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Sabato, 23 Settembre 2023
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La storia della "variante giapponese" del coronavirus (è vero che resiste ai vaccini?)

In un ospedale di Tokyo è stato individuato in 10 pazienti un ceppo che presenta una mutazione della proteina Spike già trovata in altre varianti (E484k). Il virologo Roberto Burioni spiega che non è il caso di fasciarsi la testa

Ma è vero che in Giappone (e chissà dove) si sta diffondendo una variante del coronavirus che sfugge agli anticorpi e resiste ai vaccini o ne riduce l'efficacia? La notizia ha trovato ampio spazio su molte testate nazionali, ma finora della "mutazione giapponese", ammesso che sia davvero giapponese, sappiamo ben poco. L’agenzia Reuters, citando l’emittente giapponese NHK, scrive che circa il 70% dei pazienti testati a marzo in un ospedale di Tokyo (il Medical and Dental University Medical Hospital), risultava positivo alla mutazione E484K, conosciuta anche con il nome di "Eek".

La Reuters aggiunge in un altro lancio che "una variante di COVID-19 (di cui non si fa il nome, ndr) scoperta per la prima volta in Gran Bretagna ha preso piede nella regione di Osaka, diffondendosi più velocemente e riempiendo i letti degli ospedali" e cita un consigliere del governo giapponese, Koji Wada. Sembra di capire, anche se la materia resta nebulosa, che la variante di cui si parla altro non sia che una particolare evoluzione della variante inglese individuata già a febbraio in una manciata di casi  dai ricercatori del Public Health England e che presenta caratteristiche comuni con le varianti brasiliana e sudafricana (la mutazione E484K).

Cosa sappiamo sulla presunta "variante giapponese" Eek

Una simile mutazione, riferiva giorni fa il New York Times, è stata individuata in un singolo paziente anche in Oregon, ma il virus in questo caso sembra essersi evoluto in modo indipendente dalla mutazione della variante inglese B.1.1.7. Così sembra essere successo anche a Tokyo dove la mutazione E484K è stata trovata in 10 casi sui 14 testati al Tokyo Medical and Dental University Medical Hospital: nessuna delle persone colpite da questa variante aveva viaggiato all’estero o era entrata in contatto con persone che lo avevano fatto di recente. Il che lascia presuppore che la variante non sia stata importata. Benché le autorità si stiano occupando seriamente del problema delle mutazioni, in Giappone la situazione resta comunque ampiamente sotto controllo: ieri i casi registrati sono stati appena 2.707 su una popolazione di oltre 126 milioni di abitanti. Un’inezia.

Dobbiamo preoccuparci della "variante giapponese" Eek? Al momento non risulta ci siano studi specifici nei confronti di questo particolare ceppo del virus, di cui sappiamo a malapena che condivide la mutazione della proteina spike E484k con varianti già note. Non mancano comunque i motivi per essere ottimisti. Secondo una ricerca realizzata in Texas e pubblicata di recente dal New England Journal of Medicine, il vaccino Pfizer-BioNTech sembra ad esempio molto efficace contro la variante brasiliana (la stessa che sfugge agli anticorpi dei guariti ed è spesso capace di reinfettare) e ha mostrato un'efficacia "robusta, ma inferiore" contro la variante del Sud Africa.

Sul caso è intervenuto il virologo del San Raffaele Roberto Burioni che ha rassicurato tutti spiegando che "la variante EEK non aggira per nulla i vaccini più efficaci" di Pfizer e Moderna e che peraltro "i vaccini 'meno efficaci' sono comunque molto efficaci nel proteggere (in generale) dalla malattia grave. Il fatto è che due dei vaccini (quelli a mRNA) sembrano proprio essere qualcosa che non ha paragoni, di un'altra categoria". Non è il caso di fasciarsi la testa.


 

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