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Giovedì, 28 Marzo 2024
Melanoma

Melanoma, il prof. Ascierto: “Vi spiego come riconoscere un nevo sospetto”

“Basta adottare la semplice regola dell'ABCDE, dove A sta per asimmetria, B per bordi irregolari, C per colore variegato, D per dimensione, ed E per evoluzione. In caso di sospetto bisogna sottoporsi subito a una visita dermatologica”. L’intervista al Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del Pascale di Napoli

Il melanoma è il tumore più aggressivo della pelle ed origina dalla trasformazione maligna dei melanociti (le cellule che producono la melanina). La sua insorgenza può essere legata a fattori genetici, fenotipici e ambientali, tra cui l’esposizione ai raggi UV, in rapporto a dosi assorbite, tipo di esposizione (intermittente) ed età (i ragazzi sono a maggior rischio). Questo tumore è particolarmente insidioso perché può manifestarsi in modo silente nelle fasi iniziali e nascondersi in aree del corpo non facilmente visibili, come il cuoio capelluto. Nella gran parte dei casi viene scoperto durante controlli attenti dei nei preesistenti e della cute in generale. Controlli su cui però ha impattato fortemente la pandemia di Covid-19 che ha spinto molte persone a rimandare le visite specialistiche e gli accertamenti, causando una serie di ritardi nelle diagnosi.

In Italia, in termini di frequenza, il melanoma è il secondo tra gli uomini under 50 anni e il terzo tra le donne della stessa età. E se si esclude un lieve decremento registrato nel 2019, l'incidenza è aumentata in modo rilevante negli ultimi dieci anni, registrando un +15% rispetto al 2011. Solo nel 2020 sono stati stimati nel nostro Paese 14.900 nuovi pazienti con melanoma, 2.600 in più rispetto all’anno precedente. Ma se il numero dei casi continua a crescere, sia tra gli uomini che tra le donne, la buona notizia è che la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è elevata. “Se prima del 2011 il trattamento chemioterapico era lo standard di cura, con una sopravvivenza mediana di circa 6-9 mesi e con solo il 25% dei pazienti vivi ad 1 anno e con meno del 5% a 5 anni – spiega a Today il prof. Paolo Ascierto, pioniere della prima molecola immuno-oncologica approvata (Ipilimumab) - oggi, grazie all’immunoterapia, circa il 50% dei pazienti sopravvive a 5 anni”. Ulteriori passi in avanti sono stati poi compiuti grazie ad una nuova molecola immuno-oncologica, il Nivolumab, utilizzata sia in monoterapia che in combinazione con l’Ipilimumab. Ma come riconoscere i nevi sospetti e in che modo possiamo fare prevenzione? Ne abbiamo parlato con il prof. Paolo Ascierto, Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto Nazionale Tumori Fondazione 'G. Pascale' di Napoli, nonché membro del Consiglio direttivo della Società Internazionale per la Ricerca sul Melanoma (Society for Melanoma Research).

Prof. Ascierto, esiste un modo semplice per capire quali sono i nevi sospetti?

“Certo, i segnali cui prestare attenzione sono riconoscibili attraverso una regola abbastanza semplice definita “ABCDE”: dove ogni lettera corrisponde ad una parola: A “asimmetria”, B “bordi irregolari”, C “colore variegato”, D “dimensione maggiore di 6 mm”, E “evoluzione nel giro di settimane o mesi”. Tutti questi aspetti permettono di riconoscere un nevo differente e, quindi, di far sorgere il sospetto, ed in questo caso che diventa fondamentale ricorrere ad una visita dermatologica. Esiste poi un’altra regola, vale a dire quella del brutto anatroccolo. Cosa significa: lì dove ci sono tanti nei e ne risalta uno con caratteristiche irregolari di forma e colore (il brutto anatroccolo), questo deve essere immediatamente riferito ad uno specialista dermatologo”.

Cosa causa il cambiamento di un nevo?

"La correlazione maggiore si ha con la luce ultravioletta. Senza demonizzare il sole, che fa bene per tante altre patologie, l’importante è avere una corretta esposizione, quindi evitare l’eritema solare (cioè le scottature), non esponendosi al sole nelle ore in cui c’è una maggiore incidenza delle luci ultraviolette (ovvero tra le 12 e le 15) e applicare regolarmente un’alta protezione solare su tutto il corpo".

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Quali sono i soggetti più a rischio?

"I soggetti a maggior rischio sono quelli che si espongono al sole in maniera intermittente, vale a dire per 2-3 settimane all’anno con una elevata intensità, questo porta inevitabilmente a scottature e quindi a quelle modifiche del DNA che possono determinare l’insorgenza del melanoma. Per questo motivo questa neoplasia è detta anche la malattia dei colletti bianchi".

Come la pandemia di Covid-19 ha impattato sulla diagnosi precoce?

"Molte regioni, tra cui la Campania, nella fase acuta della pandemia, hanno disposto il blocco dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali non urgenti negli ospedali. Il Pascale, per la sua tipologia di pazienti (oncologici), non ha mai rallentato la propria attività, ma è innegabile che gli effetti devastanti della pandemia continuano a farsi sentire ancora oggi sugli screening e sulla prevenzione. Quello che dobbiamo purtroppo aspettarci è ciò a cui già stiamo assistendo, ovvero che l'aumento dei casi di tumori più gravi negli ultimi 2 anni in alcune patologie anche in maniera importante".

Come fare prevenzione e in che modo può aiutare l’app MIRA?

"Ormai sappiamo che i principali imputati per lo sviluppo del melanoma sono le cattive abitudini soprattutto dei giovani: l’esposizione al sole senza protezione nella fascia oraria dalle 12 alle 15, l’utilizzo delle lampade solari e la poca attenzione rivolta alla prevenzione e ai controlli dei nei. Quando il melanoma viene diagnosticato precocemente è, nella gran parte dei casi, una malattia curabile. Se non individuato e trattato in tempo, può, invece, diffondersi in altre parti dell’organismo, coinvolgendo organi tra cui fegato, polmoni, ossa e cervello. Per questo motivo è fondamentale la prevenzione, che consiste semplicemente in periodiche visite dermatologiche. L’applicazione MIRA (Misuratore di Rischio per una corretta esposizione al sole) consente di dare una indicazione qualitativa sui fattori di rischio individuali che favoriscono l’insorgenza del melanoma, attraverso un questionario di 11 domande che valuta abitudini, stili di vita e caratteristiche della cute, con particolare attenzione all'esposizione solare. Quest’app ritengo possa essere un importante strumento di prevenzione primaria"".

Come viene trattato il melanoma?

"Ormai, da anni, al primo posto per combattere il melanoma c’è l’immunoterapia, un’arma che ha permesso di raggiungere una sopravvivenza a 5 anni del 50%. Questo 50% di pazienti può essere considerato guarito da un male che fino al decennio scorso non lasciava scampo. Inoltre, oltre all’immunoterapia, per circa la metà dei pazienti (quelli che presentano una determinata mutazione genetica che si chiama BRAF) abbiamo un’altra importante arma a disposizione, che è la terapia target o terapia a bersaglio molecolare, costituita da farmaci che colpiscono particolari bersagli molecolari presenti sulle cellule tumorali".

Lei ha contribuito allo sviluppo dell’immunoterapia e, in particolare, dell’Ipilimumab, il primo anticorpo monoclonale immunomodulante che ha rivoluzionato la terapia del melanoma. In che modo agisce questo farmaco e qual è il suo valore innovativo rispetto ai trattamenti precedenti?

"Sì, l’Ipilimumab è stato il primo anticorpo monoclonale che ha aperto la strada dell’immunoterapia. E’ un farmaco che agisce attaccando indirettamente il tumore, stimolando il sistema immunitario del paziente a riconoscere e distruggere le cellule cancerogene. In particolare blocca l’antigene 4 associato ai linfociti T citotossici (CTLA-4) che è coinvolto nella soppressione della normale risposta immunitaria".

A gennaio scorso l’AIFA ha approvato il protocollo che rende disponibile in tutta Italia la combinazione di due farmaci immunoterapici (l’Ipilimumab e il Nivolumab). Quali tassi di sopravvivenza si possono raggiungere oggi grazie a tale combinazione?

"Grazie a questi due farmaci immunomodulanti, combinati insieme, il 49% dei pazienti affetti da melanoma metastatico è vivo a 6 anni e mezzo. In particolare, la sopravvivenza globale mediana è stata di 72,1 mesi con Nivolumab più Ipilimumab. È, quindi, risultato decisivo l’impatto della combinazione sulla sopravvivenza globale, soprattutto se si considera che, prima dell’immunoterapia, la speranza di vita dei pazienti con melanoma metastatico era di circa 6 mesi e meno del 10 per cento era vivo a un quinquennio".

Per il trattamento del melanoma non resecabile o metastatico, la Food and Drung Administration ha approvato un’altra combinazione di farmaci immunoterapici (Relatlimab e Nivolumab) per pazienti dai 12 anni in su. Su questa combinazione lei aveva condotto uno studio e presentato risultati molto promettenti già nel 2017. Qual è il beneficio clinico offerto da questa nuova combinazione? E quando sarà approvato anche in Italia?

"Questa nuova combinazione, i cui risultati promettenti sono emersi dallo studio di fase III, RELATIVITY-047, presentato al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), ha dimostrato un significativo beneficio clinico offerto in prima linea, con una buona tollerabilità. In particolare, la sopravvivenza libera da progressione mediana ha raggiunto 10,12 mesi con la combinazione rispetto a 4,63 mesi con la monoterapia con nivolumab. E’ pertanto evidente che la nuova combinazione possa rivelarsi una strategia chiave per potenziare la risposta immunitaria. Per l’approvazione in Italia ci vorrà ancora un pò di tempo, ma sono fiducioso che così come è stata approvata la combinazione di Nivolumab e ipilimumab, a breve arriverà anche quella con il Relatlimab".

La duplice immunoterapia ha evidenziato un significativo 'effetto memoria'. Questo effetto, quindi, riduce anche il rischio di una recidiva di melanoma?

"Sì, un altro aspetto importante della terapia di combinazione di Nivolumab più ipilimumab è che il 77% dei pazienti vivi a 5 anni non ha più avuto necessità di ricevere un trattamento sistemico, dimostrando quindi un significativo ‘effetto memoria’, ovvero che la sua efficacia si mantiene a lungo termine, anche dopo la fine delle cure".

Al Pascale avete scoperto come la combinazione di immunoterapia abbia permesso ai pazienti con melanoma di combattere l’infezione da Covid-19 senza manifestare sintomi. Come vi siete spiegati questa correlazione?

"Sì, abbiamo constatato che il virus attacca di meno i pazienti affetti da melanoma trattati con l'immunoterapia rispetto agli altri, e che questi, in caso di positività, superano il Covid in maniera spesso asintomatica. Al momento ci sono ancora pochi studi scientifici italiani che ci hanno permesso di constatare come i pazienti trattati con l’immunoterapia, abbiano superato l’infezione da Covid-19, senza ricorrere a particolari cure, e che la maggior parte delle volte l’infezione decorreva in maniera asintomatica".

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