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Martedì, 16 Aprile 2024
Demenza

Sette abitudini sane da seguire per ridurre il rischio di demenza

Una ricerca ha dimostrato come alcuni fattori di salute cardiovascolare e cerebrale siano in grado di ridurre il rischio di declino cognitivo anche nei portatori di geni associati a malattie neurodegenerative

Il nostro Paese è sempre più vecchio. Dall’inizio del secolo al 2017, gli ultrasettantenni in Italia sono passati da sette a dieci milioni e, secondo le previsioni dell’Istat, nel 2042 dovrebbero diventare quindici milioni. Un’irresistibile crescita del numero di anziani che riguarda non solo il Bel Paese, ma l’intera popolazione mondiale. E insieme all’età che avanza, aumentano anche le patologie correlate ad essa, come la demenza, seconda causa di morte complessiva per chi ha più di 70 anni. Se nel 2019 l’Alzheimer (prima causa di demenza) e altre forme simili colpivano circa 57 milioni di pazienti al mondo, secondo un ampio studio, basato sui dati di 204 Paesi e pubblicato su The Lancet Global Health, nel 2050 la cifra risulterà probabilmente quasi triplicata, sfiorando a i 153 milioni. Tra i principali fattori di rischio legati alla malattia, suggeriscono gli esperti, ci sono: obesità, iperglicemia, fumo e un basso livello di scolarizzazione. Adottare, quindi, uno stile di vita sano (dalla sana alimentazione all'attività fisica fino all'aumento dei tassi di scolarizzazione), risulta uno strumento essenziale di prevenzione dell'Alzheimer e di altre forme di demenza, tenendo conto anche che ad oggi non esistono cure risolutive contro queste patologie.

A suggerire la necessità urgente di politiche che mettano in primo piano l’importanza di buone abitudini per uno stile di vita sano anche un recente studio condotto dai ricercatori dell'University of Mississippi Medical Center di Jackson, (Usa). I ricercatori hanno individuato, in particolare, 7 fattori di salute cardiovascolare e cerebrale, noti come Life's Simple 7, capaci di abbassare il rischio globale di demenza in tutte le persone, comprese quelle più a rischio di svilupparle in quanto portatori di geni associati a malattie neurodegenerative. La ricerca è stata pubblicata su Neurology, rivista medica dell'American Academy of Neurology.

Quanti tipi di demenza esistono

La demenza è una malattia neurodegenerative dell'encefalo (parte del sistema nervoso centrale), che insorge solitamente in età avanzata (ma ci sono anche delle eccezioni) e causa un progressivo declino delle facoltà cognitive. Esistono numerosi tipi di demenza: le quattro più comuni sono il morbo di Alzheimer (60-80% dei casi), la demenza vascolare (che si verifica dopo un ictus), la demenza con corpi di Lewy (una forma di deterioramento cognitivo cronico) e la demenza frontotemporale (una progressiva perdita e deterioramento di neuroni in specifiche aree del Sistema Nervoso Centrale). Ad oggi ancora non si sa bene cosa causi la demenza, l’unica cosa certa è che siano la morte delle cellule nervose cerebrali e/o il loro cattivo funzionamento a livello di comunicazione intercellulare a provocarne l'insorgenza.

Lo studio

I ricercatori hanno esaminato 11.561 persone (con un’età media di 54 anni all’inizio dello studio), di cui 8.823 di origini europee e 2.738 di origini africane, e li hanno seguite per 30 anni, dal 1987-89 al 2019. I partecipanti sono stati classificati in base al rispettivo rischio genetico di sviluppare demenza, considerando la presenza di varianti del gene APOE. Gli esperti hanno chiarito che la variante APOE4 del gene è conosciuta per essere associata al morbo di Alzheimer, mentre un’altra variante, la APOE2, avrebbe, al contrario, la capacità di abbassare questo rischio. Dei soggetti con origini europee, il 27,9% aveva la variante APOE4, mentre dei soggetti con origini africane, il 40,4% aveva la variante APOE4. 

In seguito, quindi, i ricercatori hanno indagato l'adozione, da parte dei pazienti coinvolti, dei 7 stili di vita e fattori salutari (“Life's Simple 7”) individuati dalla American Heart Association, associando un punteggio ad ognuno di loro secondo una scala da 0 (punteggio più malsano) a 14 (punteggio più sano). Il punteggio medio tra i soggetti con origini europee è risultato 8,3, mentre quello tra i soggetti con origini africane 6,6.

Chi adotta stili di vita sani ha un rischio di demenza del 43% più basso 

Dall’analisi dei dati finali dello studio è emerso che tra i partecipanti europei portatori della variante APOE4 (quindi a rischio di demenza), coloro che avevano una maggiore propensione ad adottare stili di vita sani (punteggio più alto nei Life's Simple 7), avevano anche un rischio del 43% più basso di sviluppare la demenza nel corso della vita. Nei partecipanti di origine africana, tale riduzione è risultata, invece, pari al 17%. In particolare, per ogni punto in più nei Life's Simple 7, si registrava un rischio inferiore del 9% di sviluppare demenza. Inoltre, è emerso anche che coloro che avevano avuto un punteggio intermedio nei Life's Simple 7, avevano un rischio di demenza ridotto rispettivamente del 30% (se europei) e del 6% (se di origine africana).

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I Life’s Simple

I sette fattori di salute cardiovascolare e cerebrale individuati dall'American Heart Association sono:

  • svolgere attività fisica;
  • mangiare sano;
  • perdere peso (se si è in sovrappeso);
  • non fumare;
  • tenere sotto controllo la pressione sanguigna;
  • controllare i livelli di colesterolo nel sangue;
  • tenere sotto controllo la glicemia.


"Queste abitudini sane - ha affermato la prima autrice dello studio Adrienne Tin, dell'Università del Mississippi - sono state collegate a un rischio minore di demenza in generale, ma finora non era sicuro se lo stesso valeva per le persone con un alto rischio genetico. La buona notizia è che anche alle persone con maggior rischio genetico, questo stesso stile di vita più sano darà probabilmente un rischio inferiore di demenza”. "Sono necessarie, però, - ha concluso Tin - campioni di dimensioni maggiori provenienti da popolazioni diverse per ottenere stime più affidabili degli effetti di questi fattori di salute modificabili sul rischio di demenza all'interno di diversi gruppi di rischio genetico e background ancestrali”.

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