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Giovedì, 28 Marzo 2024
una nuova arma per la prevenzione

L'inquinamento ambientale minaccia la fertilità delle donne: una "spia" può prevedere le malattie

Uno studio italiano ha scoperto che il dosaggio del Psa, indicatore nell’uomo di patologie prostatiche, può essere anche un indicatore femminile del danno ambientale

Per rilevare la presenza di patologie prostatiche connesse anche all'inquinamento ambientale, nell’uomo viene dosato (attraverso un prelievo di sangue) il PSA (Antigene Prostatico Specifico), una proteina sintetizzata dalle cellule della prostata. Per indagare, invece, come l'inquinamento ambientale possa causare patologie femminili che colpiscono non solo l'organo riproduttivo (come l'endometriosi, l'ovaio policistico, l'infertilità, ecc), nella donna non è stato, sino ad oggi, ancora individuato nessun indicatore precoce (di danno ambientale). Fino a qualche anno fa si credeva che il PSA fosse presente solo nel maschio, e, invece, è dosabile a bassi livelli anche nelle donne. Alcuni studi hanno scoperto che una elevata percentuale di pazienti affette da carcinoma mammario presentavano valori di PSA nel siero cinque volte superiore a quello di donne sane e/o affette da patologie mammarie benigne, e che tale PSA diminuiva dopo intervento chirurgico per carcinoma mammario.

Sulla base di questo dato e sui risultati di un’altra ricerca che ha dimostrato come il PSA viene prodotto in quantità maggiori nella prostata sotto stimolo di alcuni inquinanti, è partito uno studio pilota, pubblicato sull'International Journal of Environmental Research and Public Health, nato nell’ambito del Progetto di Ricerca EcoFoodFertility, coordinato dal Dott. Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL Salerno e Presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana, che da anni studia nei territori inquinati, come la Terra dei Fuochi (Campania), indicatori precoci e predittivi di danno alla salute non solo riproduttiva. "Fino ad ora  - spiega a Today il Dott. Montano - avevamo considerato solo il seme maschile come principale sensore sentinella della qualità ambientale, con questo nuovo studio abbiamo scoperto come anche il PSA dosato nel sangue delle donne, possa rappresentare una “spia” femminile del danno ambientale. La scoperta getta le basi per una nuova forma di prevenzione primaria nelle donne, utile per conoscere in tempo condizioni di pre-malattia non solo riproduttive”.

Il PSA nella donna 

Il PSA è una proteina presente nella prostata, che viene utilizzata come indicatore del tumore prostatico. “Fino a pochi anni fa , - dichiara Salvatore Raimondo, primo autore dello studio, responsabile del Laboratorio di Ricerca Gentile di Gragnano (NA) - si riteneva che nel sangue delle donne fosse assente, ma con l'avvento di Kit diagnostici più sensibili si è dimostrata la sua presenza in determinate malattie (tumore seno, colon ecc) ed è stata individuata la sede della sua produzione nelle ghiandole di Skene (omologa della prostata), ghiandole parauretrali dell’apparato genitale femminile esterno, che secernono il liquido durante l’amplesso e tale marcatore”.

“Nella donna – spiega Marina Piscopo, biologa molecolare dell’Università Federico II, coautrice dello studio – il PSA è presente in quantità minime rispetto all’uomo (20/30 volte in meno), in alcune addirittura non si riesce a dosare. Fino ad ora è stato considerato come un trasportatore di spermatozoi, un facilitatore delle funzioni sessuali, ma nessuno lo aveva mai considerato come marcatore dell’impatto ambientale nella donna”.

Lo studio

Sulla base di questa scoperta e dei risultati di un’altra ricerca che ha dimostrato come il PSA viene prodotto in quantità maggiori nella prostata sotto stimolo di alcuni inquinanti, i ricercatori sono andati ad indagare il PSA nelle donne con nuovi e più sensibili kit diagnostici. Seguendo lo schema utilizzato per il reclutamento dei maschi nell'ambito del Progetto EcoFoodFertility, i ricercatori hanno arruolato 119 ragazze omogenee per età e stili di vita provenienti dall’area della Terra dei Fuochi (ad alto inquinamento ambientale) e dall’area sud di Salerno “Valle del Sele e parco del Cilento” (a basso tasso di inquinanti), e dosato il PSA delle volontarie in tre periodi ben precisi del ciclo mestruale (fase follicolare, fase ovarica e fase luteinica) rilevando una variabilità significativa tra i due gruppi. Dai risultati è emerso che le ragazze residenti nell’area inquinata hanno una scarsa oscillazione del PSA nelle tre fasi del ciclo mestruale, con valori in assoluto più alti e con un picco opposto in fase ovulatoria rispetto alle ragazze residenti nell’area del salernitano.

I risultati

“I cambiamenti da noi riscontrati, durante le fasi del ciclo mestruale in donne residenti ad aree a diverso impatto ambientale  - commenta ancora Piscopo -, suggeriscono che il PSA possa avere un ruolo oltre le funzioni descritte da altri autori nei processi antimicrobici, desquamazione epiteliale vaginale e cervicale, e trasporto degli spermatozoi. Il nostro lavoro è, quindi, destinato ad aprire questo scenario per uno studio più allargato". "Come il seme maschile si è dimostrato, nell'ambito del Progetto EcoFoodFertility, un precoce indicatore di danno alla salute da inquinamento ambientale - spiega Montano -, così stiamo scoprendo anche un possibile nuovo indicatore al 'femminile' con la stessa potenzialità (il PSA), ovviamente da confermare con campionamenti più estesi: questa scoperta rappresenta il completamento del progetto stesso che punta proprio a suggerire i biomarcatori riproduttivi come nuovi strumenti di valutazione di impatto ambientale utili ai policy makers per avviare modelli innovativi per la sorveglianza sanitaria, la prevenzione primaria, integrando le politiche di sanità pubblica, in particolare, nelle aree a maggiore inquinamento".

“Il nostro prossimo obiettivo - continua Montano – sarà continuare a monitorare questo marcatore, allargando lo studio nelle stesse zone dove reclutiamo i maschi nelle varie aree a rischio ambientale d’Italia, oltre a valutare se esiste una correlazione tra alti livelli di PSA e la presenza di alcune patologie nelle donne come l’endometriosi, problemi di infertilità, l’ovaio policistico, ecc”.

Dalla diagnosi precoce alla prevenzione primaria

“Lo studio pilota appena concluso – sottolinea Montano – vuole oltre che rappresentare il completamento al femminile del progetto, anche gettare ulteriori basi per una prevenzione primaria vera. In verità, i registri tumori che rappresentano strumenti di valutazione dei rischi di una popolazione rispetto all’altra, restituiscono, peraltro, con gravi ritardi, un dato di esito, un fatto già avvenuto, la conta dei malati e dei morti, per intenderci. Quello che, invece, noi contiamo di fare è attraverso organi sentinella o "spia" (come si sta rilevando l’apparato riproduttivo), rilevare la previsione di una malattia che potrebbe insorgere, ma non già manifesta. Stiamo valutando con il nostro studio i primi segni del danno ambientale, e i marcatori riproduttivi (lo sperma nei maschi e il PSA nella donna) possono rappresentare strumenti molto potenti per la sorveglianza sanitaria e la prevenzione di malattie non solo della sfera riproduttiva".

A quale tipo di prevenzione punta il progetto?

La politica, oggi, confonde la prevenzione primaria con la diagnosi precoce: le campagne di screening rilevano la malattia già a uno stadio iniziale "Quello a cui, invece, noi puntiamo - continua Montano - è la vera prevenzione primaria: rileviamo i primi segni di pressione ambientale attraverso indicatori biologici. Intercettiamo la fase precedente alla formazione dell’alterazione per esempio neoplastica. Oltre a suggerire i biomarcatori riproduttivi come prime "spie", dato che non abbiamo il potere di bonificare i territori e di arrestare l’inquinamento (vera opera di prevenzione primaria), in attesa che ciò accada, con la seconda fase del nostro progetto, già in fase esecutiva, operiamo almeno per “modulare”, “ridurre” gli effetti che l’inquinamento ha sulla salute utilizzando strumenti come la dieta mediterranea con prodotti biologici, stili di vita corretti e, quando necessario, nutraceutici ad alto potere antiossidante e detossificante”. 

NEI GRAFICI: IL PSA NELLE TRE FASI DEL CICLO E' SIGNIFICATIVAMENTE ALTO NELLE DONNE CHE RISIEDONO NELLA TERRA DEI FUOCHI RISPETTO A QUELLE NELL’AREA DELL’ALTO SELE E CILENTO

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