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Giovedì, 25 Aprile 2024
Colesterolo e cuore

Lo studio che 'smonta' il legame tra colesterolo e malattie cardiovascolari

I risultati della ricerca mettono in dubbio l'efficacia delle statine quando prescritte con l'obiettivo di abbassare il colesterolo cattivo e, quindi, di ridurre il rischio di infarto, ictus e morte prematura

Su oltre un milione di pazienti ad alto rischio di malattie cardiovascolari, più di 8 su 10 hanno livelli di colesterolo superiori a quelli delle linee guida europee. Quando c’è un’alta concentrazione di LDL (colesterolo cattivo) nel sangue, questo tende lentamente a depositarsi sulla parete interna delle arterie favorendo lo sviluppo dell’aterosclerosi (malattia che colpisce le arterie). Tenere bassi i livelli di LDL, quindi, è importante per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, quali infarto del miocardi e ictus. Nella gran parte dei casi, ai pazienti ad alto rischio o a coloro che hanno una malattia cardiovascolare nota, laddove non ci siano controindicazioni, vengono prescritti dei farmaci ad azione ipocolesterolemica (per contrastare o ridurre il colesterolo totale ed LDL) chiamati “statine”. Queste sono state approvate nel 1987, e oggi sono tra i farmaci con maggiore impatto sulla spesa convenzionata tra quelli per il sistema cardiovascolare: nel 2019 un cittadino su dieci ha ricevuto almeno una prescrizione di ipolipemizzanti con un marcato trend per età, che raggiunge circa il 40% nella fascia ≥75 anni. 

Ma, se ricerche precedenti suggerivano l'uso di statine per abbassare il colesterolo cattivo al fine dei prevenire malattie cardiovascolari, nuovi studi contraddicono questo legame. E’, infatti, in corso un dibattito sul fatto che le statine siano o meno prescritte in eccesso. Tutti coloro che le prendono ne traggono davvero beneficio? Secondo una recente ricerca della RCSI University of Medicine and Health Science il legame tra il colesterolo cattivo e gli esiti negativi sulla salute, come infarto e ictus, potrebbe non essere così forte come si pensava in precedenza. La ricerca, pubblicata su JAMA Internal Medicine, mette in dubbio l'efficacia delle statine quando prescritte con l'obiettivo di abbassare il colesterolo cattivo e, quindi, di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Lo studio

Con l’obiettivo di indagare l'associazione tra riduzioni dei livelli di LDL-C (colesterolo cattivo) con il trattamento con la terapia con statine e mortalità per tutte le cause, infarto del miocardio e ictus, i ricercatori hanno condotto una meta-analisi di 21 studi clinici rilevanti e analizzato i dati combinati di oltre 140.000 partecipanti (uomini e donne con età superiore ai 18 anni). L’analisi puntava a rispondere a due domande: 1) “Per ridurre il rischio di infarto, ictus o morte prematura, bisogna abbassare il più possibile il colesterolo LDL-C”? 2) “Quali sono i benefici effettivi delle statine quando si tratta di ridurre il rischio di questi eventi?”.

Abbassare il colesterolo cattivo riduce il rischio di malattie cardiovascolari?  

In alcuni studi, le riduzioni del colesterolo LDL-C sono state associate a riduzioni significative del rischio di morte, ma in altri, le riduzioni non hanno ridotto questo rischio. I risultati della meta-analisi della RCSI University si collocano a metà strada tra questi due risultati: i ricercatori hanno trovato una relazione sorprendentemente debole e incoerente tra il grado di riduzione del colesterolo LDL dall'assunzione di statine e il rischio ridotto di infarto o ictus, o di morte prematura.

Poiché le linee guida cliniche hanno ampliato la percentuale di persone cui possono essere prescritte le statine (uno studio ha stimato un aumento del 600% dell'idoneità alle statine tra il 1987 e il 2016), i risultati della ricerca potrebbero portare a un aggiornamento delle linee guida per la cura di pazienti ad alto rischio di malattie cardiovascolari.

Qual è il rapporto costi-benefici delle statine?

I ricercatori hanno scoperto che, sebbene vi sia una riduzione del rischio relativo del 50% di infarto, ictus e morte prematura, la riduzione del rischio assoluto derivante dall'assunzione di statine è modesta (solo dello 0,1%). In particolare, la riduzione del rischio relativo per coloro che assumeono statine rispetto a coloro che non le assumono è del 9% per i decessi, del 29% per gli attacchi di cuore e del 14% per gli ictus. Tuttavia, la riduzione assoluta del rischio di morte, infarto o ictus è rispettivamente dello 0,8%, 1,3% e 0,4%.

Quindi, con dati alla mano, verrebbe da chiedersi se effettivamente vale la pena utilizzare questo farmaco, tenendo anche conto del fatto che può portare importantii effetti collaterali come epatotossicità o mialgia (nel 10/15% dei casi i pazienti sospendono il trattamento perché manifestano dolori ai muscoli).

Il rischio di malattie cardiovascolari è legata a più fattori

I risultati dello studio fanno riferimento a una media di dati riferiti a tutti i partecipanti. Ovviamente, il rischio individuale di malattia delle singole persone varia a seconda di diversi fattori, come l’alimentazione, lo stile di vita, il fumo, il peso, la pressione sanguigna, il colesterolo e l’età. Se consideriamo un uomo di 65 anni in sovrappeso che fuma, che ha la pressione e il colesterolo totale elevati, potrebbe essere ad alto rischio di malattie cardiovascolari, rispetto a una donna di 45 anni non fumatrice con colesterolo e pressione sanguigna leggermente aumentati e nessun altro fattore di rischio. Se un medico valutasse il rischio di morire nei prossimi dieci anni, il rischio stimato per l'uomo potrebbe essere del 38%, ad esempio, mentre il rischio della donna potrebbe essere solo dell’1,4%.

Così, anche l’efficacia delle statine varia a seconda dei fattori di rischio. E, quindi, questo significa che il beneficio complessivo dell'assunzione di statine può variare a seconda dei fattori di rischio personali di un individuo. "Il messaggio - ha dichiarato la dott.ssa Paula Byrne del Centro HRB presso il Dipartimento di Medicina Generale dell’RCSI - è stato a lungo che abbassare il colesterolo ridurrà il rischio di malattie cardiache e che le statine aiutano a raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, la nostra ricerca indica che, in realtà, i benefici dell'assunzione di statine sono vari e possono essere piuttosto modesti”.

La prescrizione di statine andrebbe limitata ai pazienti ad alto rischio

I risultati di questo studio suggeriscono una revisione delle linee guida cliniche per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari che supporti le decisioni dei medici. Secondo i ricercatori gli esperti dovrebbero valutare il singolo caso prima di prescrivere le statine, e considerare quel è il giusto compromesso tra potenziali benefici (rischio ridotto di malattie cardiovascolari) e effetti collaterali (ma anche il dover assumere una medicina quotidiana, possibilmente per tutta la vita) derivanti dall’uso di questi farmaci. E, in particolare, valutare se è realmente necessario prescrivere le statine anche a pazienti a basso rischio per i quali i benefici sono marginali rispetto ai pazienti ad alto rischio.

Statine e colesterolo: come funzionano, quando prenderle e quali sono gli effetti collaterali

Tuttavia, ognuno percepisce il rischio in modo diverso anche in base alla propria esperienza personale e professionale. Uno studio, ad esempio, ha rilevato che i medici valutavano un trattamento come più efficace ed erano più propensi a prescriverlo quando i benefici comportavano una riduzione del rischio relativo piuttosto che una riduzione del rischio assoluto.  “I risultati di questa meta-analisi - hanno concluso i ricercatori - suggeriscono che le riduzioni del rischio assoluto del trattamento con statine in termini di mortalità per tutte le cause, infarto del miocardio e ictus sono modeste rispetto alle riduzioni del rischio relativo, e la presenza di una significativa eterogeneità riduce la certezza delle prove. Tuttavia, dovrebbero essere comunicati ai pazienti come parte di un processo decisionale clinico informato”.

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