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Martedì, 23 Aprile 2024
Vaiolo delle scimmie

Vaiolo delle scimmie, scoperti "nuovi" sintomi (che confondono la diagnosi)

La scoperta effettuata da uno studio internazionale migliorerà la diagnosi e aiuterà a rallentare la diffusione dell'infezione a livello globale

I casi di vaiolo delle scimmie stanno aumentando in tutto il mondo. Secondo i dati dei CDC (Centers for Disease Control, l’ente nazionale statunitense per la salute pubblica), sono oltre 16 mila i casi confermati al 22 luglio in 68 paesi che in passato non avevano segnalato episodi, tra cui l’Italia, dove sono stati registrati 407 casi. Pertanto, sabato scorso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato l’epidemia “emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale (Pheic), una classificazione che indica “un evento straordinario che costituisce un rischio di salute pubblica per diversi Stati attraverso la diffusione internazionale di una malattia e che richiede una risposta coordinata a livello internazionale”. Ma Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, ha rassicurato: “La situazione in Italia è sotto costante monitoraggio, e non si ritiene debba destare particolari allarmismi”.

Il vaiolo delle scimmie è causato dal virus Monkeypox (della famiglia degli orthopoxvirus)  che colpisce soprattutto primati e piccoli roditori nei Paesi tropicali dell’Africa centrale e occidentale. Si chiama così perché l’infezione è stata identificata per la prima volta nelle scimmie da laboratorio nel 1958. Nel 1970, poi, è stato scoperto che il virus poteva causare anche una malattia negli esseri umani simile al vaiolo. Fino all'attuale focolaio globale di infezione negli esseri umani, iniziato a maggio 2022, i casi registrati in Africa sono stati sporadici e originati dal contatto con riserve di fauna selvatica, e la trasmissione da uomo a uomo considerata molto poco rilevate. Sebbene i rapporti sessuali sembrano essere la via principale di trasmissione (il 98% dei casi riguarda uomini gay o bisessuali), i ricercatori sottolineano che il virus può essere trasmesso con qualsiasi contatto fisico stretto, attraverso grandi goccioline respiratorie e potenzialmente attraverso indumenti e altre superfici. Ora un team di ricercatori provenienti da 16 diversi paesi, ha condotto il più ampio studio mai fatto sino ad ora per descrivere sintomatologia, idecorso clinico e esiti della malattia, e identificato "nuovi" sintomi clinici nelle persone infette. Questa scoperta non solo migliorerà la diagnosi della malattia, ma aiuterà anche a rallentare la diffusione dell'infezione a livello globale. Lo studio, guidato dai ricercatori della Queen Mary University di Londra, è stato pubblicato su New England Journal of Medicine (NEJM).

La diagnosi è spesso errata

Essendo i sintomi, associati sino ad ora al vaiolo delle scimmie, simili a quelli di molte infezioni trasmesse sessualmente, possono essere facilmente confusi con queste, portando a una diagnosi errata. D’altronde attualmente non esistono neanche test specifici per identificare questa malattia, la rilevazione del virus avviene infatti attraverso analisi di laboratorio e non tutte le strutture sono attrezzate per effettuarle. I test utilizzati sono in genere tamponi molecolari, simili a quelli utilizzati per il Covid che simultaneamente amplificano e quantificano il Dna. Il campione, però, è prelevato dalle vesciche infette, quindi liquido o croste o tessuto lesionato. Alcuni kit, inoltre, rilevano solo gli orthopoxvirus in genere, altri sono più specifici, ma comunque le aziende che producono strumenti di diagnostica sono già a lavoro per sviluppare test più veloci ed efficaci.

I “nuovi” sintomi del vaiolo delle scimmie

I ricercatori hanno analizzato 528 infezioni diagnosticate tra il 27 aprile e il 24 giugno 2022, in 43 città di 16 paesi. Nel 95% dei casi si sospettava che la trasmissione fosse avvenuta attraverso un rapporto sessuale. In questo gruppo, il 95% delle persone presentava un'eruzione cutanea, il 73% aveva lesioni anogenitali e il 41% aveva lesioni della mucosa. I sintomi precedenti l'eruzione cutanea includevano febbre (62%), linfoadenopatia (56%), letargia (41%), mialgia (31%) e mal di testa (27%). Pertanto, gli studiosi si sono resi conto che molti dei pazienti presentavano sintomi non riportati nell'attuale definizione medica del vaiolo delle scimmie, come singole lesioni a livello dei genitali e dolore a bocca ed ano. Tali sintomi, che talvolta possono manifestarsi anche in forma grave e portare al ricovero, sono simili a quelli delle infezioni trasmesse sessualmente, e per questo possono essere facilmente confusi con queste malattie, portando a una diagnosi errata. Imparare a riconoscerli, dunque, migliorerebbe le diagnosi e aiutarebbe a rallentare la diffusione dell’infezione.

“Mentre ci aspettavamo vari problemi alla pelle ed eruzioni cutanee (sintomo principale del vaiolo delle scimmie), abbiamo scoperto che una persona su dieci aveva solo una singola lesione cutanea nell'area genitale e il 15% aveva dolore anale e/o rettale. Queste diverse presentazioni evidenziano che le infezioni da vaiolo delle scimmie potrebbero essere perse o facilmente confuse con comuni infezioni sessualmente trasmissibili come la sifilide o l'herpes. Suggeriamo quindi di rivedere l’attuale inquadramento diagnostico della malattia”, ha dichiarato Il dottor John Thornhill, medico consulente in salute sessuale e HIV e docente clinico senior presso il Barts NHS Health Trust e la Queen Mary University di Londra.

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Approvato l'uso del vaccino contro il vaiolo delle scimmie

La Commissione europea ha approvato di recente l'uso del vaccino Imvane x (prodotto dal gruppo farmaceutico danese Bavarian Nordic) contro il vaiolo delle scimmie. Il via libera arriva dopo quello dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), che venerdì aveva dato il suo consenso ad estendere l'utilizzo di Imvanex, già autorizzato dal 2013 nell’Unione Europea contro il vaiolo umano (eradicato nel 1980), anche per il vaiolo delle scimmie. Il vaccino può essere utilizzato per la profilassi sia prima che dopo aver avuto contatti stretti con una persona infetta. Se viene, invece, somministrato entro i primi quattro giorni dal contatto con un caso confermato di vaiolo delle scimmie, può avere un effetto protettivo significativo. 

"I dati epidemiologici - ha affermarlo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova - dicono che i casi riguardano prioritariamente una popolazione abbastanza ristretta: maschi, tra i 20 e i 40 anni, che si sono contagiati preferenzialmente per via sessuale o per contatto diretto. E' urgente, dunque, raccomandare la vaccinazione e altri provvedimenti preventivi a queste persone". 

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