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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Transizione di genere

Cambio di sesso da donna a uomo: quali interventi chirurgici si effettuano

“Ad oggi le tecniche più utilizzate sono cinque, ed hanno tutte l’obiettivo di ricostruire un piccolo fallo. Step chirurgici successivi conferiranno poi all’organo funzionalità minzionale ed erettiva". L'intervista al dott. Marco Capece, esperto in chirurgia ricostruttiva dell’apparato genitale maschile

Ogni mese in Italia 10 persone cambiano sesso. La transizione sessuale da femmina a maschio (e viceversa) è un percorso individuale e personale che inizia con la diagnosi di “Incongruenza di genere” - una condizione di malessere percepita da un individuo che non riconosce la propria identità di genere (senso di appartenenza a un sesso e a un genere) nel genere/sesso attribuiti alla nascita -, e termina (ma non sempre) con uno o più interventi chirurgici per cambiare il proprio sesso biologico. 

“Nel nostro Paese - spiega a Today l'andrologo Marco Capece, esperto in chirurgia ricostruttiva dell’apparato genitale maschile presso la Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università degli Studi Federico II di Napoli - si segue il protocollo ONIG, che inizia con un percorso psicologico della durata minima di sei mesi, volto ad accertare la presenza di una “Incongruenza di genere”, a cui segue la TOS o Terapia Ormonale Sostitutiva (secondo la legge 164/82) prescritta da un endocrinologo. Parallelamente si potrà iniziare l'iter burocratico che si concluderà con l’emissione, da parte del tribunale di competenza, della sentenza che autorizza la rettifica di attribuzione del sesso e il cambio del nome sui documenti. Una volta completato questo ultimo step, il paziente potrà sottoporsi agli interventi di riassegnazione dei caratteri sessuali”. I trattamenti di riassegnazione sessuale includono varie procedure e tecniche chirurgiche per aiutare le persone transgender a completare il percorso di riconversione gino-androide (da donna a uomo). Il dott. Marco Capece spiega quali sono quelli più utilizzati oggi.

Dott. Capece, quale sono le tappe del percorso ormonale per una persona che desidera sostituire l'organo genitale femminile con quello maschile?

“La terapia ormonale sostitutiva è un trattamento ormonale continuativo. L'endocrinologo esperto avrà come obiettivo quello di incrementare la quota androgenica presente nella persona. Pertanto si tratta di un trattamento “integrativo” del testosterone che da solo riesce nella gran parte dei casi ad abolire anche il ciclo mestruale. Nell’arco di mesi ed anni il testosterone avrà poi un impatto importante anche sui caratteri sessuali secondari: incremento della massa muscolare, crescita di peli corporei in diversi distretti corporei, incremento delle dimensioni del clitoride pur senza mai arrivare a dimensioni tali da poter permettere una penetrazione vaginale”.

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Una volta terminato il percorso ormonale, alcune persone decidono di sottoporsi all’intervento chirurgico di riassegnazione dei caratteri genitali. Quali sono le tecniche chirurgiche più utilizzate oggi?

“Ad oggi le tecniche maggiormente utilizzate sono 5: la metoidioplastica, la falloplastica pubica addominale, il lembo libero di latissimus dorsi, il lembo libero radiale, e il lembo anterolaterale della coscia. La metoidioplastica consiste nella creazione di un fallo di piccole dimensioni a partire dal clitoride (che generalmente è ipertrofico, ovvero che inizia ad aumentare di volume grazie alla terapia ormonale). La falloplastica pubica addominale prevede la creazione del fallo a partire da un lembo di cute e sottocute addominale che viene ribaltato verso il basso e tubularizzato. I lembi liberi di latissimus dorsi e radiale sono, invece, due tecniche di ricostruzione del fallo a partire da un sito donatore differente che sono rispettivamente la parte alta del dorso ed il braccio. Il lembo viene configurato in modo tale da poterlo tubularizzare contestualmente e poi trasferirlo nella zona pubica. Per quanto riguarda il lembo anterolaterale di coscia, questo prevede la creazione di un fallo dalla parte alta della coscia: in pratica il lembo viene riposizionato dalla coscia al pube”.

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Quali sono le diverse fasi chirurgiche che il paziente deve affrontare?

“Queste variano da intervento ad intervento. Ad esempio una falloplastica pubica addominale avrà una complessità chirurgica intraoperatoria ed una degenza post-operatoria molto meno impattante rispetto ad una falloplastica con lembo libero di latissimus dorsi o di lembo libero radiale, che possono richiedere anche 7-10 giorni di degenza ospedaliera ed un periodo di riposo post-degenza anche per 4/6 settimane. Meno difficile è la ripresa da una metoidioplastica”.

Prima di questi interventi, è necessario sottoporsi ad isterctomia (asportazione dell'utero) e doppia mastectomia (rimozione delle mammelle)?

“La maggior parte delle persone che desiderano cambiare sesso si sottopone sia ad isterctomia laparoscopia che a doppia mastectomia. Ma mi è capitato di operare persone che avevano fatto la mastectomia ma non l'isterectomia, persone che avevano fatto l'isterectomia ma non la mastectomia, ma anche persone che non avevano fatto nessuno dei due interventi. Chi si sottopone alla falloplastica generalmente rimuove utero e mammelle, ma non sono per forza necessari questi interventi”.

Quali funzioni e sensibilità garantiscono all’organo sessuale questi interventi?

“Questi interventi non garantiscono la “funzione” nel senso lato del termine. Il loro scopo è ricostruire un fallo. Il primo step chirurgico è quello più complesso. In questa fase si crea il fallo, e si effettuano le varie anastomosi (connessioni) vascolari e nervose. Le prime anastomosi servono a mantenere in vita il fallo, mentre le seconde per dare sensibilità al fallo. Purtroppo, nonostante gli avanzamenti microchirurgici, le anastomosi nervose non sempre danno un esito positivo in termini di sensibilità. Inoltre, va detto che quand'anche l’anastomosi riuscisse a dare sensibilità al fallo, questo non significa che la sensibilità tattile sarà completa. Una volta terminato questo primo step si potranno poi pianificare eventuali step chirurgici successivi, che avranno l’obiettivo di “dare funzionalità” al nuovo organo, e più nello specifico funzionalità minzionale ed erettiva”.

Quali sono questi step chirurgici successivi? I pazienti operati possono raggiungere l’orgasmo?

“Gli step chirurgici possono essere l’uretroplastica di connessione tra la nuova uretra e l’uretra nativa della persona e l’inserimento di una protesi peniena per avere una rigidità del fallo. L’orgasmo ed il desiderio sessuale sono purtroppo molto poco investigati dalla letteratura internazionale, anzi vi è un disperato bisogno di avviare nuove ricerche in merito. In ogni caso, dai pochissimi dati disponibili sembra che il desiderio ed anche l’orgasmo siano correlati più con l’inizio della terapia ormonale che con l’intervento chirurgico. Bisognerebbe indagare in maniera più approfondita con studi più robusti”.

Possibili rischi o problematiche che il paziente può trovarsi ad affrontare?

“Anche in questo caso i rischi e le complicanze sono correlate al tipo di intervento al quale la persona decide di sottoporsi. Si va da complicanze “minori” come ematomi, deiscenze di ferite, cicatrici ed inestetismi a complicanze più importanti fino ad arrivare alla completa perdita dell’organo appena neoformato. Pertanto, vale sempre una regola in questo tipo di interventi chirurgici: “maggiori sono le aspettative di carattere estetico e funzionale, maggiore sarà la complessità dell’intervento e pertanto maggiori saranno i rischi e le complicanze”.

Nella foto, il dott. Marco Capece, esperto in chirurgia ricostruttiva dell’apparato genitale maschile

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