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Giovedì, 28 Marzo 2024
Ictus cerebrale

Ictus, quali sono i sintomi e come intervenire: le indicazioni degli esperti

"Una patologia grave e invalidante ma prevenibile se si interviene precocemente sui fattori di rischio curabili e modificabili". L’intervista ai neurologi Andreone e Renna, del reparto di Neurologia del Cardarelli

Aprile è il mese della prevenzione dell’ictus cerebrale, patologia grave e invalidante che nel nostro Paese rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, la prima causa assoluta di disabilità e la seconda di demenza. Si stima che ogni anno in Italia siano colpite da ictus circa 185.000 persone, di cui 150.000 sono nuovi casi mentre 35.000 sono recidive. Secondo gli esperti, nei prossimi venti anni si verificherà un aumento di oltre il 30% dei casi a causa dell’invecchiamento della popolazione in tutta l’UE, e in particolare nel nostro paese, dove il numero di persone rimaste invalide a causa di questa patologia ha raggiunto la cifra record di un milione. L’ictus è una patologia grave ma prevenibile, pertanto è fondamentale sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione e informarla su quelli che sono i principali fattori di rischio. “Molti di questi fattori – spiegano a Today il dott. Vincenzo Andreone e la dott.ssa Rosaria Renna, del reparto di Neurologia & Stroke Unit dell’Ospedale A.Cardarelli di Napoli - sono curabili e modificabili: ciò significa che è possibile intervenire su di essi prevenendo l’ictus in maniera attiva. E', quindi, fondamentale seguire uno stile di vita e una dieta sani, evitare il consumo di alcol e fumo, e praticare attività fisica regolare, in particolar modo attività aerobica (si è visto, infatti, che praticare quotidianamente attività fisica moderata, come camminare con passo spedito per 30 minuti al giorno per la maggior parte dei giorni della settimana, riduce il rischio di ictus); aderire a programmi di screening in modo da individuare precocemente i fattori di rischio e curarli, monitorare frequentemente i valori di pressione arteriosa, ed effettuare periodicamente, dopo i 60 anni, controlli della colesterolemia e della glicemia. In caso di sospetta placca aterosclerotica, sarà poi utile eseguire un ecocolordoppler dei vasi del collo (carotidi e vertebrali)”.

Ma se da un lato bisogna fare prevenzione attiva, dall’altro è importante anche saper riconoscere in tempo i campanelli d’allarme che rivelano un ictus in atto: la tempestività nel trattamento può, infatti, fare la differenza tra la vita, la disabilità e la morte. Today ha intervistato i neurologi, Vincenzo Andreone, Direttore UOSC Neurologia – Stroke Unit dell’AORN “A. Cardarelli” di Napoli (tra i 5 centri d’eccellenza in Italia, e tra i migliori in Europa, per il trattamento dell’ictus), e Rosaria Renna, dirigente medico dello stesso reparto, per capire come riconoscere i sintomi e quali sono le novità nell'ambito delle terapie e delle tecniche riabilitative post-ictus.

Ictus ischemico, ictus emorragico e TIA (attacco ischemico transitorio): quali sono le differenze?

“L’ictus (stroke in inglese) è una condizione patologica che determina l’improvvisa perdita di una funzione cerebrale. Circa l’80% degli ictus sono di natura ischemica, cioè sono causati da un'ostruzione completa o parziale di un vaso arterioso cerebrale, a differenza degli ictus emorragici che sono causati dalla rottura di un vaso cerebrale. In entrambi i casi nella zona cerebrale colpita da ictus viene a mancare l’apporto ematico: ne consegue un deficit neurologico funzionale più o meno grave che dipenderà dall’estensione e dalla sede della zona cerebrale colpita. L'attacco ischemico transitorio o TIA (transient ischemic attack in inglese) è causato invece da un disturbo temporaneo dell’irrorazione ematica di una parte limitata del cervello e si manifesta con un deficit neurologico che permane, per definizione, per meno di 24 ore. La caratteristica fondamentale del TIA rispetto all’ictus è, quindi, la reversibilità del deficit neurologico. Il limite di tempo che sancisce lo 'spartiacque' tra TIA e ictus è controverso, in quanto la maggior parte dei TIA dura meno di un’ora e, poiché non è possibile stabilire in anticipo se si tratti di un TIA o di un ictus, il paziente che presenta un improvviso deficit neurologico va comunque portato immediatamente in ospedale per gli accertamenti e le cure necessarie. È importante specificare che un TIA è spesso un avvertimento che precede un episodio maggiore, cioè un ictus: una persona su tre che subisce un TIA ha un ictus entro un anno”.

Come si riconosce un ictus? Quali sono i campanelli di allarme?

“Sono cinque i sintomi che quando compaiono in maniera improvvisa sono indicativi di un ictus: 1. bocca storta (chiedere al soggetto di sorridere e valutare se la bocca tira da un lato ed è asimmetrica); 2. debolezza di un braccio o di un braccio e della gamba omolaterale (chiedere al soggetto di alzare le braccia; in caso di ictus, una delle due non riuscirà a restare alzata e cadrà pesantemente); 3. difficoltà a parlare o a comprendere qualcuno che sta parlando (chiedere al soggetto di ripetere una frase semplice e verificare se riesce a farlo oppure no, e valutare se parla farfugliando); 4. disturbo della vista (chiedere al soggetto se vede annebbiato, se non riesce a vedere metà degli oggetti o se vede doppio); 5. forti mal di testa, accompagnati spesso da nausea, vomito e perdita di coscienza. Questi sono i principali campanelli d’allarme che, se riconosciuti, vanno immediatamente comunicati al medico. Nel sospetto di ictus è fondamentale allertare immediatamente il 118 e chiedere un intervento urgente. Il tempo, in questi casi, fa la differenza tra la vita, la disabilità e la morte”.

Troppo sale causa infarto e ictus? 

Come viene trattato l’ictus, ed entro quanto tempo dalla comparsa dei sintomi bisogna intervenire?

“Da tempo è stato approvato in Italia l’utilizzo di un farmaco per il trattamento dell’ictus ischemico in fase acuta. Si tratta dell’Alteplase, ovvero un attivatore del plasminogeno tissutale (rtPA), un farmaco in grado di sciogliere i coaguli di fibrina (proteina utilizzata nella coagulazione del sangue) insolubile e, quindi, di ripristinare la pervietà dell’arteria chiusa. Il trattamento con Alteplase (trombolisi sistemica) è estremamente efficace se si riesce ad intervenire entro le 4 ore e mezzo dall'insorgenza dei sintomi, e i benefici sono tempo-dipendenti, ovvero maggiori quanto più precoce è il trattamento. Due importanti studi internazionali, l’EXTEND e l’EPITHET, hanno permesso di estendere la finestra terapeutica per la trombolisi sistemica con rtPA a 9 ore dall’esordio dei sintomi per i pazienti in cui agli studi di perfusione cerebrale c’è evidenza di tessuto ischemico cerebrale in penombra, ovvero ancora “salvabile”. In casi selezionati alla trombolisi sistemica può far seguito un intervento di rivascolarizzazione intra-arterioso, cioè una trombectomia meccanica che consiste nell’asportazione meccanica per via endovascolare del trombo occludente un’arteria cerebrale. Tale procedura può essere effettuata in centri qualificati con una finestra terapeutica ottimale di 6 ore. Si sta consolidando sempre più la teoria secondo cui la durata della finestra terapeutica è un’astrazione statistica e che ci sono pazienti con finestre terapeutiche più lunghe, anche di diverse ore. Si è quindi passati dal concetto di finestra temporale a quello di finestra tessutale, ovvero di una finestra di opportunità terapeutica individuale, essenzialmente legata all’efficienza dei circoli collaterali che apportano sangue alla parte di cervello ipoperfusa, ma ancora salvabile. Sulla base di quanto detto, in alcuni casi la finestra terapeutica per la trombectomia meccanica può essere estesa anche a 24 ore”.

In cosa consiste il percorso riabilitativo post-ictus e quali sono le novità in questo ambito?

“Il percorso riabilitativo post-ictus è finalizzato ad ottenere il recupero della menomazione, l’ottimizzazione delle abilità residue e una maggiore partecipazione del paziente alle attività di vita quotidiana con il fine ultimo di migliorarne la qualità della vita attraverso il recupero del miglior livello fisico, cognitivo, psicologico, funzionale e delle relazioni sociali. Il programma riabilitativo è personalizzato e deve essere iniziato non appena il paziente è stabile dal punto di vista clinico. Tanti sono gli aspetti da valutare, ad esempio l’eventuale presenza di un disturbo dell’umore, che può incidere negativamente sul percorso riabilitativo, e la presenza di una rete familiare e sociale di sostegno che possa essere coinvolta nel programma. I percorsi riabilitativi oggi possono avvalersi del supporto della robotica: la Realtà Virtuale è una delle tecnologie utilizzate nella riabilitazione dell’ictus, con programmi volti al potenziamento delle abilità cognitive e percorsi finalizzati al recupero di autonomia nelle attività complesse della vita quotidiana. In tale ambito, tra le novità più rilevanti è da ricordare l’Action-Observation therapy, basata sul funzionamento dei neuroni specchio (classe di neuroni motori che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un'azione finalizzata, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione compiuta da un altro soggetto) abbinata all’utilizzo della realtà virtuale”.

Cosa sono le Stroke Unit e perchè hanno un ruolo fondamentale?

“Le Stroke Unit rappresentano il modello più avanzato ed efficace di trattamento dei disturbi cerebrovascolari acuti. Si tratta di unità di 4-16 posti letto dedicati esclusivamente alle patologie cerebrovascolari con un team multidisciplinare formato da medici, infermieri, tecnici della riabilitazione e personale di supporto con una formazione specifica. I benefici ottenuti attraverso il ricovero in Stroke Unit si realizzano a prescindere dall’introduzione di terapie specifiche e sono dovuti alla formazione del personale, alla prevenzione delle complicanze, alle misure di prevenzione delle recidive e alla programmazione precoce della riabilitazione. E’ dimostrato che il ricovero in Stroke Unit è l’unico in grado di ridurre significativamente mortalità e disabilità legate alla malattia”.

Come viene diagnosticato l’ictus cerebrale? 

“Il sospetto diagnostico di ictus si basa sulla valutazione clinica del paziente. Le tecniche di neuroradiologia, in particolare la tomografia computerizzata (TAC), sono importanti per confermare il sospetto clinico e per permettere la diagnosi differenziale tra ictus ischemico ed ictus emorragico. Tale diagnosi differenziale è fondamentale per una appropriata gestione terapeutica. Importante è anche l’angioTAC dei vasi intra ed extracranici che permette di identificare l’eventuale presenza di un’occlusione di una grossa arteria, come la carotide interna o la cerebrale media. I pazienti che presentano l’occlusione di una grossa arteria sono quelli che possono giovarsi, oltre che della trombolisi sistemica con rtPA, della trombectomia meccanica”.

Quali soggetti sono più a rischio?

“I soggetti a maggior rischio di ictus ischemico sono quelli con un’età superiore a 65 anni (il 75% dei casi di ictus colpisce le persone con più di 65 anni), le persone che presentano fattori di rischio cardiovascolare quali l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, il diabete, il sovrappeso e l’obesità, e che conducono una vita sedentaria. Tutte queste patologie provocano aterosclerosi, ovvero l’accumulo di grassi nelle pareti delle arterie, che determina un restringimento di calibro delle stesse, fino alla completa occlusione. Altro grande fattore di rischio per ictus ischemico è la fibrillazione atriale, un’aritmia che genera un’irregolare ed incompleta contrazione dell’atrio sinistro del cuore e favorisce il ristagno di sangue e la formazione di trombi che, se entrano in circolazione, possono provocare l’ictus”.

Si stima che nei prossimi venti anni si registerà un aumento del 30% dei casi di ictus in tutti i paesi Ue. Come si può invertire questa tendenza?

“Solo raggiungendo quattro obiettivi prioritari: ridurre il numero assoluto di casi di ictus; trattare il 90% o più delle persone colpite nelle Stroke Unit come primo livello di cura; favorire l’adozione di piani nazionali che comprendano l’intera catena di cura, dalla prevenzione primaria alla vita dopo l’ictus; implementare strategie nazionali per interventi di sanità pubblica che promuovano uno stile di vita sano e che riducano i fattori ambientali (incluso l’inquinamento atmosferico) e socio-economici che aumentano il rischio di incorrere nella patologia”.

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