffici pubblici il 40% dei dipendenti lavora da remoto. Per il settore pubblico la scadenza della modalità in lavoro agile era fissata al 31 gennaio, secondo il decreto del 23 dicembre 2020 del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2020. Dopo la proroga dello stato d'emergenza, prolungato fino al 30 aprile 2021, anche le altre misure adottate per il contenimento del contagio, come appunto il lavoro agile, sono state prorogate.

Il decreto Rilancio (art. 263, D.L. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 77/2020) prevede l'obbligo delle amministrazioni di organizzare, nella misura del 50 per cento del personale impiegato in attività compatibili e fino al 31 dicembre 2020 (termine successivamente prorogato), il lavoro dei propri dipendenti applicando il lavoro agile semplificato ossia prescindendo dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della l. n. 81/2017.

Insomma, fino al 30 aprile non succede nulla (e con l'allarme varianti in circolazione sarebbe folle anche solo pensare a un ritorno del 100 per cento dei dipendenti pubblici in presenza). Poi è tutto un gran punto di domanda: Il governo Draghi ha due mesi e mezzo di tempo per trovare la quadra.

Che Renato Brunetta abbia in passato dichiarato guerra ai "fannulloni" della pubblica amministrazione non è un segreto. Lo ha fatto con toni che non sono piaciuti a molti. Oggi il suo ritorno al ministero che ha già guidato dal 2008 al 2011 durante il governo Berlusconi preoccupa non poco i sindacati: l'Usb considera la sua nomina "una vera e propria dichiarazione di guerra alla Pubblica amministrazione", c'è anche la Cgil che parla di "scelta incomprensibile, è quanto di più antitetico ai concetti di coesione, innovazione, investimenti nella partecipazione per gestire la transizione digitale e organizzativa in modo democratico e partecipato". Sono passati dieci anni, ma è vivo il ricordo delle uscite pubbliche di Brunetta contro i dipendenti "furbetti", e il ministro in passato non aveva risparmiato nemmeno i giudici, accusati di lavorare "2 o 3 giorni alla settimana". Aveva fatto installare prima nel suo ministero e poi anche in altri uffici i tornelli per scovare i presunti "fannulloni".

La riforma Brunetta della pubblica amministrazione

La riforma Brunetta della PA puntava su responsabilità dei dirigenti, premi per il merito e accelerazione sull’e-government. Prevedeva un ciclo di valutazione delle performance dei dipendenti, con lo scopo di "premiare i lavoratori meritevoli e punire i fannulloni". Non portò a termine il lavoro. La norma vide la luce con il decreto legislativo che riformò il sistema dei controlli interni e istituì un ciclo di valutazione del personale nella pubblica amministrazione italiana. Nel 2008 fece scalpore un’espressione utilizzata proprio dal ministro che aveva definito “fannulloni” alcuni dipendenti della Pa, minacciando di licenziarli. E disciplinò le assenze dei con decurtazioni dello stipendi e visite fiscali anche per un solo giorno di assenza.

La revisione della macchina della Pubblica amministrazione è una delle precondizioni per ottenere i miliardi del Recovery Plan: è infatti una delle raccomandazioni specifiche per l'Italia. Il governo Draghi si affida, per questo importante incarico, a una figura divisiva come quella di Brunetta. Unica certezza: le polemiche non mancheranno.

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