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Giovedì, 25 Aprile 2024
Covid

La lunghezza delle dita della tua mano può dirti se sei a rischio di Covid grave

Uno studio internazionale ha dimostrato come le persone con mignoli corti rispetto alle altre dita o con grandi differenze tra le due mani tendono a sviluppare una forma grave della malattia

La malattia da Covid-19 si manifesta nella maggior parte dei casi in forma asintomatica o paucisintomatica (con sintomi lievi), ma in una minoranza dei pazienti progredisce verso la malattia acuta e il ricovero in ospedale, soprattutto se si tratta di soggetti anziani e con più comorbidità. I dati da inizio pandemia rilevano anche una differenza tra i sessi: a contrarre una forma di Covid grave sono soprattutto i maschi rispetto alle femmine. A tal proposito alcune ricerche hanno acceso i riflettori su un possibile collegamento tra testosterone (il principale tra gli ormoni maschili) e forme gravi di Covid. In particolare, uno studio turco ha dimostrato come i pazienti maschi ricoverati in ospedale abbiano avuto un calo significativo dei livelli di testosterone parallelamente all'aumento della gravità della malattia. Il testosterone è noto per essere antinfiammatorio, quindi esiste la possibilità che un'eccessiva riduzione di questo ormone possa favorire lo sviluppo di una 'tempesta di citochine’ (forte reazione immunitaria). Questa ipotesi ha portato alcuni scienziati a supporre che tale diminuzione possa essere il motivo per cui gli uomini hanno il doppio delle probabilità di morire di Covid-19 rispetto alle donne.

Partendo da questi studi e sulla base dell’evidenza secondo cui un anulare più lungo è correlato a livelli più elevati di testosterone nel periodo prenatale, mentre un dito indice più lungo è correlato a livelli più elevati di estrogeni (generalmente, gli uomini hanno l'anulare più lungo, mentre le donne hanno l'indice più lungo), alcuni ricercatori hanno ipotizzato che la lunghezza delle dita di una persona possa essere un indicatore del rischio di Covid grave. Ad avere indagato tale correlazione un team di ricerca internazionale che ha esaminato il legame tra i livelli di ormoni sessuali nell'utero e durante la pubertà, e i ricoveri per Covid, e scoperto come un basso livello di testosterone e un alto livello di estrogeni (ormoni prodotti principalmente nelle donne ma presenti in piccole quantità anche negli uomini), sia negli uomini che nelle donne, può essere un predittore della gravità della malattia, e potrebbe persino essere utilizzato per identificare i gruppi più a rischio. I risultati dello studio preliminare, che ha coinvolto l’Università di Medicina di Lodz (Polonia), la Swansea University (Regno Unito) e la Karolinska University (Svezia), sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports

La funzione del testosterone nella caratterizzazione sessuale

Il testosterone è un ormone steroideo del gruppo androgeno che viene prodotto nell’uomo in maggiore quantità dai testicoli, e in minori quantità (20-50 volte inferiore a quella dell’uomo) nella donna dalle ovaie, dove la produzione è un passaggio intermedio per la secrezione degli estrogeni. Come tutti gli ormoni androgeni, influisce nel periodo prenatale (dalla settima alla dodicesima settimana) sulla formazione degli organi genitali esterni. E' implicato, in particolare, nella definizione dei caratteri maschili primari (sviluppo del testicolo, maturazione degli spermatozoi e così via) e secondari (timbro della voce, barba, distribuzione dei peli), ma anche nella sfera cerebrale e muscolare. Il testosterone ha un ruolo determinante perchè se il bambino è di sesso maschile la produzione di questo ormone che viene immesso in circolo rallenta la crescita di volume del seno, cosa che non avviene se si tratta di una femminuccia.

Lo studio

I ricercatori sono partiti da due ipotesi (la prima implica livelli elevati di testosterone nei casi gravi, l'altra collega bassi livelli di testosterone negli uomini anziani con una prognosi infausta), per esaminare più da vicino il legame tra testosterone e gravità del Covid-19. Hanno reclutato 54 pazienti (28 uomini e 26 donne) ricoverati in ospedale a causa del rischio grave o elevato della malattia, nel periodo marzo-agosto 2020.  

Il protocollo dello studio ha incluso un questionario clinico basato sulla cartella clinica (età, sintomi), gravità della malattia (scala 0-4; 0-nessun sintomo, 1-lieve, 2-medio, 3-grave, 4-critico), durata del ricovero e ossigenoterapia, giorni in terapia intensiva, malattie concomitanti, storia di fumo ed esposizione professionale, e risultati degli esami di laboratorio e misurazioni antropometriche. In particolare, gli studiosi hanno effettuato 100 controlli, confrontando diversi rapporti tra la lunghezza delle dita e la gravità della malattia dei pazienti.

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I pazienti con mignoli corti sono più a rischio di Covid grave

I ricercatori hanno scoperto che le persone con mignoli corti "femminizzati" rispetto alle altre dita tendono a manifestare sintomi gravi di Covid-19 che portano al ricovero e, soprattutto, che i pazienti con grandi differenze tra mano destra e mano sinistra (nei rapporti delle cifre 2D:4D e 3D:5D) hanno probabilità di ricovero sostanzialmente elevate. “I risultati - ha affermato il professor John Manning dell'Università di Swansea - supportano l'idea che gli individui che hanno avuto un basso livello di testosterone e/o un alto livello di estrogeni sono inclini a sviluppare una forma grave di Covid-19. Questo potrebbe spiegare perché il gruppo più a rischio sono i maschi anziani”. “Inoltre - ha proseguito - i risultati sono significativi perché, se è possibile identificare più precisamente chi è probabile che sia soggetto a COVID-19 grave, ciò aiuterebbe a sfruttate meglio la vaccinazione”.

L’inibizione del testosterone per il trattamento del Covid

Attualmente sono in corso diverse sperimentazioni di terapie ormonali con farmaci antiandrogeni (cioè per l’inibizione del testosterone) come trattamento per ridurre la gravità del Covid-19. Tuttavia, c'è anche interesse nell'utilizzare il testosterone come antivirale contro il Sars-Cov-2.

“La nostra ricerca, che sta proseguendo ora su un campione più ampio - ha dichiarato il professor Manning -, sta aiutando a comprendere meglio il Covid-19 e potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci antivirali, aiutando ad abbreviare le degenze ospedaliere e a ridurre i tassi di mortalità”.

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