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Venerdì, 19 Aprile 2024
La storia

Dopo 16 anni dal trapianto vede il proprio cuore esposto in un museo

"È estremamente surreale vederlo in mostra. Ho visto molte cose nei barattoli nella mia vita, ma pensare che questo è mio è molto strano", ha commentato Jennifer Sutton, sottoposta nel 2007 a un trapianto di cuore che le ha salvato la vita

Jennifer Sutton, 38 enne, originaria di Ringwood, nell'Hampshire (Regno Unito), aveva subito nel 2007 un delicatissimo trapianto di cuore che le ha salvato la vita. L’organo espiantato è stato poi donato dalla stessa donna al Museo Hunterian di Londra, che espone la più grande collezione pubblica di anatomia umana in Inghilterra. Il Museo prende il nome dal chirurgo e anatomista del XVIII secolo John Hunter, e raccoglie migliaia di oggetti, strumenti, dipinti e preparazioni anatomiche dedicati alla storia della chirurgia, dai tempi antichi sino a quelli moderni. Una collezione ricchissima che comprende numerosi organi espiantati, tra i quali oggi c’è anche il cuore di Jennifer. "È estremamente surreale vederlo in mostra - ha commentato la 38enne dopo la sua visita al Museo -. Ne sono decisamente affezionata, anche se mi ha causato così tanti problemi. Mi ricorda tutto quello che ho passato e spero che col tempo altre persone lo guarderanno e prenderanno in considerazione la donazione degli organi".

Come avviene un trapianto di cuore

Per eseguire un trapianto di cuore, il paziente viene prima sottoposto ad anestesia generale, e poi il suo sistema cardiocircolatorio viene collegato a un circuito artificiale cuore-polmone che garantisce l’ossigenazione del sangue e la circolazione. Dopodichè viene praticato un taglio al centro del petto, il cuore malato viene quindi espiantato e sostituito dal cuore nuovo, che circa un'ora dopo dovrebbe iniziare a battere normalmente. Se il cuore non riparte autonomamente, ma si contrae in modo disordinato (fibrilla), si procede con una scarica elettrica affinché si instauri un ritmo adeguato. L'assunzione di farmaci immunosoppressori comincia subito dopo l'operazione e dura per tutta la vita, in quanto il rischio di rigetto dell'organo si abbassa, ma resta nel tempo. A un anno dal trapianto i tassi di sopravvivenza sono dell'85-90%, in seguito la mortalità annuale si aggira intorno al 4%.

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La storia del trapianto di Jennifer

Jennifer ha scoperto di avere problemi al cuore all'eta' di 22 anni, quando seguiva l'Università. Dopo essersi sottoposta ad alcuni controlli per dei disturbi che avvertiva quando il cuore era sotto sforzo, le è stata diagnosticata una cardiomiopatia restrittiva (una condizione in cui il cuore diventa progressivamente più rigido nel tempo e fatica a pompare il sangue in tutto il corpo). Era la stessa condizione che aveva sua madre, morta, quando Jennifer aveva 13 anni, in seguito a un trapianto di cuore. Sì perchè con questa patologia si sopravvive in media 9 anni dopo la diagnosi: l'unica via di salvezza è il trapianto di cuore.

"Ho sempre pensato di aver avuto qualcosa che non andava perché ero più lenta degli altri bambini. A scuola facevo fatica a fare sport. Ma non ho fatto nulla finché non sono andata all'Università. Ero al mio secondo anno quando un amico all'epoca mi fece notare che quando ero sotto sforzo sembrava che stessi camminando su per le colline, diventavo blu e senza fiato. La mia faccia era blu e lo erano anche le mie labbra e le mie dita". Dopo la diagnosi, sebbene Jennifer seguisse una terapia farmacologica, la sua salute ha iniziato a peggiorare rapidamente, mentre era in attesa di un trapianto di cuore. Nel giugno 2007 è arrivata la notizia tanto attesa: era stato trovato un cuore di un donatore.

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L’intervento e la guarigione

Sebbene Jennifer fosse molto preoccupata per l’intervento, la sua ripresa è stata molto rapida, "spettacolare" secondo il medico che l'ha operata. "Sono incredibilmente grato al mio donatore (anche se non conosco la sua identità), non posso descrivere quanto sono grata a lui e al mio straordinario chirurgo". Ricordando i primi momenti dopo il risveglio, Jennifer ha detto: "Mi sono svegliata ed ero rosa, le mie guance erano calde e potevo sentire il battito del mio cuore. Ho pensato: ‘oh mio Dio, mi sono svegliata, ora sono una persona nuova’. Ricordo di aver fatto un piccolo ballo con il doppio pollice alzato alla mia famiglia e di aver detto 'ce l'ho fatta, ce l'ho fatta'".

L'appello a donare gli organi per salvare nuove vite

Dopo l’intervento, Jennifer ha deciso di donare il suo cuore al Royal College of Surgeons, un ente di beneficenza registrato che promuove gli standard di assistenza chirurgica per i pazienti in Inghilterra, e permesso l'esposizione all'Hunterian Museum di Londra, dove si è recata in visita per rivederlo. "Nel momento in cui sono entrata nella sala per la prima volta ho pensato 'quello era dentro il mio corpo' - ha detto -. Ma è anche abbastanza carino, è come un mio amico. Mi ha tenuto in vita per 22 anni e ne sono davvero orgogliosa. Ho visto molte cose nei barattoli nella mia vita, ma pensare che questo è mio è molto strano".

Jennifer ha anche lanciato un appello per la donazione degli organi, ricordando che senza il cuore che le è stato donato, non avrebbe potuto vivere alcuni dei momenti più belli della sua vita, come il suo matrimonio. "Sono stati 16 anni fantastici e non ne avrei vissuto nessuno senza il mio donatore. Oggi sono una donna impegnata, attiva e tengo il mio cuore in salute, mantenendomi in vita il più a lungo possibile. Bisogna vivere la vita al massimo e non rimandare a domani quello che si può fare oggi".

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