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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Una dose, ma per tutti: come e perché si parla di cambiare la strategia sui vaccini

L'azzardo di Boris Johnson potrebbe pagare (e forse sta già dando dei risultati) anche se gli esperti si dividono sulla possibilità di ritardare la somministrazione del richiamo

Ritardare la somministrazione della seconda dose per vaccinare tutti. O, se non altro, quante più persone possibili. È questa la possibilità suggerita dal premier Mario Draghi nel corso del summit dei 27 leader Ue per stabilire una linea comune per fronteggiare la pandemia. "C'è la possibilità di dare priorità alle prime dosi di vaccino, alla luce della recente letteratura scientifica", ha osservato Draghi in videoconferenza da Palazzo Chigi spiegando che sulle vaccinazioni "occorre andare più veloci". Una strada già percorsa dal Regno Unito e che oltremanica sta dando qualche risultato. Secondo un recente articolo del Financial Times, a partire dalla seconda settimana di febbraio, ovvero a tre settimane di distanza dal traguardo del 50% delle prime dosi somministrate agli over 80, si è infatti osservata una riduzione  delle ospedalizzazioni maggiore tra gli ultra ottantacinquenni rispetto alle persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni.

Uno scarto non evidentissimo, ma è un fatto che il calo sia avvenuto nella fascia di età delle persone vaccinate. Sull’argomento le ricerche sono molte e talvolta contraddittorie. In uno studio del Public Health England uscito oggi (non sottoposto però a revisione paritaria) è stato osservato che tra gli operatori sanitari sottoposti al vaccino Pfizer-BioNTech le infezioni asintomatiche erano diminuite del 75% a due settimane dalla somministrazione. Da un’altra ricerca condotta in Israele dallo Sheba Medical Center è emerso che il vaccino Pfizer-BioNTech potrebbe avere un’efficacia fino all’85% già dopo la prima dose nel proteggere dai sintomi dell’infezione. Negli ultimi giorni sui media inglesi è stato infine pubblicato uno studio condotto da tre università scozzesi secondo cui la riduzione delle ospedalizzazioni dopo una sola dose di vaccino sarebbe del 94-95% con AstraZeneca e dell'85% con Pfizer. Studi non sottoposti a peer review e dunque, lo ribadiamo, da prendere con cautela.

L'immunologa Viola: "L'idea di una dose non è supportata da evidenze scientifiche"

La scienza dovrebbe basarsi sui fatti, ha osservato oggi l’immunologa Antonella Viola giudicando un "gravissimo errore" la proposta di ritardare la seconda dose. "Dobbiamo capire se siamo un Paese che applica una medicina basata sull'evidenza, sui dati, o se siamo un Paese che segue una medicina basata sull'intuito e l'esperienza. L'idea di vaccinare con una sola dose è un'idea intuitiva, ma non è in questo momento supportata da dati scientifici. Non ci sono dati solidi che con questo sistema possiamo davvero proteggere i cittadini non solo dal Sars-CoV2 originario, ma anche dalle sue varianti, e non sappiamo per quanto tempo li proteggiamo. Ci sono seri dubbi - ha avvertito Viola - che dicono che, se noi generiamo un'immunità insufficiente a bloccare la replicazione del virus nella popolazione, possiamo favorire lo sviluppo di varianti".

Nonostante lo scetticismo degli scienziati, il Regno Unito continua a difendere la strategia di ritardare la somministrazione della seconda dose. Un azzardo che almeno nel caso del vaccino AstraZeneca si è rivelato vincente. Come ha di recente chiarito l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) "nuovi dati raccolti da studi in corso sembrano offrire l’opportunità di indicare un intervallo più lungo tra la prima e la seconda dose. In particolare i nuovi dati, pubblicati in febbraio 2021 in preprint sulla rivista Lancet, indicano un’efficacia dell’82% quando la seconda dose viene somministrata nel corso della dodicesima settimana".

In Uk però, nonostante i dubbi delle stesse aziende farmaceutiche, anche i vaccini di Pfizer e Moderna vengono somministrati con un intervallo di tempo che può arrivare fino a 12 settimane. Tant’è che alla data del 24 febbraio il 27.5% della popolazione aveva ricevuto almeno una dose di vaccino, ma solo all’1% era stato somministrato il richiamo.

regno unito ricoveri-2

Una strategia che è stata a lungo stigmatizzata da gran parte del mondo scientifico. Anche se più di recente si è iniziato a guardare all’azzardo inglese con più interesse. Non tanto perché oltremanica i casi di coronavirus stanno scendendo (nelle ultime 24 ore sono stati registrati 8.523 contagi, ma il merito è anche, se non soprattutto, del lockdown) quanto per una concomitanza di fattori. In primis gli studi scientifici di cui abbiamo parlato sopra e che, per quanto  vadano presi con cautela, suggerirebbero una buona protezione anche con una dose sola. In secondo luogo per l’aumento dei casi e la diffusione in molti Paesi europei della variante inglese. Infine, per la pressione dell’opinione pubblica che chiede di accelerare sulle vaccinazioni. Del resto la strategia del Regno Unito è nata in un momento di estrema difficoltà: tra la fine di dicembre e la metà di gennaio il numero dei nuovi casi è letteralmente esploso attestandosi per un paio di settimane sopra quota 50mila. Con gli ospedali allo stremo, il governo inglese ha deciso di fare in fretta ricorrendo anche al distanziamento delle due dosi fino a 12 settimane.

La strategia ad una sola dose può funzionare? Cosa dicono gli esperti

In Italia la situazione non è ancora così compromessa, anche se l’aumento dei contagi (e dei ricoveri) registrato negli ultimi due giorni è un pessimo segnale. Che cosa intende Draghi quando dice di "dare priorità alle prime dosi di vaccino"? Per ora non è chiaro. Sul caso di AstraZeneca è la stessa Agenzia Italiana del Farmaco a raccomandare la seconda dose ad una distanza di almeno dieci settimane dalla prima. Ma il modello del premier britannico di Boris Johnson, avallato peraltro dagli scienziati che collaborano con il governo inglese, prevede dosi dilazionate per tutti i farmaci anti-Covid. In Italia gli esperti non parlano con una voce sola. Se Antonella Viola ha bocciato senza appello la strategia a singola dose, il direttore della prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, è molto più possibilista. "Ci sono studi come quello israeliano - ha detto a margine della conferenza stampa sul consueto monitoraggio epidemiologico -, che indicano che a due dosi corrisponde un risultato ottimale per il sistema immunitario, altri studi dicono diversamente. La protezione con due dosi, è pur vero, si approssima al 95% con Pfizer e Moderna, quindi una protezione quasi completa dalla malattia. Tuttavia il razionale di vaccinare con una sola dose significa proteggere più individui nella popolazione: proteggo un po' meno il singolo ma proteggo l'insieme, dando così una maggiore immunità alla popolazione. Direi che se ci sono le dosi è meglio vaccinare con due dosi, tenendo però anche conto delle differenti opzioni sul tavolo".

Sulla stessa linea anche Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano.Somministrare, per adesso, solo la prima dose di vaccino anti Covid alle persone può essere una soluzione? "Pur con scarso entusiasmo ritengo di sì " ha affermato a Sky Tg24. "I dati che vengono dall'esperienza israeliana sdoganano quella che è stata l'esperienza inglese, che è partita in maniera aprioristica su questo. Gli israeliani - ha osservato Galli - ci hanno portato dati su grandi popolazioni, che dicono che la risposta alla prima dose già garantisce abbastanza, relativamente alla risposta immunitaria necessaria per contrastare l'infezione".

(Grafico in alto. I ricoveri per Covid nel Regno Unito. @Our World in Data)

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