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Mercoledì, 7 Giugno 2023

Problemi di memoria

Cesare Treccarichi

Giornalista

Il 25 aprile sta morendo e neanche la Costituzione sta benissimo

In Italia c'è un fascismo malcelato. Il tappeto sotto cui si è nascosta negli anni la polvere del regime è diventato troppo piccolo per contenerla. Come siamo arrivati a spogliare, decontestualizzare, strumentalizzare e violentare il 25 aprile definendolo una "festa divisiva"? Scappando dal passato, ignorandolo a tratti, come si fa con un trauma. Ormai l'anniversario della Liberazione dalla dittatura nazifascista è diventato uno scontro di due poli, tra chi ha rielaborato in maniera differente un vissuto che dovrebbe essere comune. La storia si è fatta memoria - quindi interpretabile -, e il passato è diventato strumento del presente. Ora l'Italia vive con ambiguità e trauma il rapporto con la sua dittatura ventennale. Il 25 aprile non può essere un pretesto su cui litigare: se ci si contende la festa della Liberazione la si politicizza, svuotandola del suo significato originale. In più, malcelare il fascismo permette di annacquarne il contraltare, l'antifascismo, uno dei perni della Costituzione. Dove andiamo a finire cosi?

Il fascismo malcelato 

I concetti tossici e propri del regime fascista si sono gradualmente insinuati come un virus nel discorso pubblico italiano, mimetizzati da un passato che sembrava troppo lontano per poter tornare a galla. L'ossessione della lingua, la lotta al diverso, le restrizioni sulla cittadinanza e il concetto etereo di italianità sono tutti capisaldi del regime fascista. Adesso si prova a restringere i "troppi diritti", combattendo "forestierismi", diverso e globale per esaltare il concetto di "italianità" nazionale.

Il governo di Giorgia Meloni è fascista?

Alcuni esponenti del govero Meloni hanno mostrato il loro fascismo malcelato con dichiarazioni incredibili, ma quando questi sentimenti emergono vengono accompagnati sempre da un "sì, non sono fascista, ma..", che subito mette sotto il tappeto le nostalgie del passato. Si può pensare sia una debolezza, quella di essere fascisti senza volerlo ammettere, ma tenerlo seminascosto gli dà forza, e a furia di sussurri lo fa percepire come sempre meno deprecabile. Alla fine, un sussurro è solo un sussurro, non può essere mica pericoloso. 

"Non rinnegare, non restaurare".

Se ne parla sfiorandolo appena: la parola "fascismo" in Italia viene maneggiata con cura. Giorgia Meloni è presidente del Consiglio e leader di Fratelli d'Italia che nel simbolo conserva ancora la fiamma del Movimento sociale italiano (Msi), il principale partito neofascista italiano. "Non rinnegare, non restaurare" è la formula efficace con cui Augusto De Marsanich - segretario del Msi dal 1950 al 1954 e presidente dal 1954 al 1972 -, sintetizza l'orientamento del partito: nessuna volontà di reastaurare il regime, ma neanche di rinnegarne i principi. Non rinnegare nè restaurare corrispondono proprio a malcelare.

Se "fascismo" viene sussurrato e malcelato, non c'è allora bisogno di pronunciare il termine opposto, "antifascismo". Il 24 marzo Giorgia Meloni commemora così le 335 vittime fucilate dai nazifascisti alle Fosse Ardeatine di Roma: "335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani". Non più antifascisti, ma italiani. Persino il Ministero della Difesa, nel presentare sul suo sito web il 78esimo anniversario della Liberazione riesce a non menzionare "fascismo" e "antifascismo". 

Simboli e luoghi "significano" ancora

Se ne parla tramite ammiccamenti, eppure il fascismo è ancora tutt'intorno a noi. I luoghi "significano" e trasmettono ciò per cui sono stati progettati. Quelli del fascismo sono ancora lì, testimoni silenziosi di fronte a un Paese che non vuole fare i conti col proprio passato. 

Il Palazzo della civilità italiana, il Colosseo quadrato, uno dei simboli del regime fascista di Benito Mussolini in Italia

In Italia ci sono centinaia di edifici, statue, lapidi, iscrizioni di stampo fascista e questo progetto ne ha fatto una mappa. L'architettura comunica e i monumenti fascisti esplicitano ancora oggi i principi del regime, così per come erano stati pensati: forme squadrate ed edifici monumentali che trasmettono l'ordine, l'unica via percorribile, la potenza del nuovo impero romano, il genio italico. Alcuni li considerano santuari, altri ruderi da disprezzare di un'epoca buia e ormai passata.

Con la Germania condividiamo lo stesso triste passato ma la rielaborazione è stata opposta. Non esiste un quartiere Eur a Berlino, né nel resto della Germania. Tutto ciò che rappresentava il potere del regime nazista venne abbattuto in quanto tale: simbolo di qualcosa che non deve verificarsi nuovo. Il Braunes Haus - quartier generale del partito nazista a Monaco,-, il bunker in cui morì Hitler a Berlino e altri ancora furono demoliti immediatamente dopo la guerra.

Perché in Germania sarebbe impossibile un La Russa qualunque

Sopra al bunker di Hitler c'è un parcheggio, e un semplice cartello indica cosa c'è di sotto. A Monaco, del quartier generale del partito nazista sono rimaste solo alcune macerie - ormai ricoperte d'erba -, e di fronte è stato costruito il Centro di documentazione sul nazionalsocialismo. Ci sono diversi luoghi ancora intatti del nazismo anche in Germania ma che sono stati riconvertiti, cambiandone il significato: da santuari luoghi simbolo di un regime a testimonianza della storia di un popolo. Non c'è bisogno di abbattere: basta dare a queste strutture il loro peso e contesto storico, ridefinendone gli usi per le generazioni future.

I monumenti nazisti in Germania: le differenze col fascismo in Italia

Ad esempio, a Bolzano è stata posta una scritta luminosa sopra al fregio del Trionfo del Fascismo sull'ex Casa littoria, oggi Palazzo degli Uffici finanziari, che riproduce un'affermazione di Hannah Arendt: "Nessuno ha il diritto di obbedire", in italiano, tedesco e ladino, in opposizione allo slogan fascista "Credere, obbedire e combattere" tutt'ora presente. 

Il palazzo degli uffici finanziari, l'ex Casa del fascio di Bolzano: così i luoghi celebrano la Liberazione dal Fascismo

Elaborare e condividere mentre la memoria sparisce: la scelta è anche di Meloni

"Giorgia Meloni colga questa occasione per dire senza ambiguità e reticenze che la destra italiana i conti con il fascismo li ha fatti fino in fondo quando è nata Alleanza Nazionale". L'appello alla presidente del Consiglio arriva da Gianfranco Fini, fautore della "svolta di Fiuggi" che segnò il passaggio dal Movimento Sociale Italiano ad Alleanza Nazionale e che poi diventa Fratelli d'Italia. "Non capisco la ritrosia nel pronunciare l'aggettivo antifascista - ha detto Fini -, O meglio la capisco, ma non la giustifico.

"Meloni dica, perché so che ne è convinta, che libertà e uguaglianza sono valori democratici, sono della Costituzione, sono valori antifascisti".

La memoria va elaborata e la storia condivisa, anche perché i testimoni stanno sparendo, per ragioni fisiologiche. Perché stravolgere tutto pur di non affrontare il passato? Anni fa, per esempio, Meloni propose di eliminare il 25 aprile e il 2 giugno per sostituirli con un’altra data di festa nazionale: il 4 novembre, l’anniversario della vittoria nella Grande guerra. Nel 2020, Ignazio La Russa propose invece di trasformare il 25 aprile in una data da celebrare in memoria dei caduti di tutte le guerre, "compreso il ricordo di tutte le vittime del coronavirus". 

La Costituzione secondo La Russa: "Non c'è l'antifascismo"

Negli anni si è fatto di tutto per banalizzare il 25 aprile. È ormai chiaro che per una parte della destra italiana non è pacifico accettare l’antifascismo come parte della propria identità nazionale. Si è arrivati a definire il 25 aprile, l'anniversario della liberazione da un regime, una festa "divisiva". Il 25 aprile si festeggia perché l'Italia in quella data voltò pagina, dopo 21 anni di regime totalitario.

Lo sfoglio è però rimasto a metà: i tentativi di far tornare lentamente a galla certi sentimenti, politicizzando l'antifascismo e "malcelando" il fascismo, insieme alla fisiologica scomparsa dei testimoni della Resistenza,  stanno mettendo a rischio l'esistenza stessa di un qualcosa da festeggiare, vitale per la nostra storia e cardine della Costituzione: il 25 aprile non ha colori, il 25 aprile è di tutti. Giorgia Meloni ora è al governo e ha una straordinaria occasione per dirlo, senza malcelare, una volta per tutte.

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