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Giovedì, 25 Aprile 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

L’Italia fa scappare le imprese, ma non è l’Est Europa ad attrarle

L’Italia non è una Paese dove perseguire profitti, come ricorda il caso Embraco. La vicenda dell’azienda con sede in Piemonte è infatti solo l’ultimo caso di aziende che per perseguire la mission principale di ogni azienda - creare valore per i soci - hanno dovuto lasciare l’Italia.

Le partecipazioni all’estero di aziende italiane sono cresciute del 12,7% dal 2009 al 2015, per un totale al termine di quel periodo di 35.684 contro 31.672 all’inizio di quello stesso periodo. Lo calcola un'elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della Cgia su Banca dati Reprint del Politecnico di Milano e dell’Ice, che mostra anche come nel periodo preso in esame il numero di occupati all’estero alle dipendenze di imprese a partecipazione italiana è tuttavia diminuito del 2,9% (una contrazione di poco più di 50.000 unità).

A guardare all’estero sono anzitutto le aziende del commercio, per lo più costituite da filiali e joint venture commerciali di imprese manifatturiere. Dei 35.684 casi registrati nel 2015, infatti, oltre 14.400 (pari al 40,5% del totale) sono riconducibili ad aziende di questo specifico settore. L’altro settore più interessato alle partecipazioni all’estero è quello manifatturiero che ha coinvolto oltre 8.200 attività (pari al 23,1% del totale): in particolar modo quelle produttrici di macchinari, apparecchiature meccaniche, metallurgiche e prodotti in metallo.

Tranne la Romania, l’Est Europa attira poco chi guarda all’estero, nel 2015 le partecipazioni italiane erano concentrate anzitutto in aziende statunitensi (oltre 3.300) e poi in Francia (2.551 casi), Romania (2.353), Spagna (2.251) Germania (2.228), Regno Unito (1.991) e Cina (1.698).

La Lombardia è la Regione che fa più investimenti all’estero (11.637 partecipazioni), seguita da Veneto (5.070), Emilia Romagna (4.989) e Piemonte (3.244). Quasi il 78% del totale delle partecipazioni sono riconducibili a imprese italiane ubicate nelle regioni del Nord Italia che,, ricorda l coordinatore dell’Ufficio studi Cgia Paolo Zabeo, «presentano livelli di disoccupazione quasi fisiologici e sono considerate, a tutti gli effetti, aree con livelli di industrializzazione tra i più elevati d’Europa».

Non mancano i casi di reshoring, cioè di ritorno in Italia: in Veneto ed in Emilia, ad esempio, vanno ricordati i casi Benetton, Bottega Veneta, Fitwell, Geox, Safilo, Piquadro, Wayel, Beghelli, Giesse e Argotractors.

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