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Sabato, 20 Aprile 2024
La situazione

Le 10 regioni italiane con le terapie intensive oltre la soglia critica

Il tasso di occupazione dei posti letto nei reparti di rianimazione ha raggiunto il 29% in tutta Italia. Cosa sta succedendo e quali sono i territori più in difficoltà

L'occupazione dei posti letto in terapia intensiva da parte di pazienti covid torna a raggiungere a livello nazionale una media del 29%, ovvero appena un punto sotto la soglia definita critica. E sono ben 10 le regioni che la superano. È quanto emerge dall'ultimo monitoraggio realizzato dall'Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) aggiornato al 7 marzo, che mostra rispetto ai dati del primo marzo una crescita del 4% a livello nazionale e due regioni in più oltre la soglia.

Le 10 regioni italiane con le terapie intensive oltre la soglia critica

Le 10 regioni che superano il 30%, ovvero il livello definito critico dal ministero della Salute poiché una volta superato risulta difficile poter assistere gli altri pazienti non covid negli ospedali, sono le seguenti:

  • Abruzzo 40%
  • Emilia-Romagna 37%
  • Friuli-Venezia Giulia 33%
  • Lombardia 40%
  • Marche 42%
  • Molise 49%
  • Trentino-Alto Adige (provincia autonoma di Bolzano 38% e provincia autonoma di Trento 53%)
  • Piemonte 32%
  • Toscana 34%
  • Umbria 58%

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Per quanto riguarda invece i posti occupati da pazienti covid nei reparti ospedalieri di malattie infettive, pneumologia e medicina generale, la quota nazionale sale al 33%, ancora sotto la soglia critica del 40% fissata dal ministero della Salute, ma tre punti percentuali in più rispetto ai dati del primo marzo. In questo caso, la soglia critica viene superata da 7 regioni, ovvero due in più rispetto a una settimana fa: Abruzzo (43%), Emilia-Romagna (45%), Lombardia (44%), Marche (52%), Molise (43%), Piemonte (40%) e Umbria (50%).

La situazione delle terapie intensive nelle regioni oggi

Dopo una lenta ma costante discesa, il numero dei pazienti in terapia intensiva è tornato a crescere a partire dal 18 febbraio scorso. Particolarmente difficile la situazione nei reparti di rianimazione in Umbria e nella provincia autonoma di Trento. Cosa sta succedendo? "Dall'Abruzzo, che ho diretto fino a poco tempo fa, a Modena, a Milano senza dimenticare tutti gli altri territori colpiti, purtroppo nelle terapie intensive stiamo assistendo a un aumento dei ricoveri, ad un abbassamento dell'età dei ricoverati e a nessun segnale che interrompa la seconda ondata: scivoliamo dalla seconda alla terza ondata senza un sufficiente alleggerimento dei reparti di anestesia e rianimazione". A dirlo all'Adnkronos Salute è Flavia Petrini, presidente della Società italiana di anestesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), che sottolinea la sua preoccupazione poco prima di entrare nella riunione del comitato direttivo della società scientifica, convocato questa mattina proprio per discutere la difficile situazione dei reparti di terapia intensiva.

In molte città, racconta Petrini, "come hanno dichiarato i colleghi dei centri più colpiti, si è costretti a riattivare i posti destinati alla routine per pazienti covid. E quindi a interrompere, nuovamente, le attività chirurgiche in elezione. Questo non è un bel segnale per la tenuta del sistema. Mi allineo totalmente alla preoccupazione del ministro Roberto Speranza e ovviamente alla preoccupazione espressa dal Cts". Petrini ha spiegato che quotidianamente "mi confronto con i colleghi e non posso che recepire la loro preoccupazione. Dirigo una società che sta sacrificando tutte le attività, rovesciando tutto il personale sulle aree di terapia intensiva. Non è normale. Sono preoccupata".

Cos'è la cannibalizzazione dei pazienti covid in ospedale

Questo il quadro della situazione tracciato da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenuto a L'Italia s'è desta su Radio Cusano Campus: "Terapie intensive in sofferenza in molte regioni. E più si riempiono gli ospedali, più si verifica la cosiddetta cannibalizzazione dei pazienti covid" a danno di chi fa i conti con altre malattie. Non solo. "Abbiamo un tracciamento debole, in alcune regioni chi si occupava di tracciare" i casi di Covid-19 e i contatti, "oggi si occupa di vaccini".

"La calma piatta apparente iniziata il 20 gennaio è finita il 20 febbraio - spiega - da due settimane la curva ha cominciato a risalire. Il numero dei casi in sé non ha importanza, ma ogni 100 contagiati 5 vanno in ospedale e 0,5 in terapia intensiva. A parte piccolissime variazioni regionali, questa è la statistica. Per questo motivo oggi abbiamo il 28% della saturazione delle terapie intensive a livello nazionale, ma in alcune regioni sono ben oltre la soglia del 30%". "Quanto più gli ospedali si riempiono, tanto più tolgono spazio a pazienti con altre patologie - evidenzia Cartabellotta - e si verifica la cosiddetta cannibalizzazione dei pazienti covid. L'impatto sulla salute delle persone non dipende soltanto dalla malattia covid, ma anche dal sovraccarico degli ospedali che questa comporta. Abbiamo anche un tracciamento debole, in alcune regioni chi si occupava di tracciamento oggi si occupa di vaccini. Questi sono aspetti importanti con cui dobbiamo fare i conti".

Secondo Cartabellotta "ormai la terza ondata è partita e spetta alla politica prendere delle decisioni". Decisioni che devono essere "molto più tempestive. Il mondo politico da mesi non ha capito uno dei problemi fondamentali - dice il presidente Gimbe -. Noi oggi vediamo i contagi di circa 2-3 settimane fa, per questo le decisioni vanno prese in modo tempestivo. L'obiettivo della strategia anti covid era quello di fare chiusure mirate, ma queste dovevano essere molto più tempestive - rimarca l'esperto -. Il pacchetto delle misure è una decisione politica, che però deve tenere conto che la coperta è molto corta: se si consentono riaperture da una parte, bisogna chiudere dall'altra. Non possiamo permetterci chissà quali riaperture in questo momento".

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