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Giovedì, 28 Marzo 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

Quando ricorre la giusta causa per licenziarsi e cosa comporta

Trovare un lavoro è difficile, lasciarlo è sempre possibile e la legge riconosce anche situazioni in cui ricorre una giusta causa per farlo. Ecco quali sono le circostanze in cui viene riconosciuta la giusta causa e come la si possa addurre a motivo delle proprie dimissioni.

La giusta causa può riguardare sia il rapporto di lavoro che fattori esterni; la circolare n.163/2003 dell’Inps elenca quali motivi di dimissioni per giusta causa riconosciuti dai giudici:

  • il mancato oritardato pagamento dello stipendio;
  • il mancato versamento dei contributi (purché il lavoratore non abbia tollerato questa situazione a lungo);
  • il comportamento ingiurioso del superiore nei confronti dei dipendenti;
  • la pretesa di lavori illeciti da parte del datore di lavoro;
  • mobbing e/o molestie sessuali nel luogo di lavoro;
  • il peggioramento delle condizioni di lavoro;
  • lo spostamento da una sede all’altra del dipendente senza che vi siano “comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive” come previsto dall’articolo 2103 del codice civile;

Anche la cessione dell’azienda può essere giusta causa per dare le dimissioni, secondo il comma 4 dell’art. 2122 del codice civile. In questo caso, infatti, il dipendente può decidere di terminare il rapporto di lavoro entro 3 mesi dal trasferimento d’azienda se questo avvenimento ha comportato “sostanziali modifiche” delle condizioni lavorative.

La giusta causa vale nel pubblico e nel privato, le dimissioni si possono dare in proprio o tramite intermediario. Per rassegnare le dimissioni per giusta causa è possibile rivolgersi a un ufficio vertenza sindacale; uno studio legale esperto in diritto del lavoro; enti bilaterali; commissioni di certificazione. Ove invece il lavoratore faccia da sé deve richiedere il PIN dispositivo Inps per accedere ai servizi offerti sul sito dell’ente previdenziale; registrarsi al sito del Ministero del Lavoro e accedervi per compilare l’apposito modulo di dimissioni; inviare il modulo al proprio datore di lavoro tramite posta elettronica certificata e alla Direzione territoriale del lavoro competente tramite posta elettronica ordinaria.

Le dimissioni per giusta causa vanno formalizzate, pena inefficacia, attraverso la nuova procedura telematica in vigore dal 12 marzo 2016, in base a quanto previsto dall’art. 26 del D. Lgs n. 151/2015. Occorre quindi compilare appositi moduli messi a disposizione dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sul sito www.lavoro.gov.it e trasmetterli al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente. Questa procedura non è però richiesta per dimissioni rassegnate:

  • durante il periodo di prova;
  • da un rapporto di lavoro nel pubblico impiego;
  • durante lo stato di gravidanza della lavoratrice o i primi 3 anni di vita del bambino o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento (in questi casi, in base all’art. 55 del d.lgs. n. 151/2001, le dimissioni devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio);
  • da un rapporto di lavoro domestico;
  • in caso di dimissioni avvenute nelle sedi protette cosi come definite all’art. 2113 del codice civile o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 276/2003.

Le dimissioni per giusta causa danno diritto a un’indennità sostitutiva del preavviso, se a dimettersi è un lavoratore a tempo indeterminato (l’importo  dell’indennità corrisponde alla retribuzione che si sarebbe dovuta percepire durante il periodo di preavviso) o a un risarcimento (calcolato su quanto il lavoratore avrebbe dovuto percepire se avesse continuato a lavorare) se a dimettersi è un lavoratore a tempo determinato (o a tempo indeterminato con clausola di stabilità). In base al comma 2 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 22/2015, il lavoratore dimessosi per giusta causa ha diritto alla Naspi. Il lavoratore ha anche diritto a un risarcimento per il danno non patrimoniale qualora la giusta causa abbia avuto luogo in presenza di una lesione oggettiva dell’integrità psicofisica del dipendente. Ove il datore di lavoro neghi la giusta causa e si rifiuti di versare l’indennità, il dipendente può agire in giudizio per chiedere l’accertamento della giusta causa e per ottenere pagare quanto spettante, oltre alla restituzione di quanto, eventualmente, non precedentemente versato.

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