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Venerdì, 19 Aprile 2024
Patologie prostata

Prostata ingrossata, nuove tecniche 'ultra mini invasive' curano senza effetti collaterali

Dagli stent temporanei a minuscoli tiranti ancorati all’esterno della prostata, dall’energia laser a quella del vapore acqueo. Tutte le più nuove tecniche chirurgiche per contrastare l’iperplasia prostatica presentate al Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia

L’Iperplasia prostatica benigna (IPB) è un ingrossamento non canceroso (benigno) della ghiandola prostatica che rende difficoltosa la minzione e può dare la sensazione di una minzione incompleta. Generalmente si manifesta negli uomini con l’avanzare dell’età, specialmente dopo i 50 anni. La causa scatenante è ancora sconosciuta, ma si ipotizza che dipenda dai cambiamenti causati dagli ormoni, tra cui il testosterone e soprattutto il diidrotestosterone (un ormone associato al testosterone). La IPB è la più diagnosticata condizione urologica negli uomini tra i 45 e i 74 anni. Ne soffre il 50% dei maschi tra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni, e addirittura il 90% negli ottantenni. Complessivamente colpisce oltre 6 milioni di italiani. L’uso dei farmaci (gli alfa-bloccanti e gli inibitori della 5-alfa-reduttasi) è di solito la prima scelta di trattamento, ma la cura farmacologica può avere effetti collaterali come l’ipotensione o l’eiaculazione retrograda, più un insufficiente controllo dei sintomi che può sfociare in eventi avversi (dal sangue nelle urine a infezioni ricorrenti, fino a calcoli alla vescica).

In alternativa al trattamento farmacologico oggi esistono nuovissime tecniche 'ultra mini-invasive' per contrastare la patologia, come gli stent temporanei e i minuscoli tiranti ancorati all’esterno della prostata, l’energia del laser a l'energia del vapore acqueo, opzioni terapeutiche che risolvono il problema una volta per tutte e mantengono la funzione eiaculatoria del paziente nella fase post operatoria. Caratteristiche, utilizzo e diffusione di queste terapie sono uno dei temi affrontati nel 94° Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia (SIU), in corso da oggi fino al 19 ottobre a Riccione.

Quali sono i vantaggi delle tecniche "ultra mini invasive"

Sono modernissime, efficaci, in grado di eliminare gli sgradevoli effetti collaterali spesso provocati dalla cura farmacologica e, grazie alla loro diversità/variabilità, adatte alla maggior parte dei pazienti. I vantaggi che presentano sono notevoli: risolvono il problema una volta per tutte e mantengono la funzione eiaculatoria del paziente nella fase post operatoria. Senza contare che si effettuano in regime ambulatoriale o di day hospital, alleggerendo dunque la pressione sulle strutture ospedaliere tuttora alle prese con l’emergenza pandemica. “I risultati clinici di queste nuove tecniche chirurgiche sono ancora in fase di validazione, ma la loro efficacia clinica e sicurezza sono già state comprovate – sottolinea Rocco Damiano, direttore del Dipartimento di Urologia delll’università Magna Graecia di Catanzaro e componente del Comitato Esecutivo della SIU –. La prova sta nel fatto che hanno già trovato spazio all’interno delle Linee Guida per il trattamento dell’adenoma di prostata realizzate dalla Società Europea di Urologia (EAU)”.  

Trattamento farmacologico vs tecniche 'ultra mini invasive'

Tra le caratteristiche più importanti di queste nuove tecniche c’è una maggiore capacità di alleviare e risolvere i sintomi rispetto alla cura farmacologica. “L’uso dei farmaci porta con sé effetti collaterali come l’ipotensione o l’eiaculazione retrograda, più un insufficiente controllo dei sintomi che può sfociare in eventi avversi, dal sangue nelle urine a infezioni ricorrenti, fino a calcoli alla vescica – fa notare Walter Artibani, Urologo e Segretario Generale della SIU –. Tutto ciò induce spesso il paziente a interrompere la terapia e cercare piuttosto soluzioni chirurgiche per risolvere il problema una volta per tutte. Le tecniche 'ultra mini invasive', invece, danno più sollievo dai sintomi e riducono al minimo l'impatto sulla qualità della vita post operatoria del paziente, in particolare sulle funzioni eiaculatorie, che restano imprescindibili soprattutto per i giovani”.   

Cosa sono gli ‘stent prostatici’

“Tra le procedure chirurgiche 'ultra mini invasive' più diffuse – aggiunge Francesco Porpiglia, Ordinario di Urologia dell’Università degli Studi di Torino e responsabile dell’ufficio scientifico SIU – c’è anzitutto l’utilizzo di stent intraprostatici temporanei al nitinol (introdotti per via endoscopica, vengono rimossi dopo 5 giorni), che tramite forze elastiche incidono il tessuto e risolvono l’ostruzione prostatica (trattamento "i-TIND"). Ci sono poi dispositivi permanenti che, come fossero piccoli tiranti ancorati all’esterno della prostata, comprimono l’adenoma e dilatano l’uretra, migliorando cosi il flusso dell’urina (tecnica "Urolift")”.  

II vantaggi del vapore acqueo e del laser

Per risolvere chirurgicamente l’iperplasia prostatica benigna, oggi si ricorre anche a nuove fonti di energia disponibili per la maggior parte dei pazienti affetti da adenoma di prostata di dimensioni medio-piccole, eseguibili in regime di day-hospital tramite il Sistema Sanitario. “Un esempio il vapore acqueo ad alta temperatura, che viene iniettato all’interno della prostata tramite uno speciale manipolo endoscopico, determinando la morte delle cellule dell’adenoma quindi distruggendolo (tecnica Rezum) – spiega Roberto Mario Scarpa, direttore dell’Unità Operativa complessa al Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma e Presidente SIU –. Un'altra nuova fonte di energia è quella del laser: viene sprigionata all’interno della ghiandola prostatica attraverso fibre ottiche introdotte per via percutanea, porta il tessuto dell’adenoma a necrotizzarsi, determinando quindi una riduzione del volume della ghiandola con conseguente disostruzione ("trattamento SoracteLite")”.

Le terapie vengono eseguite in regime ambulatoriale o in day hospital  

Le terapie 'ultra mini invasive' possono essere eseguite in ambito ambulatoriale o di day hospital, tramite il servizio sanitario nazionale. Un aspetto cruciale in un periodo come quello che stiamo vivendo. “L’altissimo numero di italiani che soffrono di questa patologia ha comportato e comporta una pressione sulle strutture ospedaliere, tuttora in difficoltà per fronteggiare le conseguenze dell’emergenza pandemica", osservano gli esperti SIU. 

Nell’ultimo periodo, infatti, tutte le Società Scientifiche hanno indicato di posporre non solo la chirurgia elettiva correlata all’iperplasia prostatica benigna o alle sue complicanze, ma anche le semplici prestazioni ambulatoriali, con un conseguente accumulo di pazienti già meritevoli di trattamento negli anni passati e che non sono stati trattati a causa dell’emergenza, ai quali si aggiunge circa un 12% in più che è andato incontro ad un peggioramento clinico durante gli ultimi mesi. "In un contesto simile, l’adozione di tecniche 'ultra mini invasive' può rappresentare una chiave di volta per affrontare e gestire al meglio la situazione”, concludono gli esperti.  

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