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Giovedì, 25 Aprile 2024
Digiuno intermittente

Perché il digiuno intermittente è dannoso per la salute

Una nuova ricerca ha rivelato che le persone che saltano anche solo un pasto al giorno hanno maggiori probabilità di morire precocemente rispetto a chi consuma più pasti giornalieri

La pratica del "digiuno intermittente" è oggetto da anni di un acceso dibattito scientifico. C’è ritiene che il consumo di calorie solo in alcune fasce orarie della giornata (o in alcuni giorni della settimana) sia dannoso per la salute, e chi crede, invece, che questo modello dietetico abbia effetti positivi sull’aspettativa di vita e sui processi di invecchiamento. A supportare quest’ultima tesi numerose ricerche, tra cui uno studio, pubblicato nel 2021 sulla rivista Endocrine Reviews, che dimostra come consumare i pasti giornalieri entro una finestra temporale di 8-10 ore (restando a digiuno le restanti ore) aiuti a prevenire malattie croniche come il diabete e le malattie cardiovascolari, oltre a migliorare il sonno e la qualità della vita.

Tra i principali sostenitori del digiuno intermittente c’è anche il prof. Walter Longo, biogerontologo italo-americano noto per i suoi studi sul ruolo dei geni del digiuno, che ha sviluppato, insieme ai colleghi dell’University of Southern California di Los Angeles, la "dieta mima-digiuno" (basata sul digiuno di 12 ore per 5 giorni, da ripetere al massimo 2/3 volte all'anno): questo modello nutrizionale promuoverebbe cambiamenti metabolici e cellulari, aiutando a prevenire e curare molti tipi di tumore. Tuttavia, ci sono anche dati di numerose ricerche che supportano la tesi opposta, come un recente studio delle Università del Tennessee e dell'Iowa, negli USA, pubblicato sul Journal of the Academy of Nutrition and DieteticsSecondo i ricercatori americani, rinunciare a uno dei tre pasti standard della giornata (colazione, pranzo, cena) potrebbe causare seri problemi di salute aumentando il rischio di morte prematura.

I modelli di digiuno intermittente

Il digiuno intermittente è uno schema dietetico, su base ricorrente, che alterna periodi di restrizione calorica a periodi di normale assunzione di cibo, senza però ridurre l'apporto dei nutrienti fondamentali. Ne esistono diversi modelli: lo schema 16/8 in cui si digiuna per 16 ore al giorno e si consumano i pasti nelle 8 ore restanti, eseguito in genere per un massimo di 2 giorni alla settimana; lo schema 5:2 in cui sono previsti apporti calorici imitanti il digiuno (circa 500-600 kcl) durante 2 giorni in una settimana, mentre i restanti 5 si mangia normalmente; lo schema Eat-Stop-Eat in cui si digiuna per 24 ore consecutive uno o due giorni a settimana.

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Lo studio americano

Per esaminare le associazioni tra frequenza, salti e intervalli dei pasti, e mortalità per tutte le cause (e per malattie cardiovascolari), i ricercatori hanno esaminato i comportamenti alimentari di 24.011 adulti statunitensi, di età ≥40 anni, che hanno partecipato al National Health and Nutrition Examination Survey (1999-2014). Un'indagine sanitaria in corso e rappresentativa a livello nazionale della popolazione statunitense, che raccoglie una vasta gamma di dati relativi alla salute per valutare la dieta, lo stato nutrizionale, la salute generale, la storia della malattia e i comportamenti di salute ogni due anni.

Secondo i dati, coloro che erano più giovani, maschi, neri non ispanici, con un'istruzione inferiore e un reddito familiare inferiore, avevano maggiori probabilità di saltare i pasti (il 40% dei partecipanti). Abitudine, quest'ultima, anche più diffusa tra coloro che fumavano di più, bevevano più alcol, erano più insicuri dal punto di vista alimentare, che mangiavano cibi meno nutrienti, facevano più spuntini e consumavano meno energia in generale.

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Saltare anche solo un pasto al giorno aumenta il rischio di morte prematura

La ricerca ha rivelato che le persone che consumano solo un pasto al giorno hanno maggiori probabilità di morire prima rispetto a quelle che consumavano più pasti giornalieri. Tra questi, i partecipanti che saltano la colazione hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari fatali, mentre coloro che saltano il pranzo o la cena hanno un aumentato rischio di morte prematura per tutte le cause. Tuttavia, lo studio ha anche rilevato che mangiare due pasti vicini, nell’arco di 4/5 ore, è collegato a un aumento del rischio di morte prematura per tutte le cause.

"In un momento in cui il digiuno intermittente è ampiamente pubblicizzato come una soluzione per la perdita di peso, la salute metabolica e la prevenzione delle malattie - ha affermato l'epidemiologo Yangbo Sun, autore principale dello studio -, il nostro studio è importante per l'ampio segmento di persone che mangiano meno di tre pasti al giorno. Sulla base dei nostri risultati, raccomandiamo, dunque, di consumare almeno due o tre pasti distribuiti nell'arco della giornata".

I limiti dello studio

Seppur questo studio dimostri che il digiuno intermittente non è così salutare come suggeriscono molte ricerche, non è abbastanza completo per determinare se saltare i pasti causi effettivamente una morte precoce. È possibile che siano coinvolti altri fattori, che influenzano sia le abitudini alimentari che il rischio di mortalità. Per questo motivo, il team di ricerca ha adattato le proprie scoperte per tenere conto delle variazioni di numerosi fattori dietetici e di stile di vita, tra cui il fumo, l'uso di alcol, i livelli di attività fisica, l'apporto energetico, la qualità della dieta e l'insicurezza alimentare, e visto che il collegamento era ancora evidente.

Perché il digiuno intermittente non è un modello dietetico sano

I risultati di questo studio si basano su osservazioni tratte da dati pubblici e non spiegano il nesso di causalità. "Tuttavia - ha affermato il ricercatore senior Wei Bao, epidemiologo dell'Università dell'Iowa -, ciò che abbiamo osservato ha un senso metabolico. Questo "senso metabolico" si riferisce al modo in cui saltare i pasti consumati a intervalli particolari di solito porta ad assumere più energia in una sola volta. Ciò può causare squilibri nel modo in cui i nostri corpi regolano il glucosio e causare il deterioramento del sistema metabolico".

Il digiuno modifica il cervello

Una recente ricerca del dipartimento di Ricerca traslazionale dell'Università di Pisa (Unità di Fisiologia), e pubblicata sulla rivista del gruppo Springer-Nature "Cellular and Molecular Life Sciences" , ha inoltre evidenziato che l'assenza di cibo provoca alterazioni nell'espressione genica della corteccia cerebrale, andando a influire in particolare sull'orologio biologico. "L’assenza di cibo rappresenta uno stimolo stressante per il nostro organismo, che si trova a dover rispondere alle richieste energetiche di un gran numero di tessuti - ha spiegato Paola Tognini, coordinatrice dello studio -. Il glucosio non è più sufficiente, e il nostro corpo comincia a produrre corpi chetonici (composti presenti nel sangue in piccole quantità) come fonte energetica alternativa. Il principale corpo chetonico che raggiunge il cervello durante i periodi di digiuno è il beta-idrossibutirrato".

Misurando le concentrazioni di questo corpo chetonico nel fegato (dove viene principalmente prodotto), nel plasma (dove viene rilasciato) e nel cervello, i ricercatori hanno scoperto che le cellule cerebrali lo sfruttano, oltre che per produrre energeia, anche come donatore chimico, causando alterazioni nella struttura di proteine che si trovano nel nucleo delle cellule e che sono in contatto con il DNA (la cosiddetta cromatina). In conseguenza di ciò, hanno scoperto drammatici cambiamenti nell’espressione genica del cervello.

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