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Lunedì, 25 Settembre 2023
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

Ecco "come sta" la sanità pubblica in Italia

La sanità pubblica italiana pesa per circa il 70% sul bilancio delle Regioni, a cui è demandata la gestione, e rappresenta un onere notevole per i contribuenti, a partire dalle imprese, perché i suoi costi sono coperti anzitutto tramite il gettito dell’Irap. Ma da quanto emerge dal Rapporto 2015 dell’Osservatorio Civico sul federalismo in sanità, realizzato dal Tribunale per i diritti del malato e da Cittadinanzattiva, la sanità pubblica presenta lacune non indifferenti.  

La sanità pubblica italiana sta riducendo i posti letto per malati acuti, cioè per quelli nella fase in cui la malattia è emersa al suo massimo livello. Dal 2010 al 2013 sono stati ridotti di 13.377 unità

Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti; la maggior parte delle Regioni presenta valori più elevati: il caso del Friuli Venezia Giulia ha 3,8 posti letto, la Valle D’Aosta 3,7, l’Emilia Romagna 3,6, le Marche 3,3, Veneto, Toscana e Umbria 3,2. Calabria, Puglia e Campania, Regioni sottoposte a Piano di rientro per riordinare i costi del sistema sanitario, mostrano invece valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9.  

Il Regolamento sugli Standard ospedalieri riduce la media di degenza per pazienti acuti a 7 giorni. Risultano in linea con tali standard, Piemonte (6,82), Toscana (6,87), Valle D’Aosta e Marche (6,99). Il Veneto mantiene una media più alta (8,26), come pure Liguria (7,63) e Friuli Venezia Giulia (7,58). Le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi: Puglia (6,22), Campania (5,65) e per ultima la Calabria con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti. 

Anche rispetto all’assistenza territoriale ed in particolare alle cure primarie, le regioni in Piano di Rientro non offrono risposte soddisfacenti. Sulle 16 Regioni esaminate dal Ministero della Salute nel 2013, 7 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia) risultano “adempienti con impegno per l’erogazione dell’assistenza domiciliare. Ci sono ancora sei Regioni che nel Piano sanitario non prevedono l’integrazione socio-sanitaria: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e PA Bolzano. 

In 8 su 16 Regioni la prevenzione sanitaria è in regola con le indicazioni del Ministero della Salute rispetto ai livelli essenziali di assistenza (Lea): Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. In particolare, solo Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta riescono a raggiungere il 95% per le vaccinazioni obbligatorie infantili. 

In 13 Regioni è stata introdotta la vaccinazione per varicella gratuita per tutti i nuovi nati: mancano all’appello Lazio, Lombardia, Piemonte, Umbria, Emilia Romagna, Abruzzo e Valle d’Aosta. Servono almeno 600 per inserire nei Prontuari regionali i farmaci innovativi oncologici ma la media di 600 giorni in Toscana e Umbria sale a 740 in Emilia Romagna, e arriva fino a 953 in Abruzzo e Toscana e 2527 in Emilia Romagna. 

Ancora: il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci per l’epatite C sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri cui afferiscono 443.680 cittadini.  In tutta Italia nel 2014 c’erano 531 punti nascita attivi, 98 dei quai con un numero di parti inferiore ai 500/anno. 

Lombardia e Puglia hanno 9 punti nascita sotto la soglia dei 500 parti/anno, l’Emilia Romagna 7, il Lazio 6, la Basilicata 3. I parti cesarei nel 2014 sono stati il 35,9% del totale e sono stati effettuati soprattutto in Campania (62,3%), Sicilia e Puglia (44%), Molise (43,7%). I 2/3 dei centri per la procreazione medicalmente assistita (PMA) sono concentrati in Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto, con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est vi è parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. 

Le Province autonome di Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla PMA. Anche sull’età delle coppie le Regioni applicano criteri diversi: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentita fino ai 50 anni; in Valle d’Aosta e Umbria fino a 41 anni. Queste diversità creano difficoltà alle coppie lasciandole prive di certezze su dove rivolgersi e quali costi sostenere. 

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