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Venerdì, 29 Marzo 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

Quanto rende la domenica per il commercio e la ristorazione

Le aperture domenicali non ‘sfamano’ solo quanti si procacciano di che vivere lavorando quel giorno, ma anche quanti quel giorno effettivamente non lavorano ma spendono, non solo per acquisti ma, letteralmente, per ‘sfamarsi’. La domenica fanno shopping 12 milioni di italiani, praticamente 1 su 5, secondo i numeri di Federdistribuzione che calcola in 16mila i posti di lavoro creati dall’apertura durante le domeniche ed i festivi ed in 40mila i lavoratori a rischio se domenica le serrande dovessero restare abbassate per legge.

Domeniche e festivi oggi pesano per il 10% del fatturato del commercio e la domenica è il secondo giorno con incassi maggiori. La ristorazione nei centri commerciali vale 6,3 miliardi, secondo i dati di Crest di The Npd Group (indagine continuativa che monitora i consumi fuori casa in Italia) ed il 15% della spesa per la ristorazione nei centri commerciali si concentra di domenica, per un valore complessivo di 940 milioni di euro all’anno (cioè circa 20 milioni di media per le 48 domeniche dell’anno).

La spesa degli italiani in bar e ristoranti di centri commerciali vale l’11% della spesa complessiva destinata ai consumi fuori casa ed i dati aggiornati a giugno 2018, mostrano una crescita a doppia cifra negli ultimi 12 mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oggi 1 consumatore su 4 di un centro commerciale si dedica anche allo shopping mentre un anno fa era 1 su 3.

Il 70% dei centri commerciali è in mano a stranieri, secondo quanto riferisce Massimo Moretti presidente e Cncc, il Consiglio nazionale centri commerciali, e la chiusura domenicale sarebbe per loro difficile da capire e potenzialmente disincentivante per futuri investimenti. Secondo la Cgia di Mestre, infatti, nel 2015, la media dei lavoratori dipendenti in servizio la domenica nei 28 paesi Ue era del 23,2% con punte del 33,9% in Danimarca, del 33,4% in Slovacchia e del 33,2% nei Paesi Bassi, mentre l’Italia si fermava  al 19,5%, davanti solo ad Austria (19,4%), Francia (19,3 %), Belgio (19,2 %) e Lituania (18%).

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