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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Coronavirus: come è saltato il tracciamento (malamente)

Con 40mila o 50mila contagi in una settimana non è pensabile ritrovare i contatti di chi risulta positivo al tampone. Non abbiamo usato i mesi estivi per implementare le risorse umane da mettere a disposizione del contact tracing. E c'è chi alza bandiera bianca

Il pilastro fondamentale del cosiddetto "contact tracing" è l’indagine sui contatti stretti di un positivo al virus: più è tempestiva, più in fretta si interrompe la catena dei contagi. 

In Italia il sistema di tracciamento in varie regioni è "saltato". Malamente.

Il contact tracing è già un ricordo 

Diventa materialmente impossibile tracciare le catene di trasmissioni se a livello nazionale ci sono 10-12.000 casi ufficiali al giorno di contagio da Sars-CoV-2. Non c'è sistema in grado di reggere, e oggi lo ha confermato anche Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia dell'Università di Padova: "Se la App Immuni funzionasse a perfezione e venisse scaricata dal 90% degli italiani, oggi con 10-12.000 casi dovrebbe mandare 150.000-200.000 messaggi al giorno e non c'è sistema che è in grado di gestire questo". Con la capacità che abbiamo" tra 1.500 e 2.000 casi al giorno già non siamo più in grado di fare il tracciamento. Saltata la soglia non funziona più niente. La Lombardia ha avuto l'onestà di dirlo". La Regione ha chiesto il coprifuoco notturno dalle 23 alle 5, e non sembra che ci saranno ostacoli in tal senso da parte del governo. Coprifuoco sia.

Con 40mila o 50mila contagi in una settimana non è pensabile tracciare i contatti di chi risulta positivo al tampone. Le aziende sanitarie locali non hanno le risorse per tamponare centinaia di migliaia di persone in tempi brevi. L'unica soluzione - se l'obiettivo principale è far rallentare la corsa del virus - sono le misure di contenimento.

E' vero che il problema del tracciamento non riguarda solo il nord, a differenza della prima ondata in questa seconda ondata il virus si è fatto strada anche al sud. Ad esempio già venerdì scorso il governatore pugliese Michele Emiliano ne aveva parlato, poi l'hanno confermato anche i medici: "Il sistema di tracciamento dei nuovi casi Covid è saltato". Non si riesce a ricostruire ogni catena di contagio, ci sono troppi focolai in giro per la Puglia e i dipartimenti di Prevenzione delle Asl, con pochi uomini a disposizione, sono in forte affanno.

Si fa il possibile, ovunque, anche con assunzioni e formazione specifica. Troppe persone attendono però giorni e giorni per essere sottoposte al tampone, c'è chi aspetta 10 giorni. Troppi. E senza un tampone positivo non parte il tracing, ovviamente. Se la situazione dei tracciamenti è fuori controllo, la crescita esponenziale dei contagi non si ferma.

Mancano i tracciatori

Mancano i tracciatori, ovvero il personale. Secondo quanto rivelato pochi giorni fa dal Sole 24 Ore, che citava dati riservati dell’Istituto superiore di Sanità, nelle Regioni attualmente ci sono solo 9mila "tracciatori", coloro che devono chiamare, registrare ed eventualmente mettere in isolamento gli oltre 100mila contatti a rischio che emergono ogni giorno. Non abbiamo usato i mesi estivi per implementare le risorse umane da mettere a disposizione del tracciamento. Il decreto rilancio a maggio scorso aveva stanziato i soldi per le assunzioni: nei fatti sono stati assunti  275 tracciatori da giugno a ottobre. Troppo pochi.

A Milano l’Ats si arrende: "Non riusciamo più a tracciare tutti i contagi, a mettere noi attivamente in isolamento le persone – ha detto lunedì il direttore Vittorio Demicheli –. Chi sospetta di aver avuto un contatto a rischio o sintomi stia a casa". La percentuale tra tamponi e nuovi positivi ieri ha toccato la soglia del 9%. Dovrebbe essere al massimo del 5% per considerare l'epidemia sotto controllo.

Come funziona in teoria il tracciamento

Quando viene accertato un caso positivo, il personale dell'azienda sanitaria di riferimento lo prende in carico e procede ad una telefonata di comunicazione sulle indicazioni da seguire. Da qui scatta il contact tracing, ossia  l’attività che individua le persone più a rischio tra quelle che il soggetto positivo ha incontrato nei 7 giorni precedenti alla diagnosi. L'indagine inizia dal positivo, al quale vengono poste una serie di domande per ricostruire l’anamnesi clinica del soggetto, capire quindi se ha patologie particolari. Allo stesso viene chiesto di fornire informazioni sui 7 giorni precedenti al contagio, indicando in quali posti è stato e quali persone ha incontrato.

Dopo che sono state acquisite le informazioni, si procede a mettere in quarantena i conviventi del positivo, a dare loro indicazioni su precauzioni, e a programmare in tempi ragionevolmente brevi il tampone. L’indagine si allarga successivamente ai contatti stretti, ossia, come da linee guida ministeriali, a coloro che sono stati a contatto con il positivo per più di 15 minuti senza mascherina e senza la distanza di un metro in un luogo chiuso oppure che ha avuto contatti fisici diretti. Non tutte le persone che hanno incontrato un positivo sono da considerarsi un contatto stretto, e quindi anche la prescrizione del tampone avviene a seconda dei casi. Ogni positivo sviluppa in media dai 10 ai 15 contatti stretti: questi vengono messi in quarantena per 14 giorni, ma non sempre è necessario sottoporli a tampone, se sono asintomatici. Stando alle ultime indicazioni ministeriali, l’isolamento può durare anche 10 giorni se viene effettuato tampone con esito ovviamente negativo.

In Germania è stata annunciata l'assunzione a breve di 10mila persone per il tracciamento dei contagi. In Italia invece dare torto a quelli che ritengono che i soldi buttati, ad esempio, sui banchi a rotelle dovessero essere investiti per mettere in atto strutture adeguate per tracciamento e tamponi diventa sempre più complesso. Il banco più importante, quello del tracciamento, è saltato. O si cambia totalmente impostazione, magari con test rapidi anche se meno precisi dei tamponi, o inseguire il tracing ora è una chimera.

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