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Sabato, 20 Aprile 2024
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Vaccini: come vanno le cose in Italia e perché siamo vicini alla svolta

Al netto di ulteriori tagli alle forniture, entro fine marzo potrebbero arrivare fino a 11 milioni di dosi (nella migliore delle ipotesi). Finora il nostro Paese ha viaggiato al ritmo di 65-70mila somministrazioni al giorno, troppo poche per sperare nell'immunità di gregge entro fine anno. E sugli over 80 siamo molto in ritardo

Sui vaccini ora si può accelerare? Finora l’Italia ha viaggiato ad un ritmo di 65/70mila dosi al giorno, troppo poche per raggiungere l’immunità di gregge entro la fine dell’anno, figuriamoci per vaccinare “tutti gli italiani che vogliono farlo” entro la fine dell’estate, come da promessa del commissario Domenico Arcuri. Ma per sperare in un cambio di passo, bisogna intanto capire quanti vaccini saranno disponibili nelle prossime settimane. Stando alla tabella pubblicata sul sito del Ministero della Salute, nel primo trimestre dovremmo ricevere in totale circa 16 milioni di dosi (comprese le 450mila dosi consegnate da Pfizer a fine dicembre). Nel dettaglio, AstraZeneca si è impegnata a inviare almeno 4,1 milioni di dosi (con l'obiettivo di arrivare fino a 5,3),  Moderna 1,3 milioni e Pfizer 7,8 milioni. Ci sono poi 6,6 milioni di dosi aggiuntive che Pfizer-BioNTech dovrebbe consegnare tra il primo e il secondo trimestre: da quanto è possibile desumere dal tabella, circa 1,6 milioni potrebbero arrivare entro fine marzo. 

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Vaccini: quante dosi arriveranno in Italia a marzo

Le case farmaceutiche con cui l’Ue ha sottoscritto gli accordi, finora ci hanno consegnato appena 4,7 milioni di dosi. Nella migliore delle ipotesi, e al netto di ulteriori ritardi, nelle prossime cinque settimane potrebbero arrivare oltre 11 milioni di dosi di vaccino. Si tratta - meglio premetterlo - di una previsione ottimistica, ma anche mettendo in conto ulteriori tagli alle forniture l’Italia dovrebbe avere vaccini a sufficienza per arrivare a somministrare (almeno) 200mila dosi al giorno. Un ritmo che considerando le dosi di richiamo non sarebbe ancora sufficiente per immunizzare tutta la popolazione entro la fine dell’anno, ma che ci consentirebbe almeno di mettere in sicurezza le categorie fragili nel giro di poche settimane. Ce la faremo? Le premesse non sembrano buone: nel momento in cui scriviamo, le dosi somministrate sono appena 3,6 milioni, il 77% del totale delle fiale arrivate alle regioni. Ma ci sono differenze anche importanti tra i vari territori: Toscana e Campania hanno utilizzato rispettivamente l’89 e 84% delle dosi, Calabria e Liguria poco più del 60%.

Regioni Dosi somministrate Dosi consegnate %
Valle d'Aosta 11.551 11.470 100,7
P.A. Bolzano 52.089 56.165 92,7
Toscana 257.218 288.680 89,1
Campania 319.427 379.755 84,1
Emilia-Romagna 334.272 417.900 80
Piemonte 311.013 392.470 79,2
Lazio 350.870 444.780 78,9
Friuli-Venezia Giulia 92.035 116.965 78,7
P.A. Trento 36.044 46.770 77,1
Lombardia 594.674 773.800 76,9
Abruzzo 65.679 86.670 75,8
Marche 80.783 107.000 75,5
Veneto 291.549 394.530 73,9
Puglia 194.750 267.415 72,8
Sicilia 273.971 380.925 71,9
Molise 17.875 25.595 69,8
Basilicata 31.416 45.225 69,5
Umbria 39.793 58.405 68,1
Sardegna 75.715 113.700 66,6
Liguria 94.062 147.950 63,6
Calabria 83.859 136.290 61,5

Le regioni hanno usato poche dosi AstraZeneca

E non è tutto. Secondo SkyTg24, le regioni hanno usato solo il 20% delle 542mila dosi AstraZeneca ricevute. E dire che il vaccino prodotto dalla multinazionale britannico-svedese prevede la somministrazione della seconda dose ad una distanza di 4-12 settimane, come ha specificato di recente la stessa Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). Ciò significa che le regioni possono usare tutte le fiale che ricevono, senza doversi preoccupare di conservare dosi di riserva in vista del richiamo. Anche in questo caso però le differenze tra le regioni sono macroscopiche: come ha spiegato su facebook il governatore Eugenio Giani, in Toscana sono state somministrate il 96% delle dosi AZ disponibili, in altre regioni evidentemente la percentuale è molto più bassa. 

Finora il collo di bottiglia è stato la mancanza di vaccini, ma già questa settimana dovrebbero arrivare 1,15 milioni di dosi tra Pfizer e Moderna, mentre solo due giorni fa - annunciando l’ennesimo ritardo - AstraZeneca ha affermato di essere al lavoro "per rispettare l’impegno di consegnare all’Italia 4,2 milioni di dosi nel primo trimestre, con l’obiettivo di superare i 5 milioni". A partire dal mese di aprile, la campagna vaccinale dovrebbe subire una nuova accelerazione grazie alle prime consegne di Johnson & Johnson (si parla di 7,3 milioni di dosi entro fine giugno), il cui vaccino prevede una sola somministrazione, e ad una massiccia fornitura in arrivo da Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Il tutto, ovviamente, salvo ulteriori tagli alle forniture.

È dunque verosimile pensare che tra poco più di un mese la campagna vaccinale entrerà nel vivo, ma già nei prossimi giorni qualcosa inizierà a muoversi come ha confermato il direttore della Sanità veneta Luciano Flor. "Dal 22 febbraio al 31 marzo abbiamo una fornitura comunicata di 610.000 dosi. Quindi a marzo possiamo vaccinare decisamente di piu' rispetto a quanto fatto finora" ha detto il dirigente oggi in conferenza stampa dalla sede della Protezione civile regionale a Marghera. "Questo vuol dire aggiornare il nostro calendario, anche alla luce della nuova scheda di Astra Zeneca che ci consente di utilizzarlo per i soggetti fino a 65 anni".

Come vanno le vaccinazioni in Italia (rispetto al resto del mondo)

Siamo pronti? Ieri le vaccinazioni sono state 96mila, un numero ancora troppo basso se paragonato a quelli altri Paesi (pensiamo ad esempio al Regno Unito dove si viaggia ad un ritmo di oltre 400mila dosi al giorno). Ma in realtà è tutta l’Ue ad essere in ritardo. Con il 3,6% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino (fonte Our World in Data), l’Italia si colloca dietro Spagna (3,8%), Francia (3,8%), Germania (4%), Polonia (4,7%), Danimarca (5,3%), Turchia (6,5%) e Serbia (11,8%). Non parliamo neanche di Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele che giocano in un’altra categoria. A scanso di equivoci va anche detto che se prendiamo come riferimento le due dosi, il nostro Paese precede Francia, Germania e Turchia, anche se siamo comunque dietro a Slovenia, Portogallo, Danimarca, Spagna, Lituania e Polonia. 

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E c’è di più: come ha fatto notare di recente l’Ipsi, l’Italia è tra gli ultimi paesi dell’UE per le vaccinazioni anti-Covid agli ultraottantenni. Il governo Conte ha deciso (legittimamente) di dare la precedenza assoluta al personale sanitario, a svantaggio però delle categorie più deboli. Continuando ai ritmi dell’ultima settimana, spiegava ieri su Twitter Matteo Villa, riusciremo a vaccinare l’80% degli over 80 non prima del 5 luglio. 

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