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Giovedì, 25 Aprile 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

La meccanica strumentale italiana può puntare a vendite per 100 miliardi nel 2019

Anche se è famosa soprattutto per cibo, moda e arredamento, l’Italia è una potenza globale anche nel settore della meccanica strumentale. Pur piccole, le imprese italiane della meccanica strumentale continuano a distinguersi per la qualità del prodotto e del servizio offerto e per l’alto grado di personalizzazione e Sace prevede che possano puntare a fatturare 1000 miliardi l’anno nel 2019.

L’Italia è il quinto esportatore mondiale di meccanica strumentale, settore che vale globalmente 1.600 miliardi di euro, il 9% del commercio internazionale di merci. Alle spalle di Cina, Germania, Usa e Giappone, esporta per circa 82 miliardi di euro ed è ai primissimi posti in alcuni comparti, come le macchine per il packaging (secondo posto), le macchine utensili (terzo posto), le macchine per la lavorazione di plastica e gomma (terzo posto) e i macchinari tessili (quarto posto).

La meccanica strumentale è la prima voce del nostro export di beni (20,5%) ed è gestita soprattutto da piccole e medie imprese, con dimensioni medie di più di 3 volte inferiori alle aziende tedesche ma che rappresentano il 6% delle imprese manifatturiere e il 12% degli addetti dell’industria nazionale. Il 77% delle aziende si serve di fornitori prevalentemente o esclusivamente italiani, sebbene solo pochi di essi siano considerati strategici, ovvero facilmente sostituibili.

La dimensione media aziendale è di 19 addetti: seppur maggiore della media del sistema produttivo italiano (4 addetti) resta inferiore alla media europea nel comparto (33 addetti). Negli ultimi 5 anni quasi la metà delle imprese ha investito in R&S e innovazione, e oltre un quarto nella penetrazione di nuovi mercati e in riorganizzazioni aziendali. La fonte di nanziamento primaria rimane il debito bancario, in un quadro complessivo in cui il ricorso all’emissione di obbligazioni è marginale e quotazione, fondi di private equity e venture capital rimangono sostanzialmente inutilizzati. Negli ultimi anni di stretta creditizia le imprese del settore, tuttavia, hanno fatto maggior ricorso all’autofinanziamento, rafforzando così la propria solidità patrimoniale: tra il 2007 e il 2014, infatti, il grado di patrimonializzazione è aumentato dal 24% al 29,4% e la leva nanziaria è diminuita dal 4,2 al 3,4%. Ancora: da un’indagine Nomisma emerge che circa il 45% delle imprese della meccanica in Italia ha un assetto proprietario e manageriale di tipo familiare, mentre nel 20% dei casi la proprietà è familiare e la gestione affidata a un management esterno; le imprese a proprietà estera rappresentano solo il 17% del totale, tutte senza una famiglia di riferimento al comando

Le aree geografiche più rilevanti per le vendite all’estero sono l’Eurozona, il Nord America, il Medio Oriente e Nord Africa, ma nei prossimi anni ci si attende che i Paesi più vicini perderanno parte dell’attrattività a favore di altri mercati, come il Centro e Sud America, l’India, l’area del Pacifico e l’Africa subsahariana. Nel complesso, le prospettive restano caute o positive: l’85% delle imprese pensa che il 2016 sarà uguale o migliore al 2015 per l’export, in linea con le stime Sace che prevedono un +3,8% di export per il settore quest’anno.

L’export di meccanica strumentale supererà i 100 miliardi di euro nel 2019, grazie a una maggiore domanda di alcune economie che sceglieranno i macchinari Made in Italy. Tra queste, gli Stati Uniti, la Spagna, la Polonia e i Paesi Bassi, che nel 2014 hanno importato da sole quasi un quarto di tutti i macchinari italiani; ma ci sono anche diversi Paesi emergenti, come gli Emirati Arabi Uniti, l’India, il Messico, la Repubblica Ceca e no al Bangladesh, che presentano tassi di crescita delle importazioni di macchinari italiani molto alti, superiori al 6,5%, entro il 2019.

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