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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Dpcm in soffitta

Cosa cambia per i cittadini senza la proroga dello stato d'emergenza dopo il 31 marzo

Il regime di eccezionalità è stato prolungato più volte, ma ora la curva epidemiologica è in discesa. Con la sua fine, bisognerebbe intervenire in primis sullo smart working e sulla campagna vaccinale. Ma come?

La fine dello stato di emergenza, in scadenza il 31 marzo prossimo, sembra cosa fatta. Potrebbe non essere più prorogato. La pandemia ci ha insegnato che è complicato fare previsioni a lungo termine, ma al momento tutte le dichiarazioni di ministri e sottosegretari del governo vanno in questa direzione. Per la decisione definitiva, che sarà presa proprio a marzo, si attendono i dati sanitari delle prossime settimane. Al momento le proiezioni mostrano una curva epidemiologica in discesa e un indice di trasmissibilità del contagio sceso sotto 1. Se la curva del contagio derivante dalla variante Omicron dovesse ulteriormente appiattirsi fino a garantire una gestione "normale" da parte del sistema ospedaliero, lo stato d'emergenza non avrebbe più necessità di esistere.

Stato d'emergenza: cosa cambia per i cittadini senza la proroga dopo il 31 marzo

Dal 31 gennaio 2020, quando è stato dichiarato per la prima volta a causa dell'inizio della diffusione del covid, a oggi, il regime di eccezionalità che ha permesso al governo e alla protezione civile di operare con poteri straordinari in deroga alle disposizioni di legge vigenti per motivi sanitari, è stato prolungato più volte. Ora per l'esecutivo e per l'ufficio del commissario straordinario all'emergenza Covid-19, generale Francesco Paolo Figliuolo, la linea rossa finale è l'ultimo giorno del mese prossimo, quando appunto dovrebbe terminare lo stato di emergenza e tutti si aspettano la chiusura del capitolo pandemia.

Una volta "ufficializzato" il passaggio da pandemia a endemia, la transizione dovrà concretizzarsi sul piano gestionale. Andranno in soffitta i Dpcm (decreti del presidente del Consiglio dei ministri) e le ordinanze ministeriali a cui il governo ha fatto ampiamente ricorso in questi due anni di emergenza coronavirus, a partire dai colori delle regioni. Ma cosa cambia in concreto per i cittadini senza la proroga dello stato d'emergenza dopo il 31 marzo?

Il nodo dello smart working

Se la misura dovesse cessare, resterebbe da gestire in primis lo smart working. Il lavoro da remoto è destinato a cambiare, almeno rispetto alla forma in cui l'abbiamo conosciuto durante l'emergenza sanitaria. Servirebbero accordi individuali tra l'azienda e il lavoratore. Unica eccezione è la pubblica amministrazione, dove esistono già accordi individuali per normarlo. Attualmente, infatti, il governo ha accordato alle aziende di usufruire in maniera massiccia dello smart working anche senza aver contrattato la modalità lavorativa con i dipendenti.

Con la fine dello stato di emergenza, fissato al 31 marzo 2022, si verrebbe però a creare un problema di non poco conto legato a questo aspetto. In assenza di nuove misure di semplificazione, infatti, la scelta del lavoro agile rischia di diventare un boomerang per le aziende. Le imprese che decidono di adottare lo smart working, dal 1° aprile si troveranno a dover gestire una mole di lavoro non indifferente poiché soggette alla comunicazione obbligatoria dell'accordo individuale. Per questo i sindacati spingono per l'adozione di un regime semplificato simile a quello attualmente vigente, come abbiamo spiegato qui.

La campagna vaccinale e il ruolo delle regioni

Non solo smart working, però. Con la fine dello stato emergenziale, anche la gestione della campagna vaccinale passerebbe dal governo alle singole regioni. È probabile che gran parte degli hub vengano smontati, mentre sarebbero medici di famiglia, pediatri e strutture ospedaliere a inoculare il vaccino anti Covid-19. Senza la proroga del regime di eccezionalità, termineranno anche le attività del commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo e del comitato tecnico scientifico, e non ci saranno più le cabine di regia tra governo e regioni.

Il governo Draghi dovrà decidere la forma dell'evoluzione della struttura commissariale. Potrebbe non scomparire del tutto. E circola l'ipotesi di un rientro in campo della protezione civile per i compiti di coordinamento con le regioni. Queste ultime resteranno le responsabili in prima linea della continuità di gestione e di ogni azione di prevenzione e tutela della salute pubblica contro Covid-19, senza più il cappello della struttura commissariale. In una fase endemica, il ruolo della sanità regionale rientrerà nella sua titolarità piena.

Il sistema dei colori e il green pass

A non essere più attive, in caso di fine dello stato di emergenza, saranno anche le misure relative ai colori delle regioni in base all'indice di diffusione del covid: non ci saranno più territori in zona bianca, gialla, arancione o rossa. Resterebbe invece in vigore l'obbligo vaccinale per gli over 50, il cui termine è fissato al 15 giugno 2022. E cosa ne sarà del green pass dopo il 31 marzo? Nel governo non manca chi vede con favore una rimodulazione delle regole sulla carta verde, ma è difficile pensare che il certificato verrà abolito da un giorno all'altro. È probabile che il governo decida di procedere con l'allentamento graduale delle restrizioni, come abbiamo spiegato qui.
 

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