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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Zone rosse e arancioni per altri due mesi e nove regioni a rischio

Il report 36 dell'Iss segnala la diminuzione dell'indice di contagio e dell'incidenza ma chiede di mantenere le misure dell'emergenza. Fino a quando? Forse altri 60 giorni, dicono gli esperti. Mentre il piano vaccinale rallenta

Il sistema di zone rosse e arancioni va mantenuto per altri due mesi. Lo spiega oggi Francesco Forastiere, epidemiologo, professore all’Imperial College di Londra mentre dopo cinque settimane di costante aumento l'indice di contagio Rt comincia a scendere esi attesta sotto l'1 e il Report 36 del ministero della Salute e dell'Istituto Superiore di Sanità nella sintesi della Cabina di Regia Benessere Italia  segnala finalmente "una lieve diminuzione della incidenza dei casi (145,20 per 100.000 abitanti). 

Zone rosse e arancioni per altri due mesi e nove regioni a rischio

Ieri il caso Lombardia ha rallentato la pubblicazione dei dati e, conseguentemente, l'ordinanza del ministro Roberto Speranza che ha portato la regione di Attilio Fontana in zona arancione insieme alla Sardegna. "L’epidemia - scrivono gli esperti - resta in una fase delicata ed un nuovo rapido aumento nel numero di casi nelle prossime settimane è possibile, qualora non venissero mantenute rigorosamente misure di mitigazione sia a livello nazionale che regionale. L’attuale quadro a livello nazionale sottende infatti forti variazioni interregionali con alcune regioni dove il numero assoluto dei ricoverati in area critica ed il relativo impatto, uniti all’elevata incidenza impongono comunque incisive misure restrittive".

Ma la buona notizia è che nel periodo che va dal 30 dicembre 2020 al 12 gennaio 2021 l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,97 (range 0,85– 1,11), in diminuzione dopo cinque settimane di crescita. Ma l’incidenza è ancora lontana da livelli che permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e tracciamento dei loro contatti. Di più: complessivamente sono nove le regioni ancora classificate a rischio alto o ad alto rischio di progressione a rischio alto nelle prossime settimane: quattro a rischio alto, (erano 11 la settimana scorsa), 11 con rischio moderato (di cui cinque ad alto rischio di progressione a rischio alto nelle prossime settimane) e sei con rischio basso. Ce ne sono due, ovvero Sicilia e Puglia, che hanno un Rt puntuale maggiore di 1 anche nel limite inferiore, compatibile quindi con uno scenario di tipo 2. Le altre hanno un Rt puntuale compatibile con uno scenario tipo uno. L'Umbria e la provincia autonoma di Bolzano sono state classificate a rischio alto per la terza settimana consecutiva mentre dodici hanno un tasso di occupazione in terapia intensiva sopra la soglia critica anche se il numero di persone ricoverate in terapia intensiva è in diminuzione da 2.636 (12/01/2021) a 2.487 (19/01/2021). Secondo la sintesi nazionale:

  • sono in una classificazione "moderata ad alto rischio di progressione a rischio alto": Lazio, Marche, Molise, PA Trento, Valle d'Aosta; 
  • sono in una classificazione di rischio alta: la provincia autonoma di Bolzano, la Sardegna, la Sicilia, l'Umbria;
  • sono in una classificazione di rischio moderata: Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Puglia, Veneto;
  • sono in una classificazione di rischio bassa: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria e Toscana. 

La regione che riporta "molteplici allerte di resilienza" è la Sicilia mentre nel resto d'Italia si osserva una generale diminuzione. Per questo "L’attuale quadro a livello nazionale sottende infatti forti variazioni inter-regionali con alcune regioni dove il numero assoluto dei ricoverati in area critica ed il relativo impatto, uniti all’elevata incidenza impongono comunque incisive misure restrittive". Ovvero le zone rosse, arancioni e gialle. 

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Non è finita e non finirà presto: le zone rosse fermano l'epidemia

Per questo non siamo ancora fuori dall'epidemia e, a prescindere dall'esistenza di un piano del governo per cento giorni di aree a colori (smentito da Speranza), l'impressione è che non sia finita né finirà presto. Il report continua a consigliare "di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone. È fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile". Fino a quando? Forastiere nell'intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera pronostica almeno altri due mesi di zone rosse ed arancioni, visto che l"’impatto dell’epidemia anche se la diminuzione dei casi osservata nell’ultimo monitoraggio non è sufficientemente rapida. La flessione è frutto dei divieti di spostamento in vigore nel periodo natalizio e nei primi giorni di gennaio".

E sul tasso di incidenza c'è poco da festeggiare, visto che ancora oggi è al triplo di quello necessario per considerare l'epidemia di coronavirus Sars-CoV-2 sotto controllo: "Si attribuisce troppa importanza all’Rt. Bisogna guardare anche il tasso di incidenza settimanale. Immaginiamo di essere alla guida di un’auto. L’incidenza rivela a che velocità andiamo, mentre l’Rt indica quanto stiamo accelerando. Tutte e due le informazioni sono necessarie". Ma soprattutto, uno studio del suo gruppo dice che a funzionare tra le restrizioni sono soprattutto le zone rosse: "Il declino importante dei casi si è visto nelle Regioni rosse al nord come al centro sud. Nelle aree arancioni il calo è stato minore e disomogeneo, mentre il giallo non ha funzionato in modo omogeneo". E quindi "In questa fase epidemiologica possono funzionare solo restrizioni rigide ed è giusto quanto si è fatto recentemente abbassando le soglie al di sopra delle quali le Regioni entrano in rosso. È indispensabile".

Il tutto potrebbe accelerare insieme al piano vaccinale, che però in questo momento ha qualche difficoltà: a causa di un problema in impianto di produzione, AstraZeneca ha fatto sapere che non sarà in grado di consegnare le dosi concordate nelle prossime settimane. L’impatto non è stato quantificato ufficialmente, ma fonti Ue spiegano a La Stampa che tra febbraio e marzo la fornitura rischia di essere "più che dimezzata". Anche per questo si esplorano nuove strade: il vaccino russo Sputnik V (grazie alla sponda di Merkel) ha avviato i contatti con l’Ema per un’eventuale approvazione, mentre l’Ungheria ha già dato il suo via libera, che le consentirà di utilizzare le dosi acquistate (2 milioni). Intanto il commissario all'emergenza Domenico Arcuri dice che "La riduzione del 20% della fornitura dei vaccini Pfizer non è una stima. È una triste certezza. Purtroppo con Pfizer e nella quotidiana applicazione della gestione dell’emergenza io non sono più a mio agio con le stime. Non mi servono le rassicurazioni, mi servono i vaccini". E promette cause contro la multinazionale farmaceutica. Ma purtroppo i tribunali non hanno mai immunizzato nessuno.

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