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Venerdì, 19 Aprile 2024
L'intervista

Perché ci piacciono così tanto i truffatori

"L'italiano purtroppo ha questa passione per innamorarsi dell’intelligente che non si applica" spiega Alessandro Garramone, creatore della serie tv Wanna in un'intervista a Today.it

Wanna Marchi ha fatto scuola: le truffe al telefono sono tornate, o forse non sono mai andate via. E con il supporto di social network e applicazioni hanno letteralmente cambiato faccia. Ne è convinto Alessandro Garramone, creatore della serie tv Wanna che sta spopolando su Netflix. In un'intervista a Today.it il giornalista imolese autore della serie tv ha dichiarato che il telemarketing moderno è diventato solo "più noioso", ma questo non vuol dire meno pericoloso. A destare "curiosità" sono ora quelle nuove tecniche di vendita sui social che interessano soprattutto i giovanissimi e che puntano sull'ostentazione del proprio stile di vita per convincere i possibili acquirenti. 

Non come negli anni ’80 quando eravamo noi a chiamare le tv private per comprare tappeti, orologi e creme dimagranti. Era il periodo dei bazar nelle tv locali, il periodo d’oro delle televendite, quello in cui è esploso il ‘fenomeno’ Wanna Marchi.

Il telemarketing dagli anni ’80 ad oggi

"Pronto, le interessa cambiare fornitore del gas?" Quante volte abbiamo ricevuto telefonate indesiderate durante una riunione di lavoro oppure la sera nel bel mezzo di una cenetta in famiglia? È successo a tutti, più e più volte. Colpa del telemarketing selvaggio, che con una telefonata diretta al consumatore cerca di agganciare la ‘preda’ per concludere la vendita. Il telemarketing dei giorni nostri è diventato una sorta di "pesca a strascico", molto diverso da quello raccontato nella docu-serie. Negli anni ’80 il telemarketing interveniva nel momento in cui una persona, dopo aver visto una televendita, chiamava da casa un numero di telefono ed entrava direttamente in un rapporto uno ad uno con un centralinista. Con il passare degli anni il telemarketing è cambiato: "Oggi punta esclusivamente sulla statistica. Se io faccio milioni di chiamate avrò migliaia di occasioni" spiega Garramone. Oggi l'intero comparto genera un giro d'affari da 4 miliardi di euro l’anno, con la vendita telefonica di beni e servizi che produce un volume, per l'intera filiera, stimabile in 40 miliardi di euro.

Il confine tra telemarketing e truffa

La storia di Wanna Marchi ci insegna che i "centralinisti già dalle prime parole erano in grado di capire con chi si trovavano ad avere a che fare e quanto potesse essere ‘perforabile’ la difesa. Faccio un esempio: emerge dal processo a Wanna Marchi che non c’erano dei prezzi per i servizi, i prezzi erano lasciati all’intuito del centralinista che ti vendeva una bambolina benedetta dal Maestro a 100 mila lire o a 2 milioni, a seconda di quello che tu gli avevi raccontato".

"Un sistema che all’epoca funzionava molto perché sfruttava delle difese immunitarie nostre molto più basse. Può piacere o non piacere ma Wanna Marchi e gli altri televenditori prima di farsi chiamare ti offrivano uno show, uno show che in qualche modo ti convinceva e ti coinvolgeva".

Il telemarketing moderno tende ad essere sicuramente più freddo (riceviamo addirittura chiamate robotizzate). Questo potrebbe indurci a pensare che le truffe siano sempre più difficili, ma non è così. Se è vero che il "rapporto umano è più bello ma anche più pericoloso", come sostiene Garramone, è anche vero che con l’avvento di internet si possono raggiungere più persone e raccogliere moltissimi dati personali. Così la truffa invade anche i social.

Wanna Marchi la prima a capire l’importanza dei dati personali

Il telemarketing nel tempo è "rimasto sempre un po’ fermo nelle sue posizioni", anche se oggi "internet ti garantisce delle possibilità che anche solo fino a 15 anni fa erano incredibili". Stiamo parlando della raccolta dei dati personali dei clienti per indirizzare al meglio le proposte pubblicitarie. Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile avevano già capito negli anni ’80 che la raccolta dei dati personali dei clienti era fondamentale nel processo di vendita, anticipando di 20-30 anni l’evoluzione del marketing. Oggi, infatti, sappiamo tutti che i dati personali valgono oro e che vengono raccolti dalle società, dai social e dalle app non solo per un utilizzo interno ma anche per la cessione a terze parti per fini commerciali.

"Internet - sottolinea Garramone - aiuta la raccolta dei dati e aiuta a raffinarli. Per tornare alla mia esperienza con Wanna Marchi, una delle cose più geniali che ha fatto è capire che doveva elaborare i dati che venivano fuori dalle telefonate. Ogni volta che chiamava la signora Maria di Treviso il telefonista aveva una scheda in cui sapeva che la signora aveva perso il marito, andava a giocare a tombola dal prete e non bisognava chiamarla nelle ore non di cena perché c’era la figlia che si insospettiva. Quello era una capacità di utilizzare internet senza che esistesse internet, era una propria rete privata". Peccato però che Wanna Marchi l’abbia poi utilizzata in maniera sbagliata, sfruttando le debolezze delle persone. "Le fragilità sono dentro ognuno di noi - ricorda Garramone - se non percepisci che dall’altra parte ci possono essere delle fragilità non sei più un commerciante ma sei un truffatore".

Attenzione alla condivisione dei dati personali

E qui arriviamo all'altra protagonista di una storia che raccontando il passato ci fa riflettere sul presente. Wanna Marchi era sempre - o meglio è ancora - insieme alla figlia, Stefania Nobile. "È proprio Stefania ad aver avuto una grande intuizione: aveva capito quanto fosse importante raccogliere più dati possibili sui consumatori, o meglio sulle persone che chiamavano per acquistare i loro prodotti", ricorda Garramone.

Chi comprava una crema dimagrante veniva ricontattato nei giorni seguenti per sapere se stava funzionando. L’obiettivo era quello di instaurare un rapporto sempre più stretto per vendere altri prodotti. Un metodo che ha funzionato e che ha fatto la fortuna dell’impero Wanna Marchi. Ora sono i social network e le app a raccogliere i dati dei consumatori. Alcune app, infatti, condividono i dati personali degli utenti con applicazioni di terze parti, per una pubblicità sempre più mirata. Instagram risulta essere tra le prime 10 app in fatto di condivisione di informazioni personali con altre società, con l’incredibile dato del 79%. A seguire - secondo una indagine di pCloud - troviamo Facebook con un 57% e poi LinkedIn e Uber Eats con un 50%.

"La truffa è un reato sottovalutato"

C'è una novità peculiare dei social network: le vendite dei corsi di marketing online. A catturare l'attenzione di studiosi come Garramone sono soprattutto i metodi con cui vengono proposti ai ragazzi. Giovanissimi esperti di marketing - spesso dichiaratamente senza alcun tipo di formazione accademica - puntano sull’ostentazione del proprio stile di vita per vendere spesso se stessi, per non dire poco più che aria. "L’idea è: se tu compri questo corso potrai diventare ricco come me".

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"La truffa è un reato sottovalutato, si minimizza pensando che la truffa non causa né morti né feriti", dichiara l'autore della serie tv sottolineando come spesso si solidarizza più con il furbo truffatore che con la povera vittima.

"Quando sei molto furbo e freghi qualcuno sotto sotto mi stai molto più simpatico di quello che si fa fregare. Perché l’italiano purtroppo ha questa passione per innamorarsi dell’intelligente che non si applica. Massimo risultato minimo sforzo, è quasi una cosa di cui vantarsi".

Il fenomeno Wanna Marchi è lampante in questo: dati alla mano sono stati censiti 305.000 clienti, solo 140 hanno deciso di denunciare. "Io non credo che le persone colpite da quella truffa - spiega Garramone ricordando come la sentenza sia definitiva - non credo fossero 140".

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