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Venerdì, 29 Marzo 2024
La paura della Guerra

Come affrontare la "nuova" paura della guerra: i consigli dello psichiatra

"In questi momenti difficili occorre essere consapevoli che la pace e la concordia avranno il sopravvento. A guidarci ora deve essere un ottimismo realistico”. L'intervista al prof. Massimo di Giannantonio, presidente Sip

Le guerre, così come le epidemie e le catastrofi ambientali hanno sempre portato conseguenze, a livello geografico, politico, sociale, ma anche psicologico. La pandemia di Covid-19 ha ad esempio avuto importanti effetti non solo sull'economia mondiale, ma anche sulla sfera mentale e picologica di intere popolazioni: secondo gli ultimi dati epidemiologici il 31% della popolazione mondiale ha sintomi di tipo depressivo, il 29% di tipo ansioso e il 32% di stress piscologico. Ma a pagare il prezzo più alto, come sempre, sono i più giovani: secondo l’ultimo report mondiale dell’Unicef un minorenne su tre nel mondo ha una situazione di disagio psicologico, uno su cinque ha sintomi depressivi ed uno su sette ha una patologia psichica strutturata. Questi dati suggeriscono come vi sia in Italia e nel resto del mondo una condizione diffusa di malessere psichico, condizione che si è ulteriormente aggravata con lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia il 24 febbraio.

In che modo il mix guerra-pandemia aggreverà ulteriormente la condizione psicologica degli italiani? Che ruolo giocano i media nell'alimentare ansie ed emozioni negative? E come gestire la paura di una guerra che potrebbe coinvolgerci sempre più da vicino? Ne abbiamo parlato con Massimo di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP).

Prof. di Giannantonio, la pandemia ha impattato in maniera significativa sulla sfera psicologica ed emozionale di tutti gli italiani. In che modo la guerra in Ucraina tenderà ad acuire il disagio psichico di due anni di emergenza Covid?

“Il mix guerra-pandemia è causa di un enorme stress. Lo stress è una stimolazione dei sistemi neurobiologici dell’individuo che servono a conservare la vita e ad allontanarsi dai pericoli. Due anni di pandemia e, ora, le notizie sulla guerra acuiscono in un modo drammatico la condizione di stress cronico degli italiani. Questo perché di fronte a una situazione, come quella che stiamo vivendo, in cui non possiamo né aggredire né evitare lo stimolo stressante, lo stress acuto si trasforma in stress cronico e diventa sintomatico. Tra i sintomi principali c’è l’insonnia intermittente, ansietà diurna, perdita o aumento dell’appetito, condizioni di ansia che vengono scaricate sul corpo e, quindi, un aumento dei vissuti ipocondriaci. Questi sintomi hanno, poi, a seconda dei profili di personalità dei singoli individui conseguenze diverse”.

Quali sono i soggetti più a rischio?

“I profili di personalità più vulnerabili sono quelli più sottoposti a stress e a traumi pregressi, maggiormente legati a condizioni di maturazioni psico-sociali insoddisfacenti o inadeguate. Prendiamo ad esempio la prima e la seconda infanzia, chi ha perso il lavoro, le famiglie monoreddito, le famiglie composte da una madre e un solo figlio. In questi soggetti co-fattori di sofferenza aumentano la sintomatologia e, quindi, la portata delle conseguenze dello stress cronico”.

In questo ultimo anno si è parlato molto spesso di "burnout pandemico". Di cosa si tratta?

“Il burnout è la cosiddetta sindrome di affaticamento, sindrome di esaurimento delle risorse fisiche a disposizione. E’ una condizione di drammatico squilibrio tra le risorse disponibili e i compiti da svolgere. Il burnout si verifica quando ci sono troppi compiti da svolgere ma si hanno troppe poche risorse per assolvere a questi compiti, che però si può scatenare anche in situazioni opposte, quando cioè c’è un eccesso di risorse rispetto ai compiti. La persona che soffre burnout si sente demotivata, si sente “bruciata” (come dicono gli inglesi), si sente priva di motivazioni, in preda al disorientamento, all’ansia, in condizioni di ritiro autistico con la conseguente perdita della motivazione, delle relazioni e, nei casi più estremi, della perdita dell’identità (a partire dall’identità lavorativa fino a quella personale)”.

Nell'ultimo anno avete registrato una crescita nel consumo di ansiolitici e farmaci antidepressivi?

“Sì, nell’ultimo anno abbiamo registrato, da un lato, un aumento delle richieste di intervento presso il circuito dei Dipartimenti di Salute Mentale, dall’altro, un aumento nel consumo di certe categorie di psicofarmaci. Abbiamo registrato un +22% nella vendita di farmaci ansiolitici, in particolare di ipno-inducenti (farmaci che inducono il sonno), e un +12,5 nella vendita di farmaci antidepressivi. Questi dati suggeriscono che c’è stato un notevole aumento dei disturbi ansiosi, sia nell’ambito dell’ansia libera, sia nella sfera dell’ansia somatizzata, sia nella sfera della insonnia con la rottura del delicatissimo sonno-veglia, con conseguenze sul piano biologico e nictemerale”.

In che modo la sfera psicologia reagisce alle notizie, immagini e video drammatici trasmessi dai media?

“Nella sfera psicologica si possono registrare due reazioni “estreme”: una, largamente maggioritaria nella popolazione, caratterizzata dalla perdita di motivazione, dalla nascita di sintomi somatici, come quelli che abbiamo definito prima, della sfera ansiosa, della sfera depressiva, della sfera motivazionale e anche della sfera cognitiva (quindi perdita di entusiasmo, perdita di motivazioni, perdita dell’identità, perdita del senso della vita); e un’altra, assolutamente minoritaria, caratterizzata da quello che noi definiamo un “rimbalzo maniacale”, cioè da azioni quali, ad esempio, l’abbandono del lavoro, il sentire una sorta di spinta interiore al combattimento, alla lotta, alla reazione.. quindi, una risposta opposta e differente rispetto alla prima. Questa dicotomia riflette perfettamente la dinamica che esiste tra due grandi meccanismi di fondo dell’apparato mentale dell’homo Sapiens: da un lato il meccanismo notturno, che interviene quando cessa la luce, quando arriva l’inverno, quando la capacità di azione e reazione viene meno; e dall’altro lato la dimensione diurna, la dimensione estiva, la dimensione calda, la dimensione attiva, dove tutto viene ipertrofizzato, tutto viene esagerato, stimolato, correndo anche il rischio di superare, con una sorta di eccitamento legato alle condizioni di stress, i livelli di normalità, i livelli di lettura soddisfacente del cosiddetto “principio di realtà””.

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Che ruolo stanno avendo i media e i social network nell’alimentare ansie e paure?

“Quando parliamo di media, dobbiamo distinguere tra media che agiscono in società democratiche dove è garantito il diritto del singolo ad esprimere la propria opinione, e media che agiscono in strutture sociali prive di democrazia e del rispetto delle opinioni altrui, dove non c’è la libertà di stampa e dove prevalgono forme di prevenzione e di censura. E non dimenticando il ruolo centrale che ricoprono oggi i social network, dove è la popolazione dal basso che proietta le informazioni. Il tema dei media liberi è legato oggi a un grande interrogativo: “La libertà rappresentata da Internet e dalla libertà di stampa è qualcosa che deve essere circoscritta, che deve controllata, oppure no?”. In fin dei conti è di gran lunga meglio che vi sia una totale libertà di espressione dei media, nella quale le persone possano farsi una loro idea personale, piuttosto che subire meccanismi di censura e controllo, che sono il prolegomeno di una difficoltà e di una limitazione alla libertà di espressione. In questi giorni sono state pubblicate le statistiche di grandi Società internazionali della pubblica opinione che mostrano come sia cresciuta la quantità di informazioni che si vogliono ricevere dai siti ufficiali, siti ufficiali di democrazie dove è garantita l’obiettività della informazione, la serietà dei professionisti che costruiscono le notizie, prerogative che proteggono l’utente dalle Fake news. Ovviamente, tutto questo non avviene dove c'è la censura e il divieto della libertà di stampa, o nei social network dove prevalgono alcuni indirizzi di pensiero e di ragionamento non scientifico, non equilibrato come nel caso della comunicazione dei No Vax”. 

Quali consigli vuole dare agli italiani per affrontare al meglio la paura della guerra?

“Il consiglio è quello di avere la consapevolezza che la sfera interiore dell’umanità si fonda sulle capacità di resilienza e di reazione di fronte alle cose più drammatiche e più terribili. Pensiamo all’Europa che è riuscita a ricostruire le fondamenta del proprio vivere civile dopo la Seconda guerra mondiale, pensiamo ai cittadini giapponesi che dopo la tragedia dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki hanno avuto la capacità e la volontà di risolvere questi enormi drammi. Non bisogna mai perdere la speranza, perché gli esseri umani tendono sempre a preservare la vita. In questi momenti difficili occorre avere la consapevolezza che la pace e la concordia avranno il sopravvento su tutte le altre situazioni. Adesso dobbiamo avere tutti un ottimismo realistico”.

DI GIANNANTONIO 2-2

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