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Venerdì, 9 Giugno 2023
Morbo di Crohn

Morbo di Crohn, quali sono i sintomi e come si cura: risponde la gastroenterologa

"La malattia colpisce soggetti giovani tra i 20 e i 40 anni, e dura tutta la vita. La cronicità e le complicanze hanno un impatto molto forte sulla qualità di vita, e per questo il suo miglioramento è un obbiettivo primario degli studi sperimentali sulle nuove terapie". L'intervista alla dott.ssa Maria Cappello

La malattia di Crohn è un’infiammazione cronica che può colpire tutto il tratto gastrointestinale. Generalmente si manifesta con dolore addominale, diarrea cronica (che persiste, cioè, per più di 4 settimane), febbricola, perdita di peso, sintomi che determinano molte volte ulcerazioni ed emorragie. Le cause che la determinano non sono state ancora individuate, ma si sa che in Italia colpisce circa 180 mila persone, nella maggior parte dei casi giovani. Secondo gli esperti, le Mici, ovvero la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, sono destinate a diventare sempre più diffuse in Italia, con la stima di un raddoppio entro il 2030 rispetto agli attuali 250mila pazienti ritenuti affetti da queste patologie.

“Il morbo di Crohn – spiega a Today la dott.ssa Maria Cappello dell’ UOC Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Palermo, e componente CDN AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri) – era considerato una volta solo appannaggio del Nord Europa e del Nord America. Oggi, come dimostrato da numerosi studi epidemiologici, è diventato un fenomeno globale, e l’Italia si configura come un Paese ad incidenza medio-alta, con 6-15 casi per 100.000 abitanti/anno. Se ci basiamo sulle esenzioni ticket per patologia, in Italia sono 180mila i soggetti affetti dalla malattia di Crohn, ma il dato è sottostimato. Si stima, infatti, che attualmente vi siano circa 300.000 pazienti, e che entro il 2030, dato il recente incremento di incidenza e prevalenza, diventeranno 500.000”.

Dott.ssa Cappello, come viene diagnosticata questa patologia?

"Nel paziente con sintomi sospetti, quali dolore addominale, diarrea, dimagramento (i principali), si devono eseguire alcuni esami di laboratorio come un emocromo completo, la sideremia e la ferritina, il dosaggio delle sieroproteine e soprattutto gli indici di infiammazione come la PCR e la calprotectina fecale. I sintomi infatti possono essere insidiosi, ed è molto frequente confonderali con quelli legati a patologie più frequenti come l’intestino irritabile. Gli esami di laboratorio sopraelencati servono proprio a questo, ad evidenziare le cosiddette “red flags”, i segnali di allarme, e cioè l’anemia, la carenza di ferro, lo stato infiammatorio. Se gli indici di flogosi sono elevati, si dovrà eseguire la colonscopia completa con esplorazione dell’ultima ansa ileale, che è l’esame fondamentale. Durante la colonscopia si eseguiranno poi le biopsie che confermeranno la diagnosi. La prima diagnosi richiederà anche uno studio radiologico dell’intestino tenue che oggi si effettua con la risonanza magnetica e si chiama entero-RM. La migliorata consapevolezza di questa malattia e un corretto iter diagnostico hanno consentito una riduzione del ritardo diagnostico, che tuttavia è ancor oggi significativo. Al contrario, il ritardo diagnostico incide sul decorso della malattia perché determina un maggior rischio di complicanze e di ricorso alla chirurgia".

Quali complicanze può portare questa patologia?

"La malattia di Crohn determina spesso la formazione di stenosi, ossia di restringimenti dell’intestino, che possono portare a episodi di occlusione intestinale, e di fistole, ossia delle comunicazioni anomale tra l’intestino e altri organi o tra varie porzioni dell’intestino. Tra le fistole, frequenti sono le fistole perianali spesso complicate da ascessi. Sebbene si sia negli anni ridotto grazie alle nuove terapie, la malattia comporta un rischio di andar incontro ad intervento chirurgico di resezione intestinale che è di circa il 50% a 10 anni dalla diagnosi. In questo caso, la chirurgia non è risolutiva perché le lesioni recidivano (già a 12 mesi si riscontrano lesioni endoscopiche nell’80%) e possono essere necessari nuovi interventi. Inoltre, resezioni ripetute possono condurre alla sindrome dell’intestino corto".

Quali soggetti colpisce e come impatta sulla qualità di vita?

"La malattia di Crohn colpisce soggetti giovani tra i 20 e i 40 anni e dura tutta la vita. La cronicità e le complicanze hanno un impatto molto forte sulla qualità di vita tanto che esiste un indice specifico per misurarla con IBD, l’IBDQ, e il suo miglioramento è un obbiettivo primario degli studi sperimentali sulle nuove terapie".

Come viene curato il Morbo di Crohn?

"La terapia della malattia di Crohn si distingue in terapia di induzione, mirata a determinare la scomparsa dei sintomi, e terapia di mantenimento, che si assume cronicamente e mira a ridurre il rischio di ricadute. Nell’induzione della remissione il farmaco principale è il cortisone e, nelle forme lievi-moderate si userà un cortisonico detto a bassa biodisponibilità ossia che ha una azione solo locale, cioè sull’intestino, e minor rischio di effetti collaterali che si chiama budesonide. Nel mantenimento della remissione si utilizzano gli immunosoppressori e oggi sempre più i cosiddetti farmaci biologici, cioè i farmaci che hanno come bersaglio uno specifico meccanismo dell’infiammazione. La prima classe di questi farmaci è disponibile ormai da circa 20 anni e ha come bersaglio il TNF-@, una molecola centrale nella cascata infiammatoria. Gli anti-TNF sono l’infliximab e l’adalimumab, ie per entrambi i farmaci, essendo scaduto il brevetto, sono disponibili biosimilari che hanno costi più contenuti e questo ha portato a un uso più esteso delle terapie biologiche che hanno consentito non solo di controllare meglio i sintomi sia nell’induzione che nel mantenimento, ma anche di ottenere una riduzione dei ricoveri e della chirurgia. Altri due farmaci biologici sono disponibili nel Crohn e sono il vedolizumab, un anti-integrina che blocca il reclutamento dei leucociti nelle sedi di infiammazione, e l’ustekinumab, un anti-interleuchina 12/23 che agisce sulla differenziazione dei linfociti T. Avremo presto anche delle molecole orali (le “piccole molecole”) come filgotinib e upadacitinib. La disponibilità di più farmaci è fondamentale perchè ci consente di avere più linee terapeutiche nel caso di fallimento primario o secondario di un farmaco biologico".

Quando si ricorre alla chirurgia?

"Si ricorre alla chirurgia ( quasi sempre con approccio laparoscopico) per la gestione delle complicanze e cioè le stenosi, le fistole, gli ascessi. La chirurgia è più spesso in elezione, cioè programmata, mentre le emergenze chirurgiche come la perforazione o l’occlusione intestinale sono meno frequenti. Ma purtroppo, come detto sopra, non è risolutiva e alta è la probabilità di recidiva".

Una nuova terapia basata su iniezioni di cellule staminali costituisce un’efficace alternativa a farmaci e interventi chirurgici. Di che si tratta?

"Le cellule staminali iniettate localmente da parte di un chirurgo esperto, si sono dimostrate efficaci nel trattamento delle fistole perianali complesse nel corso di uno studio sperimentale e in alcune esperienze “real life”, e costituiscono una importante opportunità per questa complicanza della malattia di Crohn. Lo “standard of care” e cioè l’approccio terapeutico combinato con farmaci biologici e procedure chirurgiche (fistulectomie, posizionamento di setoni) determina la stabile chiusura delle fistole in meno del 50% dei casi. Ma l’uso delle cellule staminali è gravato da alti costi e non ha ancora ottenuto la rimborsabilità da parte del nostro Ente regolatorio, l’AIFA, che deciso che sarà riservato inizialmente solo ad alcuni centri di riferimento".

Dott.ssa Maria Cappello-2

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