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Venerdì, 29 Marzo 2024
Salute

Variante Delta e bambini, la risposta immunitaria potrebbe non proteggerli più

Secondo uno studio preliminare, il progredire della pandemia, la diffusione della variante Delta e l'aumento dei contagi avrebbero reso più vulnerabile il sistema anticorpale dei più piccoli

Se nella prima fase della pandemia il Covid-19 ha colpito più anziani e soggetti fragili, ora sono più i bambini a contrarre l’infezione. Secondo gli ultimi report, i bambini stanno iniziando ovunque nel mondo ad essere una parte più consistente di infezioni e ricoveri. Questo trend potrebbe essere dovuto all'alto tasso di trasmissione della Delta e al fatto che molti adulti ora sono protetti dal vaccino. Fino al mese scorso, circa il 15% di tutti i casi di Covid negli Usa ha riguardato soggetti under 21. In India i test sierologici hanno mostrato che oltre la metà dei bambini tra i 6 e 17 anni, cioè i due terzi della popolazione complessiva, aveva gli anticorpi al Covid. I bambini, quindi, vengono contagiati, ma forse il virus non si replica dentro di loro come fa negli adulti. 

A cercare di capire come mai i più piccoli siano maggiormente vulnerabili o colpiti dalla variante Delta rispetto agli adulti sono stati alcuni ricercatori che hanno condotto uno studio internazionale. "Secondo noi - hanno dichiarato a Nature - a proteggere finora i bambini dal Covid sarebbe stata la loro risposta immunitaria innata (cioè la reazione primitiva ma rapida all’attacco dei patogeni), ma con il progredire della pandemia, la diffusione della variante Delta e l'aumento del numero di contagi temono che questo scudo possa non durare ancora a lungo".

La variante Delta colpisce sempre più bambini

A lanciare l’allarme è stato l'ultimo rapporto dell’NCIRS (National Centre for Immunisation Research and Surveillance australiano) che ha registrato un’elevata trasmissibilità della variante Delta tra i bambini in seguito dell’apertura delle scuole nel Paese. Con il ritorno nelle aule si è verificato un aumento dei contagi 5 volte maggiore rispetto a quel che è accaduto con il ceppo originale nel 2020 nelle scuole, nei servizi di educazione e cura della prima infanzia (ECEC) e nelle famiglie. A confermarlo anche altri report esteri, che mostrano come la variante Delta sia più trasmissibile tra bambini e giovani.

I bambini non si ammalano spesso gravemente

E’ vero che sempre più bambini contraggono il Covid, ma anche che questi soggetti non si ammalano spesso gravemente. La maggior parte, infatti, non presenta sintomi (o se li ha sono comunque lievi). Nonostante questo, però, il rischio minimo di sviluppare una forma grave della malattia nei più piccoli, non bisogna sottovalutare il ruolo che questi potrebbero avere nella linea di trasmissione, tanto da poter essere addirittura causa di nuovi focolai (come è successo in Australia). Una situazione simile si è verificata anche negli Stati Uniti, dove più di 250 mila bambini sono risultati positivi nell’ultima settimana di agosto (con il ritorno a scuola in presenza) e, durante la prima settimana di settembre, circa 2.500 bambini sono stati ricoverati in ospedale dopo essersi ammalati di Covid. Secondo l’American Academy of Pediatrics, è stato il tasso settimanale più alto di nuovi casi pediatrici dall’inizio della pandemia, con un aumento del 10% in sole due settimane e con tassi di ospedalizzazione cinque volte maggiori nei bambini a causa della variante Delta.

Lo studio sui bambini

Uno studio preliminare di alcuni ricercatori, condotto su 110 bambini, dimostra che nei neonati e negli adolescenti ci sarebbe un'alta carica virale, specialmente subito dopo il contagio. "Non solo il virus c'è ed è rilevabile, ma è anche vivo. Quindi i bambini sono infettivi", spiega Lael Yonker, del Massachusetts General Hospital di Boston, coordinatrice dello studio. “Ci sono anche altri fattori coinvolti - prosegue la scienziata - come una ridotta infiammazione, un minor numero di monociti (cellule infiammatorie che agiscono come un ponte tra il sistema immunitario innato e quello adattativo), mentre hanno più cellule T (cellule capaci di riconoscere l’agente patogeno e di innescare una risposta immunitaria)”.

I bambini hanno una riposta innata più veloce degli adulti

Rispetto agli adulti, i bambini da poco contagiati dal Covid, hanno più neutrofili attivi (cellule che proteggono l'organismo dagli agenti infettivi), che sono la prima linea di risposta agli invasori. "Per noi adulti ci vogliono due giorni per aumentare il sistema di difesa contro i virus allo stesso livello che vediamo invece nei bambini dal giorno zero", spiega Roland Eils, del Berlin Institute of Health. I ricercatori temono ora che il virus possa evolversi in modo da impedire parte di questa protezione innata dei bambini. Per ora l'aumento dei ricoveri dei bambini dove la Delta sta circolando sembra essere il risultato di una maggiore infettività in tutte le fasce d'età, unita al fatto che molti adulti sono vaccinati o hanno già avuto il Covid. "Quasi tutti i virus hanno trovato il modo di evadere il sistema immunitario innato e il Covid non fa eccezione - concludono -. Finora i bambini hanno vinto con la loro immunità innata, ma per quanto ancora?".

Il vaccino Pfizer destinato a bambini dai 5 anni in su

Per frenare la diffusione del contagio tra i più piccoli, la BioNTech si è messa già a lavoro su un dossier normativo per la somministrazione del vaccino Covid Pfizer nei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni. L’azienda farmaceutica - ha, inoltre, dichiarato - che si sta già muovendo per portare avanti la sperimentazione nei bambini di età compresa tra 6 mesi e 2 anni entro la fine dell’anno. “Già nelle prossime settimane - ha detto il Chief Medical Officer, Oezlem Tuereci - presenteremo i risultati della nostra sperimentazione su bambini di età compresa tra 5 e 11 anni alle autorità di regolamentazione di tutto il mondo e richiederemo l’approvazione del vaccino per questa fascia di età, anche in Europa”.

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