Non occorreva certo il terremoto di Amatrice per avere conferma che l’Italia è un Paese ad alto rischio sismico. Storia e geografia/orografia lo testimoniano, come rivelano le cifre seguenti.

Il sisma del Belice nel 1968 (6,1 gradi) costerà 9,179 miliardi di euro fino al 2018, secondo stime del 2014, per interventi adottati attraverso 27 diversi provvedimenti. Il terremoto in Friuli nel 1976 (6,4 gradi) è costato 19.264 miliardi di lire ma gli interventi decretati in 9 diversi provvedimenti fino al 2006 hanno portato i costi (secondo calcoli del 2014) a 18,540 miliardi di euro. Le scosse del 1980 in Irpinia (6,9 gradi) costeranno 52,026 miliardi di euro fino al 2023, data ultima degli interventi previsti da 33 diversi provvedimenti. Tra tutti i disastri sismici d’Italia questo resta ad oggi il più grande.

Il costo del terremoto del 1997 in Marche e Umbria (6,1 gradi) è di 13,463 miliardi di euro fino al 2024: a seguito del sisma sono stati adottati 42 decreti. Per Puglia e Molise (terremoto di 5,8 gradi nel 2002) si spenderanno 1,4 miliardi di euro sulla base di 24 misure con efficacia fino al 2023. Il terremoto di 6,1 gradi in Abruzzo nel 2009 costerà 13,7 miliardi di euro fino al 2029. Il sisma in Emilia Romagna nel 2012 (5,8 gradi) costerà 13,3 miliardi di euro almeno, anche se gli stanziamenti iniziali si fermavano a 9 miliardi.

Fino ad Amatrice, i terremoti sono costati 121,608 miliardi di euro per far fronte agli interventi di ripristino.

Mettere in sicurezza l’Italia costerebbe oltre 93,680 miliardi di euro, secondo il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri. Su base regionale, i costi più alti so avrebbero in Lombardia (12,901 miliardi), Sicilia (8,791 miliardi) e Campania (8,095 miliardi), quelli più bassi in Valle d’Aosta (0,302 miliardi), Molise (0.748) e Basilicata (1,079).