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Sabato, 20 Aprile 2024
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Covid, anche Vaia vede la fine della pandemia: "Togliere le restrizioni, pronti ad una primavera di rinascita"

"La variante Omicron ha segnato un punto di svolta nella storia della pandemia e il virus va sempre più verso l’endemia". L'intervista al direttore dello Spallanzani, Francesco Vaia

Il numero dei nuovi contagi, dei ricoveri ospedalieri e dei decessi per Covid continuano a calare in tutto il mondo. Dopo il picco di diffusione raggiunto a fine gennaio con Omicron che ha contagiato più persone di qualsiasi variante precedente, il trend positivo è ormai evidente, come ha confermato anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità). A lasciare intendere che ci stiamo avviando verso un graduale ritorno alla normalità, sono anche le ultime parole del presidente del Consiglio Mario Draghi con cui ha annunciato che dopo il 31 marzo non sarà prorogato lo stato di emergenza in Italia. Da aprile, infatti, verrà meno il sistema delle regioni a colori, cesserà ovunque l’obbligo delle mascherine all’aperto, e quello delle mascherine Ffp2 in classe, le scuole resteranno sempre aperte per tutti (saranno infatti eliminate le quarantene da contatto). E, inoltre, non sarà più obbligatorio il certificato verde rafforzato, a partire dalle attività all'aperto, tra cui fiere, sport, feste e spettacoli.

“Il nostro obiettivo - ha detto il presidente del Consiglio - è riaprire del tutto, al più presto”. È possibile, quindi, che l'Europa si stia realmente muovendo verso la fine della pandemia. Anche il direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge, è ottimista, ma ha anche chiarito che “Questo periodo di tregua potrebbe portare ad una pace duratura solo ad alcune condizioni: consolidare e preservare l’immunità continuando a vaccinare, anche con terza dose; mantenere alta l’attenzione sui più vulnerabili; promuovere comportamenti di autoprotezione e responsabilità individuale; intensificare la sorveglianza per scoprire nuove varianti tempestivamente”.

Per arrivare a “un plausibile finale di partita per la pandemia” è necessario, quindi, non abbassare la guardia e continuare a imbracciare gli strumenti di cui disponiamo contro il Covid: la prevenzione attraverso i vaccini, da un lato, e la cura dell'infezione attraverso antivirali e anticorpi monoclonali, dall’altro. Tra gli ultimi farmaci raccomandati in UE che allargano ulteriormente l’arsenale di terapie contro il Covid c'è la pillola antivirale Paxlovid, targata Pfizer e arrivata nel nostro Paese agli inizi di febbraio. Il farmaco è stato somministrato per la prima volta in Italia a un uomo di 54 anni presso l’Istituto Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Abbiamo raggiunto il direttore dell'ospedale, Francesco Vaia, per sapere come sta il paziente, come funziona Paxlovid e quali sono le terapie anti-Covid oggi disponibili. 

Prof. Vaia, come sta il paziente trattato con Paxlovid?

“Il paziente ha assunto il 9 febbraio l’ultimo ciclo di terapia e ora sta bene. Si tratta di un uomo di 54 anni affetto da patologie cardiovascolari e, quindi, a rischio di sviluppare forme più gravi di malattia”.

Cosa contiene il farmaco e qual è il suo scopo?

“Il farmaco Paxlovid è in realtà una combinazione di due diversi principi attivi: da una parte il Nirmatrelvir, l’inibitore della proteasi, che agisce bloccando la replicazione del virus nel nostro organismo; dall’altra il Ritonavir, che ha lo scopo di prolungare l’effetto del primo principio attivo”.

Quante pillole prevede il trattamento?

“È necessario assumere contemporaneamente tre compresse, due dell’inibitore della proteasi e una di Ritonavir, ogni dodici ore, per cinque giorni. Quindi, in tutto trenta compresse”.

In quale fase della malattia deve essere assunta e a quali soggetti è raccomandata?

“Il farmaco è indicato per i pazienti che hanno un Covid sintomatico, ma in forma lieve-moderata, quindi senza bisogno di supplementazione di ossigeno, che si trovano nei primi cinque giorni della malattia e che hanno un elevato di rischio di progressione verso forme gravi: obesi, pazienti affetti da patologie cardiovascolari e respiratorie, pazienti onco-ematologici, immunodepressi”.

La pillola può essere assunta autonomamente dal paziente?

“Per ora la prima somministrazione si effettua in ambiente ospedaliero, mentre le successive vengono assunte autonomamente dal paziente a domicilio. Auspichiamo, tuttavia, che presto anche i medici curanti possano prescrivere il farmaco e che questo possa essere ritirato in farmacia: l’obiettivo deve essere quello di rendere rapido l’intervento e sempre più territoriale l’assistenza, arrivando a curare il Covid come qualsiasi altra malattia. L’infettivologo potrebbe mantenere un ruolo di consulente per i casi più complessi, come nei pazienti che assumono diverse terapie croniche in cui vi possano essere interazioni farmacologiche”.

Quanto è efficace questa pillola e in che modo aiuterà la lotta contro il Covid?

“Ci attendiamo un’efficacia molto alta, anche del 90%. Il farmaco contribuirà a ridurre il rischio di ospedalizzazione dei contagiati e alleggerirà di conseguenza il peso che grava sugli ospedali: i reparti potranno accogliere a pieno regime malati affetti da altre patologie e si tornerà a dare piena risposta ai bisogni di salute della popolazione, troppe volte accantonati a causa dell’emergenza”.

Paxlovid si aggiunge all'antivirale orale della Merck (Molnupiravir), che ha un’efficacia di gran lunga inferiore (30%) al primo. Quali sono le differenze tra queste due pillole?

“Il Molnupiravir agisce su un bersaglio diverso, causando errori nel processo di replicazione virale. Le pillole da assumere contemporaneamente in questo caso sono 4, ogni 12 ore, per 5 giorni. Come per il Paxlovid, è importante che la pillola venga somministrata nelle primissime fasi di malattia, per evitare la progressione della stessa verso forme gravi”.

Con l’autorizzazione di Paxlovid aumentano gli strumenti a nostra disposizione contro il Covid-19: possiamo fare il punto sul quadro terapeutico attuale?

“Oltre ai due antivirali che abbiamo già citato, Paxlovid e Molnupiravir, è disponibile anche un terzo antivirale, il Remdesivir, che va ad inibire l’RNA polimerasi del virus, un enzima necessario per la sua replicazione. Contrariamente ai primi due però, il Remdesivir va somministrato endovena e dunque non si presta ad una facile somministrazione sul territorio. Ci sono poi gli anticorpi monoclonali, che agiscono legando la proteina Spike ed impedendo in questo modo l’ingresso del virus nelle cellule del nostro organismo. Come sappiamo, le mutazioni che caratterizzano le diverse varianti si manifestano proprio a livello di questo bersaglio, rendendo più difficile il legame degli anticorpi: per questo alcuni monoclonali sono oggi meno efficaci rispetto ai mesi scorsi, anche a causa della emergenza di nuove varianti. Tuttavia va detto che abbiamo ancora validissime opzioni tra i farmaci di questa categoria. Il Sotrovimab, ad esempio, è efficace anche contro la variante Omicron. Infine, non dovremmo scordare i vaccini, che non verranno sostituiti, ma affiancati dai nuovi antivirali e dai monoclonali: le terapie infatti sono necessarie quando la malattia si è già sviluppata, ma l’opzione migliore rimane quella di prevenirla”.

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Quali sono le differenze tra una pillola antivirale, come Paxlovid, e gli anticorpi monoclonali?

“In primis la via di somministrazione e di conseguenza i tempi necessari per il trattamento. Gli antivirali come Paxlovid sono più maneggevoli, perché si assumono per via orale, mentre gli anticorpi richiedono un’ora di infusione endovena, seguita da un’altra ora di osservazione. Oltre a questo, gli antivirali non risentono dell’influenza delle varianti, perché agiscono su componenti del virus che sono molto conservate e che non sono interessate solitamente da mutazioni e questo offre un grande vantaggio, anche per il prossimo futuro. Ad ogni modo, i monoclonali non verranno sostituiti, in quanto continuano ad essere più indicati degli antivirali nei soggetti immunodepressi”.

La variante Omicron (ormai prevalente in Italia), secondo lei, segnerà davvero la fine della pandemia?

“La variante Omicron ha segnato sicuramente un punto di svolta nella storia della pandemia e il virus va sempre più verso l’endemia. Non possiamo fare previsioni sul futuro, ma i segni che abbiamo lasciano ben sperare. Ora, seguendo la strada della gradualità e dell’ottimismo razionale, che hanno caratterizzato la via italiana nella lotta al Covid, occorre restituire ai cittadini gli spazi di socialità a cui a lungo abbiamo dovuto rinunciare. Siamo pronti, a mio avviso, per entrare in una Primavera di rinascita”.

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