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Giovedì, 18 Aprile 2024
Uso di marijuana

Come l’uso di marijuana può danneggiare il cuore: lo studio

Una nuova ricerca ha mostrato che l'uso di cannabis aumenta del 35% il rischio di aritmie cardiache

La marijuana è la sostanza stupefacente più utilizzata con finalità ricreativa nel vecchio continente. Secondo un studio europeo (EMCCDA), basato su dati raccolti nel 2017, gli italiani risultano essere i quarti consumatori di cannabis in Europa, superati da Francia (44,8%), Danimarca (38,4 %) e Spagna (35,2%). A consumarla maggiormente sono i giovani under 34, seguiti dai consumatori più anziani (over 55 anni) che rappresentano solo l’1,7 % del totale. Ricerche recenti hanno stimato che circa 3 persone su 10 che fanno uso di marijuana hanno un disturbo da uso di marijuana, e per le persone che iniziano a usarla prima dei 18 anni, il rischio è ancora maggiore. Studi suggeriscono che l'uso di marijuana colpisce direttamente il cervello, in particolare le parti responsabili della memoria, dell'apprendimento, dell'attenzione, del processo decisionale, della coordinazione, delle emozioni e del tempo di reazione. Inoltre, l'uso a lungo termine o frequente di questa sostanza è stato collegato ad un aumento del rischio di psicosi o schizofrenia in alcuni consumatori.

Ora un nuovo studio dell'American Heart Association, ha mostrato che l'uso di cannabis, metanfetamine, cocaina e oppiacei causano un aumento significativo della fibrillazione atriale (battito cardiaco irregolare), suggerendo che queste sostanze potrebbero aumentare il rischio di malattie cardiache a lungo termine nonchè di morte cardiaca improvvisa. "Per quanto ne so - ha affermato il ricercatore principale Gregory Marcus -, questo è il primo studio a considerare l'uso di marijuana come predittore del futuro rischio di fibrillazione atriale". La ricerca è stata pubblicata sull' European Heart Journal.

Lo studio

Per capire come le droghe ricreative possono influire sulla salute del cuore, i ricercatori hanno analizzato  le cartelle cliniche di oltre 23 milioni di persone, residenti in California, che si sono recate al pronto soccorso dal 2005 al 2015. Tra i pazienti esaminati, 132 mila avevano riferito di aver usato cannabis, mentre una percentuale più piccola di aver usato metanfetamina (98.000), cocaina (49.000) e oppiacei (10.000).

La cannabis aumenta il rischio di fibrillazione atriale

Nel corso dei 10 anni, quasi un milione di persone nella coorte ha sviluppato la fibrillazione atriale (FA). Aggiustando i dati per fattori di rischio, i ricercatori hanno scoperto un aumento significativo del rischio di sviluppare fibrillazione atriale in coloro che usavano diverse tipi di droghe. In particolare, è emerso che l’uso di metanfetamina aumenta dell'86% il rischio di FA (percentuale più alta di rischio rispetto alle altre sostanze), ma  anche che la cannabis aumenta questo rischio del 35%.

"Nonostante mostri un'associazione più debole con la fibrillazione atriale incidente rispetto alle altre sostanze, l'uso di cannabis mostra comunque un'associazione di entità simile o maggiore a fattori di rischio come la dislipidemia, il diabete mellito e le malattie renali croniche. Inoltre - hanno affermato gli autori dello studio -, quelli che fanno uso di cannabis, hanno mostrato un rischio relativo simile di fibrillazione atriale incidente come quelli che fanno uso di tabacco tradizionale".

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Le possibili cause

I ricercatori credono che la fibrillazione atriale causata dall’uso di cannabis derivi dal particolato inalato, ma potrebbero esserci anche altri meccanismi alla base. E’ noto, infatti, che l'esposizione prolungata nel tempo anche a bassi livelli di particolato (PM10 e PM2.5) genera un’infiammazione associata ad un aumento di disturbi respiratori come tosse e catarro, asma, diminuzione della capacità polmonare, riduzione della funzionalità respiratoria e bronchite cronica ma anche ad effetti sul sistema cardiovascolare.

"È anche interessante considerare - ha continuato Marcus - che le sostanze inalate viaggiano direttamente dai polmoni alle vene polmonari, che si svuotano nell'atrio sinistro, e che le vene polmonari e l'atrio sinistro sono particolarmente importanti nella generazione di fibrillazione atriale".

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La fibrillazione atriale può portare a morte cardiaca improvvisa

La fibrillazione atriale (condizione in cui le camere superiori del cuore, i cosiddetti atri, non si contraggono in maniera sincrona e pertanto “fibrillano”, ovvero battono in modo molto rapido e irregolare) è spesso un precursore di condizioni più gravi, come ictus cerebrali e scompenso cardiocircolatorio, ma anche di morte cardiaca improvvisa. Nei casi gravi di pompaggio atriale difettoso, possono formarsi coaguli di sangue negli atri, per poi rompersi nel flusso sanguigno e causare ictus mortali. Gli ictus correlati alla fibrillazione atriale colpiscono circa 12,1 milioni di persone solo negli Stati Uniti causando più di 150.000 decessi negli Stati Uniti ogni anno. "Per ridurre queste complicanze cardiovascolari a lungo termine associate alla fibrillazione atriale - hanno affermato i ricercatori - sono necessari sforzi per ridurre l’uso di sostanze stupefacenti".

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