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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Ha ragione?

"La variante inglese non dà una malattia più grave"

Lo ha detto Pierluigi Lopalco. La mutazione identificata con la sigla B.1.1.7 spaventa soprattutto per la sua maggiore trasmissibilità. I primi dati sull'aumento del rischio di ospedalizzazione e morte sono ancora preliminari e da confermare

"Abbiamo segnali che la variante inglese sta prendendo il sopravvento sulle altre varianti. Questo succede quando una variante è più contagiosa", ma "non abbiamo segnali che chi sia infettato con questo ceppo abbia avuto una malattia più grave". Lo ha spiegato l'assessore alla Salute della regione Puglia, Pierluigi Lopalco, in un'intervista al TgR Puglia. "Questo però - ha precisato - non ci deve fare rilassare perché già il fatto che una variante possa essere più contagiosa" significa che "aumenterà il numero di infezioni" e di conseguenza "purtroppo aumenteranno i ricoveri. Dobbiamo prevenire l'infezione da qualunque variante", haconcluso Lopalco. 

Ha ragione Lopalco? La variante inglese è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020. È monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata ed è stata ipotizzata anche una maggiore patogenicità, ma al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull'efficacia dei vaccini. Fino a questo momento, spiega l'Istituto superiore di sanità, non sembra causare sintomi più gravi in nessuna fascia di età. La malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi di tutte le altre varianti del virus. In termini di trasmissibilità la variante inglese manifesta un aumento per tutte le fasce di età, compresi i bambini.

Cosa dicono i primi dati sulla letalità della variante inglese

La variante inglese di Sars-CoV-2, identificata con la sigla B.1.1.7, è "più contagiosa dal 30% al 50%" rispetto agli altri ceppi in circolazione ed è associata "ad un aumento del rischio di ospedalizzazione e morte", secondo le conclusioni preliminari a cui è arrivato il New and emerging respiratory virus threats advisory group (Nevrtag), cioè la controparte britannica del nostro Comitato tecnico scientifico. Il team di esperti, che assiste Downing Street nella gestione della pandemia, ha analizzato dodici studi indipendenti condotti nel Regno Unito sulla variante inglese e ha fornito il suo primo responso. Solo nelle prossime settimane, però, in concomitanza "con un ulteriore consolidamento dei dati", potranno essere elaborate delle analisi definitive.

La variante inglese spaventa soprattutto per la sua maggiore trasmissibilità: è questa finora l'unica certezza. Quanto ai dati preliminari che indicherebbero anche una maggiore letalità, il virologo Andrea Crisanti è stato cauto: "Sulla letalità c'è ancora un dibattito, perché è molto difficile discriminare l'effetto sulla saturazione del sistema sanitario. Quando ci sono molti casi, chiaramente le persone vengono anche curate meno bene, quindi è molto difficile districare questo fattore confondente", ha detto il professore dell'università di Padova.

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