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Giovedì, 30 Novembre 2023
Psicologia e Coppia

Cosa fa il cervello quando dormiamo: lo svela uno studio

Utilizzando l’intelligenza artificiale, gli scienziati sono riusciti a decodificare l'attività cerebrale durante il sonno e intravedere ciò a cui pensiamo quando dormiamo

In una vita di 80 anni, si trascorrono, in media, 26 anni a dormire. Un terzo della nostra vita lo passiamo a letto: 8 ore su 24, 26/27 anni su 80 di vita. Ma vi siete mai chiesti cosa fa il cervello durante queste lunghe ore? A fornirci una risposta sono gli scienziati dell'Università di Ginevra (UNIGE), in Svizzera, i quali sono riusciti a decodificare l'attività cerebrale durante il sonno e intravedere ciò a cui pensiamo quando dormiamo. Combinando la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l'elettroencefalografia (EEG), il team di Ginevra fornisce prove senza precedenti che il lavoro di smistamento delle migliaia di informazioni elaborate durante il giorno avviene durante il sonno profondo. In questo momento, infatti, il cervello non riceve più stimoli esterni e può valutare tutti questi ricordi per conservare solo quelli più utili. Per fare ciò, stabilisce un dialogo interno tra le sue diverse regioni. Inoltre, è emerso dall'esperimento che associare una ricompensa a un'informazione specifica, incoraggia il cervello a memorizzarla a lungo termine. Con questo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, il team di Ginevra, apre una nuova prospettiva allo studio del cervello addormentato e all'incredibile lavoro che svolge ogni notte.

Il sonno consolida la memoria 

In assenza di strumenti in grado di tradurre l'attività cerebrale, il contenuto dei nostri pensieri, mentre stiamo dormendo, rimane inaccessibile. Sappiamo, però, che il sonno svolge un ruolo importante nel consolidamento della memoria e nella gestione emotiva: quando dormiamo, il nostro cervello riattiva la traccia mnestica costruita durante il giorno e ci aiuta a regolare le nostre emozioni. "Per scoprire quali regioni del cervello si attivano durante il sonno e per decifrare come queste regioni ci permettono di consolidare la nostra memoria, abbiamo sviluppato un decodificatore in grado di decifrare l'attività del cervello nel sonno profondo e a cosa corrisponde", spiega Virginie Sterpenich, ricercatrice nel laboratorio della Professoressa Sophie Schwartz nel Dipartimento di Neuroscienze di Base presso la Facoltà di Medicina dell'UNIGE e ricercatrice principale di questo studio. "Durante il sonno profondo, - prosegue - l'ippocampo (una struttura del lobo temporale che immagazzina tracce temporanee di eventi recenti) rimanda alla corteccia cerebrale le informazioni che ha immagazzinato durante il giorno. Si instaura così un dialogo che permette il consolidamento della memoria ripercorrendo gli eventi della giornata e quindi rinforzando il legame tra i neuroni".

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L'esperimento e i risultati

Per condurre l’esperimento, gli scienziati hanno sottoposto i volontari a una risonanza magnetica in prima serata e li hanno fatti giocare a due videogiochi: un gioco di riconoscimento facciale simile a "Indovina chi?" e un labirinto 3D dal quale bisognava trovare l'uscita. Questi giochi sono stati scelti perché attivano regioni cerebrali molto diverse e sono quindi più facili da distinguere nelle immagini MRI. Inoltre, i giochi sono stati truccati all'insaputa dei volontari in modo che solo uno dei due giochi potesse essere vinto (metà dei volontari ha vinto uno e l'altra metà ha vinto il secondo), e in modo che il cervello associasse il gioco vinto con un'emozione positiva. I volontari hanno poi dormito per una o due ore (la durata di un ciclo di sonno) e la loro attività cerebrale è stata registrata di nuovo dalla risonanza magnetica. "Abbiamo combinato l'EEG, che misura gli stati del sonno, con la risonanza magnetica funzionale, che acquisisce un'immagine dell'attività cerebrale ogni due secondi, e utilizzato un "decodificatore neuronale", per capire se l'attività cerebrale osservata durante il periodo di gioco ricompariva spontaneamente durante il sonno", spiega Sophie Schwartz.

Anche al cervello che dorme piacciono le ricompense

Confrontando le scansioni MRI delle fasi di veglia e di sonno, gli scienziati hanno osservato che durante il sonno profondo, i modelli di attivazione cerebrale erano molto simili a quelli registrati durante la fase di gioco. "Ovviamente, il cervello ha rivissuto la partita vinta e non la partita persa, riattivando le regioni utilizzate durante la veglia. Non appena si va a dormire, l'attività cerebrale cambia. A poco a poco, i nostri volontari hanno iniziato a 'pensare' a entrambi i giochi, e poi quasi esclusivamente alla partita che hanno vinto quando sono caduti in un sonno profondo", dice Virginie Sterpenich. Due giorni dopo, i volontari hanno eseguito un test di memoria: riconoscere tutti i volti del gioco, da un lato, e trovare il punto di partenza del labirinto, dall'altro. Anche in questo caso, più le regioni cerebrali legate al gioco sono state attivate durante il sonno, migliori sono state le prestazioni della memoria. Pertanto, la memoria associata alla ricompensa è maggiore quando viene riattivata spontaneamente durante il sonno. 

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