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Sabato, 20 Aprile 2024
Morbo di Alzheimer

Un esame del sangue rileva il morbo di Alzheimer

Il test, sviluppato da un gruppo di scienziati giapponesi, è in fase di sperimentazione clinica (sull'uomo)

Sono oltre 55 milioni i pazienti nel mondo che convivono con qualche forma di demenza. A soffrirne in Italia sono oltre 1,2 milioni, che si stima diventeranno 1,6 milioni entro il 2030. Nel 60/70% dei casi si tratta del morbo di Alzheimer (AD), malattia che interessa solitamente i più anziani (a partire dai 65 anni), ma può avere anche un esordio giovanile. L’AD colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare, ma può causare anche altri problemi come stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale. Solitamente esordisce in modo subdolo: si comincia con la dimenticanza di alcune cose, per arrivare a un punto in cui non si riconoscono più nemmeno i familiari e si diventa incapaci a svolgere le attività quotidiane più semplici. Questi problemi sono una conseguenza della neurodegenerazione, causata dalla formazione nel tessuto cerebrale di caratteristiche placche di una proteina chiamata “beta-amiloide” (placche amiloidi).

Oggi purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare o far regredire la malattia, e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi. Inoltre, la diagnosi può essere fatta solo tramite esame diretto del cervello dopo la morte. In vita è possibile rilevare l’accumulo di Aβ mediante un test del liquido cerebrospinale o mediante tomografia a emissione di positroni, ma il primo è un test estremamente invasivo che non può essere ripetuto mentre il secondo è piuttosto costoso. Pertanto, è necessario un test diagnostico che sia economico, accurato e ampiamente disponibile. Ora un team di scienziati dell'Università di Hokkaido e di Toppan (Giappone), guidati dal prof. Kohei Yuyama, hanno sviluppato un metodo che rileva l'accumulo di beta amiloide nel cervello attraverso un semplice prelievo di sangue. I risultati della sperimentazione sono stati pubblicati sulla rivista Alzheimer's Research & Therapy.

Il morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva, caratterizzata da una graduale perdita di neuroni e sinapsi nel cervello. Una delle cause primarie di questo processo degenerativo è l'accumulo di depositi extracellulari della proteina beta-amiloide (Aβ) che si trova nella membrana grassa che circonda le cellule nervose. Alte concentrazioni di tale proteina - nelle persone non affette da demenza la concentrazione è > 500 ng/L, indipendentemente dall'età del paziente - è associata a un rischio più elevato di sviluppare la malattia di Alzheimer.

Lo studio

Un lavoro precedente del gruppo di Yuyama aveva dimostrato che l'accumulo di Aβ nel cervello era associato agli esosomi che legano la proteina beta-amiloide (Aβ) secreta dai neuroni (che la degradano e la trasportano alle cellule microgliali del cervello.) Gli esosomi sono vescicole extracellulari (EVs), ovvero minuscole sacche che trasportano messaggi all’interno o all’esterno delle cellule: svolgono quindi un ruolo chiave nella comunicazione neuronale. Dati di letteratura suggerisco che gli esosomi sono in grado di trasferire da cellula a cellula anche proteine tossiche, quali il peptide Abeta, tau alfa-sinucleina coinvolte nella patogenesi della malattia di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative. Dunque, gli esosomi ed il loro carico sono considerati potenziali biomarcatori per le demenze.

Scopo dei ricercatori in questo studio era quello di sviluppare una tecnologia che fosse capace di rilevare gli esosomi leganti l’amiloide nel sangue dei topi, che crescevano man mano che Aβ (a proteina beta-amiloide) si accumulava nel cervello.

Cosa rileva il test

Il team ha così sviluppato il test di scissione invasiva immuno-digitale (Immuno-Digital Invasive Cleavage Assay o idICA) che rileva la concentrazione di esosomi che trattengono specifiche molecole di superficie (leganti l’Aβ) da una piccola quantità di sangue (appena 100 ml di sangue). In particolare, il dispositivo sviluppato, altamente sensibile, rileva la presenza o l'assenza di segnali fluorescenti emessi dalla scissione degli esosomi leganti l’Aβ. Quando il test è stato testato sui topi, ha mostrato che la concentrazione di esosomi leganti l'Aβ aumentava con l'aumentare dell'età dei topi. Ciò è significativo in quanto i topi utilizzati per l'esperimento erano topi con il morbo di Alzheimer, in cui l'Aβ si accumula nel cervello con l’età.

La sperimentazione sull’uomo

Attualmente è in corso la sperimentazione clinica per testare la tecnologia anche sugli esseri umani. La tecnologia idICA è la prima applicazione di ICA (Invasive Cleavage Assay) che consente il rilevamento di esosomi da una piccola quantità di sangue senza la necessità di utilzzare tecniche speciali. E’ dunque uno strumento semplice e prezioso che potrebbe essere utilizzato in futuro per la diagnosi precoce dell’AD. Inoltre, poiché è applicabile ai biomarcatori esosomici in generale, può anche essere adattato per la diagnosi di altre malattie.

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