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Venerdì, 19 Aprile 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

Quando il lavoro a casa è lavoro domestico

Il lavoro domestico è quello che viene effettuato presso un’abitazione, quella del datore di lavoro, e rappresenta un particolare tipo di lavoro subordinato, proprio per il luogo dove è svolto. Ecco le regole che lo disciplinano.

Il lavoro domestico può essere di tipo impiegatizio o operaio, a seconda delle mansioni svolte: lavoro domestico impiegatizio e operaio. Rientrano nella prima tipologia maggiordomi, precettori, governanti, nella seconda cuochi, giardinieri, camerieri, custodi, colf. E’ lavoratore domestico, in entrambi i casi, chi  svolge “la sua opera per il funzionamento della vita familiare, sia che si tratti di personale con qualifica specifica che con mansioni generiche”.

Non c’è lavoro domestico se chi lo svolge è sposato/a con chi beneficia di quel lavoro perché l’assistenza e la collaborazione alla vita familiare fanno parte del vincolo coniugale. Il lavoro domestico può essere invece previsto tra parenti o affini entro il terzo grado, come pure nell’ambito di comunità religiose (conventi, seminari), di convivenze (caserme, comandi, stazioni), comunità senza fini di lucro (come orfanotrofi e ricoveri per anziani a carattere assistenziale).

Il lavoro domestico può essere a tempo determinato o indeterminato e anche part time; la legge n. 339 del 2 aprile del 1958 disciplina l’attività dei lavoratori domestici che in modo continuo e prevalente svolgono almeno 4 ore giornaliere di lavoro presso lo stesso datore di lavoro con retribuzione in denaro o natura. Il D.P.R. 1403 del 31 dicembre 1971 ha poi stabilito gli aspetti previdenziali mentre esiste la contrattazione collettiva per i datori di lavoro e prestatori che aderiscono alle organizzazioni nazionali stipulanti.

Il lavoro domestico deve essere continuativo e non sporadico, ossia devono esserci orari stabiliti e scadenze fisse. Inoltre, deve essere di almeno 4 ore nell’arco della giornata, anche non continuative.         

Il lavoratore domestico ha diritto a ferie annuali, TFR, indennità di morte (va corrisposta al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado) e al riposo settimanale e notturno (in entrambi i casi di almeno 8 ore). Il periodo di prova deve essere retribuito ed è di 30 giorni di lavoro effettivo per chi mansioni impiegatizie, e di 8 giorni per mansioni da svolgere tramite lavoro manuale (sia specializzato che generico).

Il datore di lavoro può liberamente licenziare il lavoratore domestico, anche senza giusta causa, salvi i divieti previsti dalla legge o dal contratto collettivo del lavoro domestico, ove applicabile. In particolare la legge 108/1990 prevede l’annullamento del licenziamento e il reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento per motivi discriminatori, mentre l’art. 24 del CCNL vieta il licenziamento della lavoratrice domestica incinta nel caso in cui la maternità sia intervenuta nel corso di rapporto di lavoro (e fissa il termine di tale divieto con la cessazione del congedo di maternità (il divieto non opera però ove sussista giusta causa di licenziamento). Il licenziamento può essere disposto anche dai parenti del datore di lavoro, in caso di morte di quest’ultimo. Il licenziamento va comunicato tramite raccomandata e il datore di lavoro può chiedere al lavoratore di non presentarsi più dal giorno successivo alla comunicazione.

Per il licenziamento si deve rispettare un termine di preavviso cui sono tenuti sia il datore di lavoro sia i suoi parenti (in caso di licenziamento dopo la morte del datore di lavoro). Il preavviso per il rapporto di lavoro superiore a 24 ore settimanali è di 15 giorni per lavoratori domestici con massimo 5 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro e di un mese per anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro di oltre i 5 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro. Per il rapporto di lavoro fino alle 24 ore settimanali il preciso è di 8 giorni nel caso di anzianità di massimo 2 anni presso lo stesso datore di lavoro e di 15 giorni in caso di anzianità superiore ai 2 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro. Anche il lavoratore domestico deve rispettare un termine di preavviso per dimettersi, pari alla metà di quello cui deve attenersi il datore di lavoro (o la sua parentela). Se non c’è il preavviso, al lavoratore dovrà essere corrisposta la mancata indennità così come.

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