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Venerdì, 19 Aprile 2024
Gravidanza

Ovuli congelati o fecondazione in vitro, qual è il trattamento più efficace per rimanere incinta?

Secondo uno dei più grandi studi sulla crioconservazione degli ovociti, i tassi di natalità relativi a questo trattamento sono superiori a quelli della procreazione medicalmente assistita

Sono sempre di più le donne che nei Paesi industrializzati rimandano il momento della gravidanza. Oggi, l’età media del primo parto è ≥35 anni. Questa tendenza verso la maternità in età avanzata è legata a diverse ragioni: educative, professionali, finanziarie e personali. Sfortunatamente, la scelta di rimandare il momento di diventare mamma non ritarda l'inevitabile declino della fertilità legato all'età (diminuzione della quantità e qualità degli ovociti). Pertanto, si ricorre sempre più spesso a trattamenti che consentono di prolungare l’età fertile come la crioconservazione degli ovociti (o Social Freezing). Secondo l’ultima Relazione al Parlamento sulla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), a ricorrere maggiormente a questo tipo di tecnica sono le donne tra i 35 e i 39 anni per motivi legati all’incertezza lavorativa, alla mancanza di un rapporto sentimentale stabile, o a una grave malattia. Nonostante il numero crescente di donne che hanno fatto ricorso alla crioconservazione degli ovociti negli ultimi anni, la maggior parte di queste non è ancora tornata per scongelarli, per questo motivo i dati statistici relativi all’efficacia del trattamento sono ancora scarsi. Pertanto, una migliore comprensione del tasso di nati vivi dalla crioconservazione degli ovociti (OC) è necessaria per informare la paziente al fine aiutarla nel processo decisionale.

Per tali motivi, gli esperti della NYU Grossman School of Medicine e del NYU Langone Fertility Center, hanno condotto uno studio sullo scongelamento degli ovociti autologhi (appartenenti agli stessi organismi) effettuati presso il Langone Prelude Fertility Center prima del 31 dicembre 2020, con l'obiettivo di pubblicare informazioni aggiornate sull’efficacia del trattamento OC. Si tratta del più grande rapporto statunitense sui risultati della conservazione elettiva della fertilità effettuato al mondo. Dallo studio - basato su 15 anni di risultati di scongelamento di ovociti congelati "nella vita reale" per donne che avevano ritardato la gravidanza e affrontato un declino naturale della fertilità legato all’età - è emerso che il 70% delle donne che hanno congelato gli ovuli quando avevano meno di 38 anni, e hanno scongelato almeno 20 ovuli in un secondo momento, hanno avuto un bambino. Lo studio, pubblicato su Fertility and Sterility, ha anche scoperto che un numero considerevole di donne ha avuto più di un figlio attraverso la conservazione degli ovuli. In totale lo studio riporta 211 bambini nati dal congelamento delle uova.

Come vengono congelati gli ovuli

La crioconservazione degli ovociti (OC) è un trattamento complesso che deve essere realizzato in un centro/clinica autorizzato. La donna viene prima sottoposta a una stimolazione ovarica, tramite la somministrazione di ormoni per generare un numero di ovociti elevato nelle ovaie. Successivamente viene controllata tramite ecografie durante i giorni precedenti all’ovulazione e, prima di questa, sottoposta ad una punzione follicolare via vaginale per estrarre gli ovociti maturi. Una volta aspirato il liquido follicolare che contiene gli ovuli, viene trasferito in delle provette che vengono portate in laboratorio. Lì gli ovuli vengono puliti ed analizzati e, una volta selezionati, sottoposti a congelamento ultrarapido per garantirne la qualità. Successivamente si conservano a -196º C in contenitori pieni di azoto liquido. In questo ambiente controllato, gli ovuli possono mantenere la loro capacità riproduttiva per anni e fino a quando la paziente non decide di scongelarli e farli fecondare dagli spermatozoi dell'aspirante padre. Sulla sopravvivenza degli ovociti a lunga scadenza ci sono pochi dati: studi preliminari sostengono che possano avere una vitalità anche di 10 anni.

La crioconservazione garantisce un tasso di successo maggiore

Secondo le statistiche raccolte dai Centers for Disease and Prevention delle quasi 500 cliniche per la fertilità degli USA, tra le donne di 40 anni che cercano di concepire sottoponendosi a fecondazione in vitro (IVF) utilizzando ovuli freschi, meno del 30% è rimasta incinta e meno del 20% ha dato alla luce bambini vivi. Di contro, il congelamento degli ovuli fornisce un tasso di successo della gravidanza più elevato rispetto all'utilizzo di embrioni freschi durante la riproduzione assistita.

“I risultati del nostro studio - ha affermato l'autrice principale Sarah Druckenmiller Cascante, del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia della NYU Langone - fanno luce sui fattori che tengono traccia delle nascite riuscite dal congelamento degli ovuli, che includono un attento screening degli embrioni da scongelare e impiantare. Una migliore comprensione del tasso di natalità dal congelamento degli ovuli per il declino della fertilità legato all'età è necessaria per informare il processo decisionale del paziente”.

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Il 70% delle donne che ha congelato gli ovuli prima dei 38 anni ha avuto un bambino

Allo studio americano hanno partecipato 543 donne con un'età media di 38 anni al momento del primo congelamento degli ovociti, età più vecchia di quella ottimale per congelare gli ovociti (35 anni o meno). Le pazienti sono state sottoposte a 800 cicli di congelamento degli ovuli, 605 scongelamenti di ovuli e 436 trasferimenti di embrioni tra il 2005 e il 2020. L'indagine ha rilevato nel complesso che il 39% delle donne tra i 27 e i 44 anni, con una maggioranza tra i 35 e i 40 anni, che si sono sottoposte al congelamento degli ovuli, ha avuto almeno un figlio dai suoi ovuli congelati, dato paragonabile ai risultati della fecondazione in vitro corrispondenti all'età. 

In tutte le età, le donne che hanno scongelato più di 20 ovuli maturi avevano un tasso di natalità viva del 58%, esito inaspettato poiché questo gruppo includeva pazienti con un’età oltre il periodo riproduttivo. Infatti, 14 pazienti che hanno congelato ovuli all'età di 41-43 anni hanno avuto uno o più figli con successo. Mentre, il 70% delle donne che ha congelato gli ovuli prima dei 38 anni ha avuto almeno un bambino. Infine, altro dato emerso è che la durata della conservazione delle uova congelate non ha modificato la percentuale di successo.

Lo screening genetico preimpianto ha portato a un numero inferiore di aborti spontanei

I risultati hanno anche mostrato che lo screening genetico preimpianto con embrioni da ovuli congelati e infine scongelati ha comportato tassi di aborto spontaneo inferiori e tassi di natalità vivi più elevati per trasferimento. Tale screening consente anche trasferimenti di embrioni singoli, producendo gravidanze singole, che sono più sicure sia per la madre che per il bambino.

"I nostri risultati - ha affermato l'autore senior dello studio James A. Grifo, del NYU Langone Fertility Center - forniscono aspettative realistiche per coloro che considerano la conservazione degli ovociti e dimostrano che la tecnologia di congelamento degli ovuli conferisce alle donne una migliore autonomia riproduttiva. Il congelamento degli ovuli in giovane età diventa un'opzione per essere il proprio donatore di ovuli in età avanzata. Poiché i pazienti più giovani congelano gli ovuli e fanno più di un ciclo, le percentuali di successo saranno persino superiori a quelle riportate in questo studio”.

Necessari più dati per informare correttamente le pazienti

Lo studio americano si basa sull'esperienza clinica reale, e non su modelli matematici con dati limitati, come la maggior parte di ciò che è stato pubblicato finora sulla possibilità di nascite derivanti dal congelamento degli ovuli. Il numero di donne statunitensi che hanno figli in età avanzata è in aumento da tre decenni, con prove che mostrano come la tendenza continuerà. I tassi di natalità sono diminuiti per le donne sui 20 anni e aumentati per le donne tra la fine dei 30 e i 40 anni, secondo l'US Census Bureau. L'età media della prima nascita è passata dai 19 anni nel 1984 ai 30 anni nel 2021, ed è ancora più alta in molte aree metropolitane.

Con l'aumento di questa tendenza non solo in USA, ma in molti altri Paesi come l'Italia, sono necessari più dati per informare i pazienti che cercano di assicurarsi il loro futuro riproduttivo. “Il nostro studio - ha concluso il dottor Grifo - è stato limitato dal numero di pazienti. Ma sono in corso studi più ampi che aumenteranno il set di dati da cui le pazienti possono trarre vantaggio e modellare i tassi di successo previsti”.

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