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Giovedì, 25 Aprile 2024
A che punto siamo

Come l'Europa ha messo il turbo sui vaccini. E l'Italia non accelera

Record di somministrazioni in Spagna e Germania. Anche la Francia ha superato il tetto delle 500mila fiale inoculate. In Italia siamo ancora lontani dall'obiettivo fissato dal commissario Figliuolo. Il problema principale è la ridotta disponibilità di dosi, ma i rallentamenti nelle consegne sono solo una parte della storia

L'Europa corre sui vaccini anti covid e l'Italia non accelera. Ecco qualche dato: la Francia ha superato il tetto delle 500mila fiale inoculate; la Spagna ha raggiunto ieri oltre 450mila somministrazioni, grazie soprattutto ai centri vaccinali moltiplicati in pochi giorni. La Germania, che sta coinvolgendo attivamente anche i medici di base, ha superato quota 700mila dosi in 24 ore. E noi? Ieri in Italia sono state fatte almeno 291.157 somministrazioni (i dati di venerdì 9 aprile non sono ancora consolidati).

La campagna vaccinale nostrana marcia verso la quota di 300mila dosi quotidiane fissata come step di passaggio verso il mezzo milione di somministrazioni al giorno, obiettivo da raggiungere a fine aprile secondo il piano del commissario all'emergenza, generale Francesco Paolo Figliuolo, che poche ore fa ha emesso un'ordinanza per ribadire i criteri di priorità per accedere ai vaccini: prima gli over 80 e le persone indicate nelle categorie fragili. Il traguardo fissato dal commissario chiamato da Draghi al posto di Domenico Arcuri però è ancora lontano.

Meno del 40% degli over 80 vaccinati

A più di tre mesi dall'inizio della campagna di vaccinazioni contro il coronavirus, solo il 38,79% degli over 80 nel nostro Paese è stato vaccinato anche con il richiamo mentre il 68,20% ha ricevuto solo la prima dose. È il dato riportato nel report del governo aggiornato a questa mattina e dal quale emerge come siano molto più basse le percentuali che riguardano gli italiani tra i 70 e i 79 anni. In quella fascia d'età, infatti, è stato vaccinato solo il 2,48% e solo il 19,89% ha ricevuto la prima dose. Numeri più alti invece per gli ospiti delle Rsa: ne sono stati vaccinati il 75,53% mentre la prima dose è stata somministrata al 91,25%, e per il personale sanitario e sociosanitario: le percentuali sono del 75,29% con due dosi e del 91,63% con una dose.

Perché si procede ancora a rilento? Anche se nell'ultima settimana le dosi di vaccino anti covid somministrate in Italia sono state 2.008.057, uno dei migliori risultati mai raggiunti finora, le regioni lanciano l'allarme per le mancate consegne e le scorte esigue.

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Il problema principale è la ridotta disponibilità di dosi, ma questo vale anche per gli altri Paesi europei. Pfizer ha ridotto le consegne, mentre il vaccino monodose della casa farmaceutica statunitense Johnson&Johnson è stato autorizzato l'11 marzo, ma non viene ancora inoculato in nessuno dei 27 Paesi Ue, anche se è previsto in consegna nelle prossime settimane. L'Europa ha già prenotato 200 milioni di dosi entro il 2021. All'Italia dovrebbero arrivarne circa 26-27 milioni. Il vaccino russo Sputnik V rimane ancora in attesa dell'ok dell'Ema, l'Agenzia europea dei medicinali. Anche i rifornimenti di AstraZeneca hanno subìto tagli, oltre al fatto che molti cittadini in questi mesi sono stati e sono tuttora diffidenti - malgrado le evidenze scientifiche - sul preparato dell'azienda anglo-svedese consigliato solo agli over 60.

Vaccinare le categorie sbagliate

Insomma, le complicazioni non sono poche. E in tutta franchezza i disagi nelle consegne sono solo una parte del problema, fatto di difficoltà organizzative nelle regioni (ricordiamo il caso Lombardia solo per citarne uno) e di scelte azzardate, come quella di inserire tra le categorie prioritarie per le somministrazioni anche persone meno a rischio degli anziani. Senza dimenticare chi ha saltato la fila.

Matteo Villa, ricercatore dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), fa notare che "con le stesse, identiche dosi pro capite, al 20 febbraio noi avevamo vaccinato il 6% degli over 80, Francia e Germania il 22%. Ora il divario, amplissimo, lo denunciamo sui 70-79 anni. Nel nostro modello con vaccinazioni "ideali", per esempio, sarebbe stato sufficiente vaccinare i sanitari in due mesi anziché uno (fatto da Francia e Germania), e poi andare solo per fasce d'età, per evitare a oggi 12.000 morti anziché 4.000".

"Dopo tre mesi dall'inizio degli effetti dei primi #VacciniCovid - continua il ricercatore - contiamo 33.000 morti. Sarebbero stati 37.000 senza vaccino. Ma sarebbero potuti essere 25.000. Una strategia sbilanciata, i ritardi delle regioni e i furbetti del vaccino ci hanno portato qui". La conclusione è amara: "Chiudere tardi moltiplica i decessi e ci tiene in rosso più a lungo. Vaccinare le categorie sbagliate di persone ritarda il momento in cui andrà meglio, per tutti. Due lezioni su Covid-19 che conosciamo da tempo, ma che continuiamo a ignorare", scrive Villa.

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