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Venerdì, 29 Marzo 2024
Incongruenza di genere

Mio figlio non si riconosce nel suo sesso, come posso aiutarlo?

Situazioni come questa possono disorientare e spaventare i genitori, spingendoli a chiedersi come comportarsi e cosa dire. La dott.ssa Maddalena Mosconi spiega cos’è l’incongruenza di genere e suggerisce alcuni consigli pratici su come supportare il proprio figlio

Alla nascita, ad ogni individuo viene assegnato un sesso (maschio o femmina) in base all’anatomia dei suoi genitali esterni (pene o vagina). Questo atto di assegnazione, in molte società come la nostra, presuppone implicitamente anche la futura identità di genere (maschile o femminile) che si conformerà al sesso biologico attribuitogli e definirà comportamenti considerati “tipici” (maschili o femminili) e che possono cambiare a seconda del contesto culturale e sociale in cui si cresce. Tuttavia può capitare che una persona non si riconosca nel sesso/genere assegnatogli: pensiamo a ragazzi che hanno un disagio rispetto al proprio sesso biologico e preferiscono presentarsi più femminili nell’aspetto e nell’abbigliamento, o a ragazze che scelgono esclusivamente abiti e attività tipiche dei maschi. Questa condizione, caratterizzata a volte da un profondo disagio, era definita fino a poco tempo “disforia di genere” (dal greco “mal sopportare”), descritta nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali come un disturbo mentale. Nel 2018 è stata poi rimossa dal capitolo dei disturbi mentali nell’ultima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) (a cura dell’OMS), e inserita in un nuovo capitolo dedicato alle condizioni relative alla salute sessuale con un nuovo nome: “Incongruenza di genere”. 

Il tema del genere e la sua decostruzione sono al centro di un importante cambiamento sociale e culturale, attualmente in corso e di cui le nuove generazioni si fanno promotrici. Attraverso i social ed altri canali di comunicazione e condivisione, la generazione Z (nata tra il 1997 e il 2012) sta portando avanti una battaglia che punta a sdoganare il rigido binarismo maschio-femmina nell’identità di genere. L’obiettivo è costruire una nuova dimensione più fluida, priva di barriere, etichette, pregiudizi e stereotipi di genere, dove ognuno è libero di manifestarsi semplicemente per quello che è e non per quello che la società vuole che sia. Un cambiamento profondo che non sempre viene compreso dalle generazioni precedenti. Di fronte a certe manifestazioni di disagio, molti genitori si sentono spaventati, disarmati, incapaci di affrontare i cambiamenti del proprio figlio. Come dobbiamo comportarci? Cosa dobbiamo dirgli? Sarà solo una fase passeggera? Quando è il momento di chiedere un supporto psicologico? A queste e ad altre domande risponde la dott.ssa Maddalena Mosconi, che dal 1997 lavora per il SAIFIP (Servizio per l’Adeguamento tra Identità Fisica e Identità Psichica), presso l’ Ospedale S. Camillo di Roma, e dal 2005 si occupa principalmente di bambini e adolescenti che presentano difficoltà legate all’identità di genere.

Dott.ssa Mosconi, che differenza c'è tra Disforia di genere e Incongruenza di genere?

“Il termine “Disforia di genere” viene oggi utilizzato per indicare la situazione di una persona che ha elevati livelli di sofferenza, che possono riguardare il proprio corpo (c’è ad esempio chi rifiuta i propri genitali, chi non li rifiuta, ecc) e il modo in cui gli altri li percepiscono. L’“Incongruenza di genere” si riferisce, invece, a una condizione più sfumata, in cui vi è un disagio rispetto al proprio sesso biologico, ma non necessariamente una sofferenza. Secondo le nuove Linee guida internazionali (WPATH), la valutazione psicologica - che può dare inizio o no a un percorso di transizione - oggi è necessaria solo per i minori, non per gli adulti. Questo perché l’OMS ha “depatologizzato” la condizione, ciò significa che le persone trans non sono più considerate affette da un disturbo mentale. Ma se la valutazione psicologica è stata eliminata dal percorso di transizione, quella legale resta ancora obbligatoria per poter procedere con l’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso, per ottenere la rettificazione del nome e del genere anagrafico ed effettuare il cambio dei documenti anagrafici. Ora, tutte queste fasi di valutazione (da quella psicologica a quella legale) non fanno che creare ulteriore stress alla persona che subisce lo stigma della malattia mentale oltre che quello dell’essere transgender”.

Come capire se un adolescente sta vivendo un disagio rispetto alla propria identità di genere?

“Una femmina assegnata alla nascita (sesso biologico femminile) può, ad esempio, manifestare un rifiuto del proprio corpo, delle proprie caratteristiche sessuali secondarie, quindi del seno, delle forme femminili in generale come glutei e gambe. Quindi può fasciarsi il seno, mettersi vestiti larghi, ecc. Un maschio assegnato alla nascita (sesso biologico maschile) può manifestare insofferenza rispetto ai peli, alla barba e al pomo D’Adamo".

Questi sono segnali più fisici. Quali sono, invece, quelli psicologici?

"Dai dati relativi agli adolescenti che si sono rivolti al nostro Servizio, l’80% ha subìto bullismo transfobico, questo è un fattore di rischio importante che può predisporre all’insorgenza di vissuti depressivi, senso d’inadeguatezza e tendenza all’isolamento sociale. Inoltre, il non affidarsi a un servizio specializzato può alimentare nel tempo il disagio e la sofferenza di questi adolescenti legata all’incongruenza di genere. Questi sono tutti fattori di rischio che predispongono all’insorgenza di altre patologie, come disturbi depressivi, disturbi d’ansia, ideazione suicidaria. Mai come in questo periodo storico stiamo registrando alti tassi di adolescenti che tentano il suicidio: gli articoli scientifici riportano per gli adolescenti transgender un tasso di ideazione suicidaria pari al 45-65% (vs. il 33% per le persone omosessuali e l’8,5% per quelle eterosessuali)”.

A quale età si può manifestare una Incongruenza di genere?

“Spesso l’incongruenza può comparire in infanzia, in altri casi in adolescenza, in altri casi in età adulta. Oggi sono sempre di più gli adolescenti che si definiscono “non binari”, cioè che rifiutano il rigido binarismo maschio-femmina. Ad esempio il maschio che riconosce in sè aspetti di delicatezza, sensibilità, ed ha ad esempio un’espressione di genere femminile, come indossare abiti femminili, truccarsi (pensiamo a modelli come Achille Lauro o i Måneskin), non può accettare una cultura che vede il maschio sempre forte, poco sensibile, e che non piange mai. Tra questi adolescenti c’è chi vive un disagio con il sesso biologico di appartenenza, c’è chi non ha alcun problema con il proprio organo genitale. Le sfumature sono tante, e tutte incluse nel termine ombrello “Incongruenza di genere”. Nel caso degli adolescenti, come dicevo prima, è prevista una valutazione psicologica, che dura circa sei mesi, che può portare o non portare a un percorso di affermazione di genere”.

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E se i segnali di un’Incongruenza di genere si manifestano in età infantile?

“Oggi esistono le terapie con farmaci che bloccano l’inizio della pubertà e che si possono assumere già dai 12 anni circa (2° stadio Tunner della crescita), però solo in casi altamente selezionati. Ad esempio, se un bambino già dai 2/3 anni manifesta un’incongruenza di genere, se manifesta insofferenza rispetto ai suoi genitali: per loro arrivare alle porte della pubertà è sempre un momento drammatico perché si rendono conto che il corpo sta iniziando a cambiare, una situazione che mette loro molta angoscia. In questi casi vengono utilizzati questi farmaci che mettono l’adolescente in una condizione di standby: il ragazzo può intanto continuare a lavorare in psicoterapia rispetto alla sua identità di genere senza vivere l’angoscia di un corpo che cambia”.

Come devono porsi i genitori nei confronti di un figlio che manifesta un’Incongruenza di genere?

“Non bisogna mai dire al ragazzo “non è così”, “non è vero”, “non ti credo”. Questo approccio è controproducente, nel senso che non permette l’alleanza con il figlio, perché se un figlio manifesta una incongruenza di genere, c’è un motivo. Non è detto che sarà una persona transgender in età adulta, ma è un segnale di malessere che non deve essere sottovalutato. I genitori devono accogliere la richiesta di aiuto alimentando il dialogo e rivolgendosi a un professionista. Bisogna allearsi coi propri figli. Se un genitore rifiuta il disagio, succede che l’adolescente non si fida più, pensa che il genitore non gli vuole più bene e nasconde il segreto dentro di sé. E questo atteggiamento non fa altro che aumentare i problemi. Più si ritarda la presa in carico del ragazzo da parte di un servizio specializzato, più ci sono rischi che questo sviluppi problemi psicologici. Genitori, non negate, ma cercate di comprendere, e rivolgetevi a centri specializzati”.

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Quando è il momento di chiedere un supporto psicologico?

“Sin da subito, non bisogna aspettare. Bisogna parlare coi figli, e prendere contatti con figure specializzate. I genitori non devono avere paura di rivolgersi a psicologi e psicoterapeuti: molti pensano che portare i loro figli in questi centri significhi instradarli necessariamente su un percorso di transizione, ma in alcuni casi ciò non avviene. D’altro canto, portarli in questi centri fa sì che questi ragazzi non si sentano più sbagliati perché si rendono conto che esistono molti altri adolescenti come loro. A volte questi giovani si possono sentire mostruosi, sapere che esiste un servizio pubblico che si occupa di loro, può sollevarli”.

In alcuni casi l’Incongruenza di genere non potrebbe essere solo moda, l’imitazione di un modello?

“Questo è un tema ancora molto controverso, su cui tutta la comunità scientifica si sta interrogando. Ipotizziamo che la forte presenza di questo tema su Instagram, Tik Tok, ecc faccia sì che gli adolescenti lo prendano in prestito per manifestare un disagio reale che vivono dentro di sé, alla base vi è sempre un malessere. Una parte di loro comincerà un percorso di transizione, l’altra magari prenderà altre strade”.

Che tipo di supporto e quali servizi offre il Sistema Sanitario Nazionale a questi ragazzi e alle loro famiglie? E cosa si potrebbe fare in più?

“I Servizi pubblici che si occupano della presa in carico di questi ragazzi e delle loro famiglie sono pochi: Roma, Firenze, Torino, Trieste, Napoli (per una mappa dettagliata dei centri si può consultare il sito di Infotrans dell’ISS). Allo stesso tempo è importante che sia un centro specializzato ad occuparsene. Sicuramente sarebbe molto utile dare una formazione adeguata sull’argomento ai pediatri di libera scelta, neuropsichiatri e psicologi, e a tutti quei professionisti che sono a contatto con bambini e adolescenti e che possono aiutare indirizzandoli tempestivamente, quando necessario, in uno di questi centri”.

Quanti ragazzi/famiglie si rivolgono ogni anno al SAIFIP?

“Dal 2018 al 2021 il nostro servizio ha registrato un incremento importante della domanda, pari al 315%. Questo dato è comune a tutti i centri, nazionali e internazionali, che si occupano di minori con Incongruenza di genere. Nello specifico, al SAIFIP si sono rivolte 20 famiglie con minori con incongruenza di genere nel 2018, 82 famiglie nel 2021, e 75 famiglie fino a settembre di quest’anno”.

Nella foto, Maddalena Mosconi, psicoterapeuta presso il SAIFIP

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