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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Quali regioni sperano di finire in zona bianca

La proposta potrebbe rientrare nel nuovo Dpcm e nel decreto legge che il governo varerà entro il 15 gennaio. E prevede bar e ristoranti aperti, niente coprifuoco e libertà di circolazione per i cittadini. Ma i parametri per accedervi sono stringenti. Ecco chi ci si avvicina

Ancora non si sa se verrà chiamata zona bianca o zona verde. Anzi, di più: non si sa nemmeno se verrà davvero istituita "per dare una speranza" nel decreto legge e/o nel Dpcm che il governo Conte ha intenzione di varare entro il 15 gennaio. Eppure le aree a minori restrizioni le sognano oggi molte regioni, perché definirebbero un quadro che si avvicina molto alla normalità dopo quasi un anno di emergenza e limitazioni. Ma i numeri ancora non ci sono. Anche se per Abruzzo, Toscana e Liguria c'è qualche speranza. Ma c'è chi, come Massimo Andreoni, contesta i test e i numeri. 

EDIT ore 11,06: È in corso la riunione tra il governo e le regioni con al centro le nuove misure restrittive che entreranno nel nuovo Dpcm in vigore dal 16 gennaio. All'incontro, convocato dal ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, partecipa anche il ministro della Salute Roberto Speranza e i rappresentanti di Anci e Upi. Tra i governatori sono presenti Fontana, Bonaccini, Toti, De Luca, Marsilio, Toma e Spirlì. 

Quali regioni sperano di finire in zona bianca

La proposta di istituire una zona bianca è arrivata la scorsa settimana durante il vertice di governo dell'8 gennaio da parte del ministro della Cultura Dario Franceschini, appoggiato dal collega Alfonso Bonafede. Per accedervi ci sono due parametri in ballo: l'indice di contagio Rt al di sotto di 0,50 e l'incidenza di casi su centomila abitanti in una settimana inferiore a cinquanta. Nella zona bianca: 

  • non dovrebbe essere in vigore il coprifuoco dalle 22 alle 5 (altrimenti non avrebbe senso tenere aperti bar e ristoranti);
  • non dovrebbero esserci limitazioni all'apertura e al servizio di bar, ristoranti, pub, locali pubblici in generale; 
  • dovrebbero riaprire, con regole e limitazioni simili a quelle introdotte durante il primo lockdown, palestre e piscine attraverso un protocollo da stilare tra gli operatori e il ministero della Salute e dello Sport;
  • dovrebbero riaprire, con regole e limitazioni simili  a quelle introdotte durante il primo lockdown, musei, mostre, teatri, cinema e sale da concerto attraverso un protocollo da stilare tra gli operatori e il ministero della Salute e della Cultura. 

Ma, come abbiamo segnalato, per ora nessuna regione rientra nei parametri che il governo dovrebbe porre a guardia di quella che invece il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico Agostino Miozzo ha definito invece zona verde durante un'intervista a Sky Tg 24 e dove rimarrebbe obbligatoria la mascherina all’aperto e al chiuso, il distanziamento di almeno un metro tra le persone, il divieto di assembramento e l’obbligo di disinfettare le mani prima di entrare nei locali e anche quando si entra in contatto con le altre persone. Ma sarebbero più o meno liberi gli spostamenti in quello che potrebbe essere definito come un percorso di transizione verso la normalità. 

Lo stato d'emergenza fino ad aprile, il nuovo Dpcm e il no al lockdown delle Regioni che rischiano la zona rossa

Come si arriva in zona bianca

Il Messaggero spiega oggi che tutte le Regioni sono lontane dal raggiungimento dei parametri che paraltro cambiano ogni settimana e che quelle che hanno meno contagi in proporzione alla popolazione in questa fase sembrano essere Toscana, Abruzzo e Liguria. Secondo i conti dello scienziato Paolo Spada sul blog Pillole di Ottimismo invece con i dati aggiornati a ieri, 10 gennaio 2021, l'incidenza di positivi ogni centomila abitanti negli ultimi sette giorni vede agli ultimi posti la Toscana (con 85 positivi ogni centomila abitanti), la Sardegna(118), la Calabria (120), la Campania (127), il Molise (136), l'Abruzzo (137), la Valle d'Aosta e la Basilicata (138). 

La media italiana attuale è 201. Ma il governo non ha ancora fatto sapere quale orizzonte temporale verrà utilizzato per decidere la collocazione in zona rossa delle regioni e nemmeno se l'incidenza sarà a 7 o a 14 giorni (il report settimanale dell'Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute comunica entrambi i dati). Nel monitoraggio vengono utilizzati i dati della settimana precedente ma la stima dell'incidenza è un parametro che si può aggiornare anche giorno per giorno. Insomma, la strada per la zona bianca è ancora lontana. 

Anzi, secondo gli esperti bisognerebbe andare in un'altra direzione. Ne parla lo stesso Miozzo proprio in un'intervista al Messaggero: l'ondata del dopo Natale? "Ce la aspettiamo per la fine della prossima settimana". "Purtroppo, però - premette Miozzo - qui c'è la considerazione drammatica alla quale ormai siamo arrivati dopo un anno di restrizioni larghe, strette, di provvedimenti rigorosi e meno rigorosi. E cioé che, dopo un anno così, è chiaro che il Paese sia in grande sofferenza. In alcune categorie sono alla disperazione: spettacolo, turismo, ristorazione, sport. Quindi, pur rendendoci conto che ovviamente la soluzione migliore sarebbe quella che abbiamo preso a marzo-aprile, ovvero il lockdown totale e nazionale, non possiamo più farlo". "Ecco perché - continua il coordinatore del Cts - sono state immaginate decisioni dure, severe, restrittive, attraverso nuovi parametri che tentano di aiutarci ad abbassare l'incidenza, pero' cercando di convivere con la pandemia e soprattutto facendo in modo che alcuni settori della vita economica e sociale del Paese possano riprendere". "L'immunita' di gregge - ricorda Miozzo - non arriverà prima della fine dell'estate, inizio autunno. Dovremo convivere con il Covid forse per qualche anno, anche se la vaccinazione ci consentirà di non provare più la paura che ci sta facendo adesso"."

"I nuovi criteri per la zona rossa non bastano"

Mentre si parla di zona bianca, c'è però chi "vede rosso". Come la Lombardia, quasi rassegnata alla nuova pesante stretta in arrivo a partire dal prossimo weekend. "Purtroppo la scorsa settimana l'indice Rt ha avuto un improvviso rialzo, a 1,24: mi auguro che questi numeri si invertano, così come il numero dei ricoveri, se non succede allora il rischio è la zona rossa. Stiamo peggiorando in tutti i parametri, la situazione va tenuta sotto controllo" ha dichiarato il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, intervistato da Sky TG24. E c'è chi contesta la misurazione dei test: "Mi preoccupa un po' la discussione che si sta facendo in questi giorni sui tamponi antigenici, che dovrebbero entrare nella valutazione della circolazione del virus perché abbiamo troppi dati che ci dicono che sono spesso falsamente negativi", ha detto Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive (Simit), durante la trasmissione Agorà su Rai Tre, in merito alla decisione, prevista da una circolare ministeriale, di riconoscere la validità dei test antigenici rapidi di ultima generazione nel determinare i positivi al coronavirus, a fianco dei tamponi molecolari. "L'RT - ha aggiunto Andreoni, ordinario di Malattie Infettive all'Università di Roma Tor Vergata - è certamente un buon parametro per vedere quanto sta circolando il virus, così come il numero di casi su 100.000 abitanti, che è anche più facile da capire". Al contrario "aumentare il denominatore dei tamponi fatto utilizzando un test spesso non attendibile è un po' pericoloso per valutare l'andamento dell'epidemia". 

E Andrea Crisanti boccia il piano del governo: "I nuovi criteri sulle zone rosse non sono abbastanza. Quando si arriva a certi numeri vuol dire che poi avremo un numero inaccettabile di morti", dice l'ordinario di Microbiologia all'Universita' di Padova, a "The Breakfast Club" su Radio Capital. "A quei livelli - spiega Crisanti - crescono le possibilità di mutazioni. E questa non è una cosa buona mentre ci si vaccina: si aumenta il rischio che si generino varianti resistenti". "Ai cittadini - sottolinea - arrivano dei messaggi incoerenti, tra cashback e negozi aperti non ci possiamo stupire che la gente giri per strada a fare acquisti. Io sono per misure chiare, semplici e annunciate con anticipo". E sulla variante inglese Crisanti aggiunge: "responsabile dei contagi in Veneto? Se così, allora bisogna fare come in Gran Bretagna: tutto chiuso e strade d'accesso per la regione bloccate". "Per dimostrare che i contagi sono causati dalla variante inglese - specifica - bisogna dimostrare che rappresenti l'80% delle mutazioni isolate e in questo momento così non è. Se in Italia dovesse imporsi la variante inglese, allora per raggiungere l'immunità di gregge bisognerebbe superare la soglia del 70% di persone vaccinate".

Cento giorni di zona rossa per chiudere l'emergenza e tornare alla normalità: il piano del governo

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