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Venerdì, 29 Marzo 2024
Proviamo a capire meglio

Perché la legge sul fine vita è molto diversa dal referendum bocciato dalla Consulta

Il quesito referendario mirava a legalizzare l'eutanasia abrogando in parte l'articolo 579 del codice penale sull'omicidio del consenziente. Il ddl sul suicidio assistito ha molti più paletti (e forse alcuni limiti)

Con 126 si e 262 no la Camera ha respinto ieri gli emendamenti soppressivi con cui la destra ha provato a fermare la legge sul suicidio assistito. La prima "mina" è stata disinnescata, ma i numeri per arrivare ad un'approvazione del ddl sono molto risicati, sia alla Camera che in Senato. C'è poi il timore che il no della Corte Costituzionale al referendum sull'omicidio del consenziente possa ricompattare il fronte di centrodestra e offrire una "buona scusa" ai detrattori della legge. In realtà, benché l'obiettivo sia lo stesso (dare a chi soffre la possibilità di scegliere la "dolce morte") il quesito referendario avrebbe avuto implicazioni diverse rispetto alle disposizioni contenute nel disegno di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita. Andiamo nel dettaglio e proviamo a inquadrare meglio i termini della questione.

Il referendum sull'omicidio del consenziente

Il referendum bocciato dalla Consulta si proponeva di abrogare parte dell'articolo 579 del codice penale: 

Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.

Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.

Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:

  1. Contro una persona minore degli anni diciotto;
  2. Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
  3. Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno

Di fatto il referendum avrebbe cancellato la punibilità dell'omicidio di una persona consenziente, se non nelle eccezioni contemplate dallo stesso articolo 579. In tal modo sarebbe stata permessa l'eutanasia attiva, ovvero la somministrazione di un farmaco eutanasico da parte del medico (con il consenso del paziente).

Secondo la Consulta un'abrogazione, pur parziale, del reato avrebbe però dato il via a esiti ritenuti inaccettabili non garantendo "la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili". Il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha detto in conferenza stampa che il referendum avrebbe legittimato "l'omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali ci si aspetta che l'eutanasia possa aver luogo", aprendo "l'immunità penale a chiunque uccide qualcun altro col consenso di questo qualcun altro, che sia persona che soffre o no". 

Cosa prevede la legge sul suicidio assistito

Ben diverso è il testo della legge in discussione in Parlamento che riguarda la "morte volontaria medicalmente assistita". Non si tratterebbe dunque di legalizzare l'eutanasia attiva (che prevede un'iniezione da parte del medico), ma il suicidio assistito, ovvero l'aiuto portato a un paziente che ha deciso di morire, senza che il medico o altre persone intervengano direttamente nella somministrazione delle sostanze. È il caso ad esempio di Fabiano Antoniani, il 40enne milanese conosciuto come Dj Fabo, morto in una clinica svizzera premendo con la bocca (nonostante fosse in condizioni di cecità), il pulsante che gli avrebbe attivato l'immissione del farmaco letale. Con il suicidio assistito dunque chi non è in grado di somministrarsi le sostanze da solo non può scegliere le "dolce morte". 

La legge prevede che per chiedere il suicidio assistito la persona debba essere affetta da una patologia giudicata "irreversibile e con prognosi infausta" (ovvero con esito letale), oppure da una condizione clinica irreversibile che provochi "sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili". Un'altra condizione è che la persona sia "tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente" e che sia stata coinvolta "in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate".

Solo in questi casi, e in presenza ovviamente di una decisione libera del paziente, l'aiuto al suicidio non è punibile. La legge ricalca quanto aveva già sancito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 242 del 2019. Intervenendo sull'aiuto fornito a dj Fabo da Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Coscioni, la Consulta aveva infatti escluso la punibilità di chi "agevola l'esecuzione del proposito di suicidio" di "una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili". Ciò nonostante, la presenza di un vuoto normativo rende indispensabile l'approvazione di una legge sul fine vita, come sollecitato più volte dalla stessa Corte Costituzionale. 

I limiti della legge

In sintesi si può affermare che la legge sul fine vita non legalizza l'eutanasia attiva e prevede una serie di condizioni concomitanti per fare ricorso al suicidio assistito escludendo tutte le persone che non hanno bisogno del sostegno vitale (si pensi ad esempio ai malati di cancro) e dunque ha poco a che vedere con il quesito referendario che avrebbe legalizzato, benché non nella totalità dei casi, l'omicidio del consenziente.

Secondo Marco Cappato, la proposta di legge è così timida che potrebbe addirittura peggiorare la situazione attuale e dunque o il testo "viene emendato è nel sentiero stretto fra l'inutile e il controproducente". Anche Riccardo Magi di Più Europa ha qualche perplessità sul testo che contiene diversi "ostacoli" per attivare la procedura del suicidio assistito. "Non c'è certezza sui tempi dei vari step della procedura e questo può creare un imbuto burocratico". Magi contesta anche la possibilità, per il personale sanitario, di non prendere parte alle procedure per l'assistenza alla morte volontaria: "Questo rischia di essere un ostacolo decisivo, già vediamo i problemi che ci sono sull'aborto..."

Per motivi opposti si schierano contro la legge Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ieri la Lega ha annunciato che avrebbe votato a favore dell'emendamento per sopprimere il ddl. "Io la penso come il Santo Padre" ha detto Salvini. "Per me la vita è vita, e questo vale per il suicidio procurato o per le droghe. La Lega vota per la vita: ai referendum avrei fatto campagna per il no sia sulla morte procurata che sulle droghe". Posizione sostanzialmente identica a quella di Fdi che ha sempre difeso la "sacralità della vita" a prescindere dalla sofferenza del paziente. Se lo schieramento di centrosinistra è compatto per il "sì", tra Forza Italia e centristi ci sono invece sensibilità diverse con gli azzurri che però si schierano prevalentemente per la linea del "no". 

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