rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Il cervello nella fase pre-morte

Cosa accade nel cervello quando moriamo: lo svela uno studio

Secondo i ricercatori, l'attività cerebrale registrata nella fase pre-morte suggerisce al cervello un ultimo "richiamo della vita", un ricordo dei momenti più belli della propria esistenza

L'esperienza di pre-morte (NDE) è stata descritta come un fenomeno trascendentale in cui il soggetto passa in rassegna i principali ricordi della sua vita, vive esperienze surreali al di fuori del proprio corpo, con sogni e allucinazioni, o entra in una condizione di completa tranquillità.  Sebbene siano molte le testimonianze di persone che hanno riportato la loro esperienza di pre-morte, il meccanismo neurofisiologico alla base di questo fenomeno non è ancora chiaro. Si ipotizza che il cervello possa generare un replay della memoria all'interno di questa fase "inconscia" con un aumento dell'attività oscillatoria neuronale. Nei soggetti sani, le oscillazioni neurali forniscono una cornice temporale per l'elaborazione delle informazioni di percezione, coscienza e memoria durante la veglia, il sogno e la meditazione. Finora, i rapporti che analizzano i meccanismi neurali dell’esperienza pre-morte derivano da studi sperimentali su animali, da misurazioni ottenute post-NDE piuttosto che dalla registrazione, attraverso l’EEG (elettroencefalogramma), in tempo reale dell’attività del cervello durante l’esperienza di pre-morte.

I processi neurofisiologici che si verificano nel cervello umano morente, non sono quindi ancora ben chiari poiché l'acquisizione dell'attività cerebrale continua nella fase transitoria verso la morte è una cosa estremamente difficile e non può essere pianificata sperimentalmente. Ad esserci riusciti per la prima volta un team di ricerca internazionale che ha raccolto i primi dati continui sulla dinamica neuronale del cervello di un paziente morente. Il case report è stato pubblicato di recenre su Frontiers in Aging Neuroscience. 

Il caso clinico

Un uomo di 87 anni è arrivato al pronto soccorso in seguito a una caduta. Dopo essere stato sottoposto a un intervento d’urgenza, il paziente ha iniziato ad avere crisi epilettiche, così i medici hanno utilizzato l'elettroencefalografia (EEG) per monitorare le sue condizioni. Sfortunatamente, però, il paziente dopo due giorni è peggiorato ed è morto per arresto cardiaco mentre queste registrazioni erano ancora in corso. L'evento inaspettato ha consentito agli scienziati di registrare per la prima volta in assoluto l'attività elettrica del cervello umano morente. Sebbene registrazioni EEG semplificate di pazienti morenti siano già state effettuate, il posizionamento completo dell'apparecchiatura di registrazione in questo caso ha consentito un livello di dettaglio senza precedenti.

"Abbiamo misurato 900 secondi di attività cerebrale prima e dopo il momento della morte, e fissato un obiettivo specifico per indagare su ciò che è accaduto nei 30 secondi prima e dopo che il cuore ha smesso di battere”, ha affermato il dottor Ajmal Zemmar, neurochirurgo dell'Università di Louisville, negli Stati Uniti, che ha coordinato lo studio.

Psichiatri: con mix guerra e pandemia, gli italiani sono a rischio burnout 

Le oscillazioni cerebrali nella fase pre-morte

Subito prima e subito dopo l’arresto cardiaco, i ricercatori hanno osservato dei cambiamenti in una specifica banda di oscillazioni neurali, le cosiddette "onde gamma", ma anche nelle altre oscillazioni, quali delta, theta, alfa e beta.  Le oscillazioni cerebrali (note come "onde cerebrali") sono modelli di attività elettrica ritmica del tessuto nervoso nel sistema nervoso centrale, normalmente presenti nei cervelli umani viventi. I diversi tipi di oscillazioni (delta, theta, alpha, beta e gamma) sono individuabili con tracciati grafici tramite la registrazione poligrafica dell'elettroencefalogramma, e coinvolti in funzioni altamente cognitive, come concentrazione, sogno, meditazione, recupero della memoria, elaborazione delle informazioni e percezione cosciente.

Il cervello produce un ultimo 'richiamo della vita’

Subito dopo che il paziente ha subìto l'arresto cardiaco che lo ha portato alla morte, la sua attività cerebrale ha rivelato un picco relativo nella potenza della banda gamma che interagiva maggiormente con le onde alfa, un modello non dissimile dal richiamo della memoria. "Dato che l'accoppiamento incrociato tra attività alfa e gamma è coinvolto nei processi cognitivi e nel richiamo della memoria nei soggetti sani, ipotizziamo che tale attività possa supportare un ultimo 'richiamo della vita’, un ultimo ricordo dei più importanti eventi della vita appena prima della morte, simile a quello riportato nelle esperienze di pre-morte”, ha spiegato il team.

I limiti dello studio

Sebbene questo studio sia il primo a misurare l'attività cerebrale nella fase di pre-morte negli esseri umani, presenta alcuni limiti. Si basa, innanzitutto, su un singolo caso e sull’analisi del cervello di un paziente che aveva subito lesioni e convulsioni, eventi che possono aver alterato l'interpretazione dei dati. Il cervello del paziente era, infatti, in uno stato post-traumatico, e aveva ricevuto grandi dosi di farmaci antiepilettici, che potrebbero anche aver influenzato il comportamento oscillatorio neurale. Inoltre, mancano scansioni cerebrali "normali" di base di questo paziente con cui poter confrontare l'attività cerebrale.

“Tuttavia - hanno chiarito Zemmar - non possiamo avere accesso a tali dati in pazienti sani la cui morte è impossibile da prevedere. Pertanto, l'ottenimento delle registrazioni della fase di pre-morte potrebbe provenire solo da un paziente già malato. Ciononostante, prevediamo di indagare su più casi e vedere questi risultati come una fonte di speranza”.

Quale lezione imparare da questa ricerca

Nonostante questi limiti, il team di ricerca ritiene che i risultati mostrino una corrispondenza tra le onde cerebrali osservate durante la morte con le esperienze fenomenologiche di pre-morte riportate dai pazienti che hanno detto di aver visto tutta la loro vita passare in pochi attimi davanti ai loro occhi. Inoltre, cambiamenti simili nelle oscillazioni gamma erano stati precedentemente osservati anche nei ratti. Ciò potrebbe far pensare che è possibile che, nel passaggio dalla vita alla morte, il cervello organizzi ed esegua una risposta biologica che potrebbe essere attuata in tutte le specie.

"Qualcosa che potremmo imparare da questa ricerca - ha affermato Zemmar - è che, anche se i nostri cari hanno gli occhi chiusi e sono pronti a lasciarsi andare, il loro cervello potrebbe rivivere alcuni dei momenti più belli che hanno vissuto nella loro vita”.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Cosa accade nel cervello quando moriamo: lo svela uno studio

Today è in caricamento