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Giovedì, 18 Aprile 2024
Salute

Melanoma metastatico, l'immunoterapia riduce la probabilità di recidiva e morte: gli ultimi studi

A due anni dal trattamento con immunoterapia in adiuvante, cioè dopo la chirurgia, il 58% dei pazienti sopravvive senza recidive. Al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica presentati i risultati di tre ricerche

Il melanoma è il tumore della pelle più aggressivo e diffuso soprattutto nella popolazione con meno di 50 anni. Origina dalla trasformazione delle cellule presenti nell’epidermide che producono melanina (i melanociti). La prevenzione resta la prima arma per contrastate la malattia: quando, infatti, il melanoma viene diagnosticato precocemente è, nella gran parte dei casi, curabile. Se non individuato e trattato in tempo, può, invece, diffondersi in altre parti dell’organismo, coinvolgendo fegato, polmoni, ossa e cervello. Nel 2020, in Italia, le diagnosi di melanoma sono aumentate del 20%, passando da 12.300 nel 2019 a quasi 14.900. Ma se da una parte si è registrato un incremento del numero di diagnosi, è anche vero che è aumentata l’aspettativa di vita nei pazienti affetti da questa neoplasia grazie all’immunoterapia. “Se prima del 2011 - spiega il Prof. Paolo Ascierto, pioniere della prima molecola immuno-oncologica approvata (ipilimumab) -, il trattamento chemioterapico era lo standard di cura nei pazienti affetti da melanoma metastatico, con una sopravvivenza mediana di circa 6-9 mesi e con solo il 25% dei pazienti vivi ad 1 anno e con meno del 5% a 5 anni, oggi, grazie all’immunoterapia circa il 50% dei pazienti sopravvive a 5 anni”.

Ulteriori passi in avanti sono stati compiuti prima con una nuova molecola immuno-oncologica, nivolumab, utilizzata sia in monoterapia che in combinazione con l’ipilimumab, e poi con relatlimab, la cui sperimentazione è stata avviata circa quattro anni fa all'ospedale Pascale di Napoli (nell’ambito dello studio di fase III “Relativity-047”). I risultati di questa ricerca hanno mostrato che relatlimab, se utilizzato in combinazione con nivolumab nei pazienti con melanoma metastatico mai trattati prima, riduce del 25% il rischio di progressione della malattia. I dati aggiornati sono stati presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) insieme ai risultati del Programma Italiano di Accesso Allargato (Italian Nivolumab Expanded Access Program in Melanoma Adjuvant Setting: patients outcomes and safety profile), secondo cui grazie all'immunoterapia la sopravvivenza a due anni libera da recidiva ha raggiunto il 58% dei pazienti mentre quella libera da metastasi a distanza il 70%. Presentati anche i primi dati relativi allo studio "Secombit", nato con l'obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nelle persone con melanoma metastatico.

Lo studio “Relativity-047” sulla combinazione di immunoterapie

Lo studio “Relativity-047” ha valutato la combinazione in dose fissa di relatlimab, un anticorpo anti-LAG-3 (una nuova molecola immuno-oncologica inibitore del checkpoint immunitario LAG-3, regolatore dei processi chiave del sistema immunitario) e nivolumab (farmaco immunoterapico che agisce stimolando le cellule del sistema immunitario a sviluppare una risposta contro le cellule tumorali). Il Pascale ha svolto un ruolo centrale nel suo sviluppo di relatlimab, avviando nel 2017 il primo studio al mondo sulla molecola con il coinvolgimento di circa 200 pazienti.

“I risultati già illustrati lo scorso giugno al Congresso Americano di Oncologia Medica - spiega il Prof. Ascierto, Direttore Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del ‘Pascale’ di Napoli - sono stati confermati: la sopravvivenza ha raggiunto 10,12 mesi con la combinazione rispetto a 4,63 mesi con la monoterapia con nivolumab. E si conferma il dato già evidenziato anche con nivolumab più ipilimumab, cioè quello relativo all’intervallo libero da trattamento, decisamente superiore con la combinazione (3,22 mesi) rispetto alla monoterapia (1,41 mesi)”. 

Il Programma Italiano sulla pratica clinica quotidiana

Nell’ambito del Programma Italiano di Accesso Allargato - il più ampio al mondo - sono stati arruolati 611 pazienti, in stadio III e IV resecato, cioè dopo la resezione chirurgica. Il programma è stato attivato per consentire ai pazienti di accedere all’immunoterapia con nivolumab in adiuvante, cioè dopo il trattamento chirurgico, prima dell’approvazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in questa indicazione, avvenuta a dicembre 2019.

“Il programma del ‘mondo reale’, cioè relativo alla pratica clinica quotidiana, - spiega Paolo Ascierto - ha evidenziato, in una popolazione eterogenea e non selezionata, che l’efficacia e la tollerabilità di nivolumab, molecola immuno-oncologica, somministrata in adiuvante (attuata dopo il trattamento chirurgico, allo scopo di aumentare le probabilità di guarigione e ridurre il rischio di recidiva), si mantengono inalterate e in linea con quanto emerso nello studio registrativo di fase 3 "CheckMate-238". A due anni, la sopravvivenza libera da recidiva ha raggiunto il 58% dei pazienti e quella libera da metastasi a distanza il 70%. Nei pazienti con la malattia in stadio IIIB o IIIC, non sottoposti a terapia adiuvante dopo la resezione chirurgica, il tasso di recidiva a 5 anni è, invece, elevato, pari al 71% e all’85%". L'immunoterapia in adiuvante dura solo un anno, aumenta la possibilità di evitare la recidiva della malattia e, quindi, potenzialmente di guarire la persona. "Siamo di fronte alla più importante esperienza al mondo nell’uso di nivolumab in adiuvante nella pratica clinica - sottolinea l'oncologo - che consolida il valore della molecola”.

Melanoma metastatico, il Prof. Ascierto: "Un paziente su 2 vivo a 5 anni grazie alla combinazione di immunoterapia" 

Secombit, lo studio per individuare la giusta sequenza di terapie 

Al Congresso ESMO sono stati presentati per la prima volta anche i risultati preliminari dello studio Secombit che ha visto l’arruolamento di 209 persone di 30 centri, tra cui l’ospedale Pascale di Napoli, in 10 Paesi europei. "Secombit - ha spiegato il Prof. Ascierto, sperimentatore principale dello studio - ha l’obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nelle persone con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF". Lo studio sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore. 1) La prima è la combinazione di terapie target (terapie farmacologiche che contrastano i meccanismi specifici del processo di carcinogenesi) per proseguire con la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, dopo la progressione di malattia. 2) La seconda opzione è la duplice immunoterapia per proseguire con la combinazione di terapie target dopo progressione. 3) La terza è il cosiddetto ‘sandwitch arm’, cioè la sequenza di terapie target e della combinazione delle due immunoterapie e, solo in caso di progressione, la prosecuzione con terapie target.

I dati preliminari di Secombit

La seconda opzione consente di raggiungere la migliore sopravvivenza globale a 3 anni, pari al 62%, rispetto all’avvio con la terapia target (54%) o con la terza opzione (60%). I dati preliminari realtivi allo studio Secombit indicano una sopravvivenza libera da progressione (della malattia), a tre anni, pari al 53%, iniziando con la combinazione di nivolumab e ipilimumab rispetto al 41% con la terapia target e al 54% con la terza opzione. "La scelta dell’immunoterapia prima della terapia target - conclude Ascierto - è quindi sostenuta da questi dati e dal tasso di risposta obiettiva”. 

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