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Martedì, 23 Aprile 2024
Salute

Come decidiamo se un'attività che richiede fatica "vale la pena" o meno? La risposta in uno studio

I ricercatori hanno dimostrato che la volontà di lavorare non è statica, ma dipende da come il cervello percepisce lo sforzo

La fatica - ovvero la sensazione di sfinimento che deriva dallo svolgere attività faticose - è qualcosa che tutti noi sperimentiamo quotidianamente. Una sensazione che, talvolta, ci fa perdere la motivazione e la voglia di fare una pausa. Sebbene gli scienziati comprendano i meccanismi che il cervello utilizza per decidere se un dato compito vale lo sforzo o meno, l'influenza della fatica su questo processo non è ancora ben compresa. I ricercatori dell'Università di Birmingham e dell'Università di Oxford hanno, così, deciso di esplorare i meccanismi che si attivano nel cervello per elaborare la fatica partendo da una domanda: “Come decidiamo se un'attività che richiede lavoro "vale la pena" o meno?”. Dal loro studio, pubblicato sula rivista scientifica Nature Communications, è emerso che la volontà di lavorare, la motivazione, non è statica, ma dipende da come il cervello elabora la fatica.

La scoperta degli scienziati

Il team di ricerca ha condotto uno studio per capire come la fatica impatta sulla decisione di una persona di esercitare o meno quello sforzo. Gli scienziati hanno scoperto che le persone avevano meno probabilità di lavorare ed esercitare uno sforzo, anche per una ricompensa, se erano stanche. I ricercatori hanno scoperto, inoltre, che esistono due diversi tipi di affaticamento, rilevati in parti distinte del cervello. Nella prima, la stanchezza è vissuta come una sensazione di breve durata, che può essere superata dopo un breve riposo. Nel tempo, tuttavia, si accumula un secondo sentimento a lungo termine, che impedisce alle persone di voler lavorare e non se ne va con brevi pause. "Abbiamo scoperto che la volontà delle persone di esercitare uno sforzo variava di momento in momento, ma diminuiva gradualmente man mano che ripetevano un'attività nel tempo", afferma Tanja Muller, prima autrice dello studio, con sede presso l'Università di Oxford. "Tali cambiamenti nella motivazione al lavoro sembrano essere legati alla fatica e a volte ci fanno decidere di non persistere”.

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Lo studio

Il team ha testato 36 persone giovani e sane su un compito elaborato dal computer: è stato chiesto loro di esercitare uno sforzo fisico per ottenere diverse ricompense monetarie. I partecipanti hanno completato più di 200 prove, e in ciascuna è stato chiesto se avrebbero preferito "lavorare" (che prevedeva la compressione di un dispositivo di forza di presa) e ottenere i premi più alti offerti, o riposare e guadagnare solo una piccola ricompensa. Il team ha costruito un modello matematico per prevedere quanta fatica la singola persona avrebbe percepito in qualsiasi momento dell’esperimento, e quanto quella fatica avesse influenzato le loro decisioni (se lavorare o riposare). Durante l'esecuzione del compito, i partecipanti sono stati anche sottoposti a una risonanza magnetica, che ha permesso ai ricercatori di cercare l'attività nel cervello che corrispondeva alle previsioni del modello. Gli scienziati hanno scoperto che aree della corteccia frontale del cervello avevano un'attività che fluttuava in linea con le previsioni, mentre un'area chiamata “striato ventrale” segnalava quanta fatica stesse influenzando la motivazione delle persone a continuare a lavorare.

Un nuovo modo di comprendere la fatica

"Questo lavoro fornisce nuovi modi di studiare e comprendere la fatica, i suoi effetti sul cervello e il motivo per cui può cambiare la motivazione di alcune persone rispetto ad altre", afferma il Dott. Matthew Apps, autore senior dello studio, con sede presso il Center for University of Birmingham. "Questo studio ci aiuta a comprendere qualcosa in più su alcuni pazienti, sulle persone che lavorano o sui ragazzi quando sono a scuola, o, ancora,  sugli atleti d’élite".

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