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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Studenti italiani in Erasmus, l’odissea per tornare a casa e il percorso a ostacoli di chi deve ancora rimpatriare

Le storie di due studenti universitari, Daniele e Aurora, alle prese con il difficile rimpatrio in Italia. L'Unione degli universitari: "Nessuna famiglia dovrebbe essere messa nelle condizioni di dover scegliere fra la stabilità economica e il rivedere i propri figli"

C’è chi è rientrato, dopo un vero e proprio “viaggio della speranza” e chi invece è ancora bloccato lontano da casa e passa il tempo ad aggiornare la pagina del sito del Consolato con l’elenco dei voli per l’Italia, cercando un modo per tornare. In entrambi i casi, le spese sono da considerarsi a carico loro, mentre le tariffe sono lievitate. Una situazione comune a tanti nostri connazionali all’estero dallo scoppio della pandemia e che ha investito anche tantissimi studenti Erasmus. 

Daniele, giovane studente pugliese all’ultimo anno di medicina, è tornato un mese fa a casa, dalla Turchia, dove stava frequentando all’università di Çanakkale, vicino ai resti archeologici di Troia. “Se vogliamo usare una metafora, il mio è stato un po’ come il rientro in patria di Ulisse, una vera odissea. Sommando tutte le giornate di spostamenti e pause tra un viaggio e l’altro, tutto è durato una settimana”, racconta a Today. Daniele è rientrato  ("dopo aver fatto diverse pressioni alla Farnesina") con un volo Istanbul-Roma con scalo a Milano della Turkish Airlines. Per coprire gli oltre 300 chilometri di distanza da Çanakkale alla città sul Bosforo, lo studente si è dovuto ingegnare. “In Turchia non ci sono molti treni, quindi ci si sposta con i bus o gli aerei, ma ovviamente tutto è stato bloccato per il Covid. L’unica cosa disponibile erano i taxi, con costi che si possono ben immaginare…” e in più proprio intorno alla data di partenza del volo il governo turco aveva disposto un lockdown di cinque giorni per via del Ramadan.

L'odissea di Daniele per tornare dalla Turchia alla Puglia

Insieme a un altro italiano, in Turchia per il commercio delle vongole, Daniele è partito in taxi per raggiungere Istanbul prima dell’inizio del lockdown. Grazie ai documenti forniti dalla Farnesina, il viaggio fino a lì è proseguito senza intoppi. Una volta arrivati, Daniele e l’altro italiano hanno sostato in hotel in piazza Taksim fino al giorno del volo e il 24 aprile hanno raggiunto con un bus il nuovo aeroporto di Istanbul. “È il più grande di tutta l’Asia, più di quelli di Roma e Milano messi insieme, e quando siamo arrivati noi era completamente vuoto: c’era un solo volo, quello organizzato per noi”, racconta Daniele. Dopo il disbrigo delle varie formalità - misurazione della temperatura, controllo bagagli - l’aereo inizia a riempirsi. “Eravamo tutti ammassati, non c’era un metro di distanza di sicurezza, la business class completamente vuota e noi in economy eravamo uno sull’altro. A Milano ci hanno fatto scendere tutti, sempre ammucchiati, con la paura di prenderci il virus. Ho i genitori anziani, con una serie di fattori di rischio importanti, il problema non era tanto per me quanto per quello che avrei potuto trasmettere loro una volta tornato a casa”, spiega lo studente.

Dopo lo scalo a Milano, finalmente l’arrivo a Roma. “Per noi ‘poveracci’ meridionali, siciliani, pugliesi, calabresi, tornare il 24 aprile e poi dover in qualche modo trovare una soluzione per raggiungere le proprie regioni non è stato semplicissimo”, denuncia Daniele, che una volta nella Capitale ha provato a organizzarsi per raggiungere in auto la Puglia insieme a due conterranei, senza successo però: in macchina si poteva andare solo in due per garantire il rispetto della distanza di sicurezza. L’unica alternativa è stata prenotare un volo Alitalia Roma-Bari in partenza il giorno dopo e passare la notte in aeroporto. Il 25 aprile Daniele è riuscito finalmente ad arrivare in Puglia, ma casa sua era ancora lontana.

“I miei genitori sono soli, i miei fratelli lavorano tutti fuori città. Per non avere contatti con loro mi sono organizzato con un taxi dall’aeroporto fino al domicilio, dove ho trascorso 17 giorni in quarantena. Fortunatamente non ho avuto sintomi, non ho fatto il tampone, ma non credo di aver preso il Covid”. Un viaggio lungo e tortuoso per ritornare a casa, quello di Daniele, che afferma: “Tutti questi spostamenti sono stati pagati da noi italiani, non abbiamo ricevuto alcun parziale sostegno né dal governo o dall’università. Con costi del biglietto triplicati rispetto al normale: un volo Istanbul-Bari sempre con la Turkish Airlines prima lo pagavo 130 euro. Per arrivare da Istanbul a Roma ne ho spesi 300, togliendo poi tutti gli altri costi dei taxi, il volo Roma-Bari e il taxi da Bari a Matera, a una ventina di chilometri da Altamura. Questa è la situazione: in tutto ho speso 600 euro, pari a metà della mia borsa di studio. Oltre a tutto lo stress del viaggio, c’è stata una batosta economica”, spiega. Daniele è rimasto in contatto con l’università, per sapere come regolarsi con il suo Erasmus, visto che i corsi a Çanakkale erano stati sospesi a due settimane dalla fine e non si sa ancora se riprenderanno ad agosto o settembre, ma anche per avere informazioni circa un eventuale rimborso dei costi per il rientro. “Mi hanno risposto che valuteranno se il mio rientro è stato per cause di forza maggiore e vedranno se sarà possibile un rimborso, ma non ho nessuna certezza”. 

Aurora, ancora bloccata in Spagna: "Sono in attesa, si vive alla giornata"

Aurora invece non è riuscita a tornare a casa, a Vigo di Cadore (Belluno), ed è ancora a La Coruña, nel nord-ovest della Spagna. Studentessa di sassofono al conservatorio di Rovigo, è arrivata lì ai primi di febbraio. “Sono sempre stata in contatto con il consolato, tramite il loro sito ho mandato delle mail per chiedere quali fossero le possibilità per rientrare. Mi hanno segnalato dei voli. Il problema è che partono tutti o dalle isole e non so come raggiungerle oppure da Barcellona. Al momento treni e bus non ce ne sono e nemmeno voli interni. A La Coruña sono fuori da tutto, diciamo, per quanto riguarda i collegamenti. Ci sono stati in passato dei voli che sono partiti da Madrid ma poi non ne ho più visti sulla lista che c’è sul sito del consolato e più in su di Barcellona non ne ho trovati”. Per trovare un collegamento Aurora si è fatta aiutare dalla sua padrona di casa, che ha fatto diverse telefonate ma senza successo. “Era stato organizzato tramite il consolato insieme a un’agenzia qui della Galizia un autobus che partiva da Santiago e arrivava a Barcellona e poi da lì c’erano due possibilità: una nave che arrivava a Civitavecchia oppure un altro autobus fino a Milano - ci spiega al telefono -. Tutto era stato organizzato per un venerdì all’inizio di maggio però poi non è stato raggiunto il numero minimo di iscritti a questo bus, che è stato poi rinviato alla settimana dopo ma ancora una volta non c’è stato il numero minimo e hanno cancellato tutto. Le navi partono comunque, perché appartengono a un’altra agenzia, però non c’era più il collegamento e quindi non è stato possibile arrivare”. 

“Il mio problema più grosso sono queste distanze, mi mancano i mezzi di trasporto per arrivare a un porto o a un aeroporto. Si è detto che dal 3 giugno riaprono le frontiere, speriamo allora che ci sia qualche volo disponibile o banalmente anche un treno che mi porti da qualche parte”. Anche nel caso di Aurora, tutti questi collegamenti sarebbero a sue spese: “Ovviamente sì e con un costo abbastanza sostenuto”. Nel frattempo continua a studiare: il conservatorio ha attivato per alcuni corsi delle lezioni online, ma ovviamente è difficile sostituire la pratica dal vivo con l’insegnante di strumento con una videolezione. Aurora sente regolarmente la sua famiglia, sono un po’ preoccupati di saperla lì senza possibilità di raggiungere eventuali aeroporti per tornare ma in fondo, dice la ragazza, la situazione è abbastanza tranquilla. “Abbiamo degli orari durante i quali si può uscire, al massimo per venti minuti. Io ad esempio so che posso uscire dalla mattina dalle 6 alle 10 e poi dalle 8 alle 11 di sera. Vedo però tanta, tanta gente in giro… Hanno riaperto ormai praticamente tutto, bar e ristoranti anche, e speriamo che non ricominci tutto”. Nel frattempo lei rimane in attesa: “Fare piani in questo momento non ha molto senso, può cambiare tutto da un giorno all’altro, si vive alla giornata”. 

L'Unione degli Universitari: "Il rimpatrio è un diritto"

Situazioni come quella di Daniele e Aurora, e tantissimi altri studenti, sono state raccolte dall’UDU, l’Unione degli Universitari, che già a inizio marzo ha aperto uno sportello di sostegno per gli studenti rimasti all’estero.

“Già a marzo scorso scrivemmo al ministro Di Maio per segnalare le gravi difficoltà economiche che moltissimi studenti, e, più in generale, nostri connazionali, dovevano affrontare per poter tornare in Italia: parliamo anche di voli che superavano il migliaio di euro in provenienza da mete extraeuropee. Chiedemmo, se non la gratuità, almeno un calmieramento del prezzo dei voli, necessario per assicurare a tutti il diritto al rimpatrio senza che i suoi costi ricadessero su delle famiglie spesso già provate economicamente dal lockdown: ricevemmo di fatto un diniego circa la possibilità di calmierare i prezzi dei voli - dice a Today il responsabile Esteri Matteo Vespa - Nessuna famiglia dovrebbe essere messa nelle condizioni di dover scegliere fra la stabilità economica e il rivedere i propri figli. Chiediamo che il Ministero degli Esteri attivi il Meccanismo Europeo di Protezione Civile e lo utilizzi per rimpatriare i nostri connazionali ancora bloccati all’estero. Il rimpatrio è un diritto!”.

L’UDU ha lanciato la campagna #ilrimpatrioèundiritto, con una fotopetizione (a cui hanno partecipato anche Daniele e Aurora) per denunciare il problema, chiedendo alla Farnesina di attivare il Meccanismo Europeo di Protezione Civile per riportare in Italia i connazionali bloccati all’estero. Una richiesta già avanzata da diversi esponenti della Lega e Fratelli d’Italia.

La questione del Meccanismo Europeo di Protezione Civile

In un question time alla Camera lo scorso 13 maggio il ministero degli Esteri Luigi Di Maio ha ribadito il funzionamento di tale meccanismo. “La Commissione europea si riserva di cofinanziare, solo successivamente all'effettuazione del volo, una quota che va da un minimo dell'8 per cento fino a un massimo del 75 per cento. Lo Stato deve, comunque, anticipare l'intero costo del volo, nel nostro caso, anche della parte relativa ai passeggeri non italiani. In seguito, lo Stato richiedente deve chiedere il pagamento al passeggero della quota non coperta dal cofinanziamento dell'Unione europea: ciò significa che la quota del 75 per cento non è garantita”. Inoltre, ha aggiunto Di Maio, “è riservato solo ai rimpatri da Paesi che non offrono alcuna opzione commerciale di rientro, anche di altre compagnie non italiane” e prevede “una quota significativa di passeggeri dell’Unione europea a bordo: idealmente dovrebbero essere cittadini di Stati diversi da quello che ha attivato il volo”.

“La collettività italiana temporaneamente all'estero che faceva richiesta di rientro in patria, almeno fino a inizio maggio, era numericamente concentrata in Paesi dell'Unione, dai quali, pur se talvolta con triangolazioni, era comunque possibile raggiungere l'Italia - ha detto Di Maio - Se avessimo fatto ricorso al meccanismo in modo sistematico dal 10 marzo a inizio maggio, non potendo riservare i voli ai soli cittadini italiani, avremmo dovuto effettuare il triplo dei voli fin qui organizzati, con il risultato di rallentare notevolmente i tempi di rientro, a maggior ragione se, dal 28 marzo, si è reso necessario applicare misure di distanziamento a bordo”. Il meccanismo europeo è stato utilizzato “con gruppi numericamente più contenuti di connazionali”, provenienti da paesi come “Bolivia, Nepal, Thailandia, Sudafrica e altri”. Al 13 maggio 60mila cittadini europei sono rientrati con il meccanismo comunitario, ha detto Di Maio. Dei 600mila cittadini dei singoli Paesi membri rientrati con voli commerciali, invece, quasi 80mila sono italiani.

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